Ernst Röhm: lo squadrista omosessuale assassinato durante la Notte dei Lunghi Coltelli

Non poteva considerarsi brutto. Era ripugnante. Ernst Röhm era la personificazione del contrario della teoria greca che sosteneva che la bellezza esteriore fosse sintomo di bontà interiore (le belle forme erano considerate un dono degli Dei).

Portava i lati del cranio rasati, la testa era montata su un collo taurino da lottatore e la sua faccia, grossa ed estremamente rozza, era attraversata da un profondo e orribile squarcio che partiva dal mento per finire sul naso, deformandolo. La punta di questo, a causa di ripetuti interventi chirurgici, era rotonda e rossastra come se fosse perennemente in fiamme. Possedeva un fisico e un modo di muoversi volgare e, nel parlare, era animalesco e violento. In tutto e per tutto sembrava un gangster. Lui stesso non nascondeva di essere un tipo poco raccomandabile.

Anzi, se ne vantava. Scrisse “siccome avevo un temperamento immaturo e bollente, la guerra e l’agitazione esercitavano su di me maggiore attrattiva che non il buon ordine borghese” e “non mi colloco tra le persone oneste e non ho nemmeno la pretesa di farne parte“. Così si presentava Ernst Röhm.

Già predisposto alla lotta, la bestialità dei combattimenti della Prima Guerra Mondiale non fecero che aumentare la sua connaturata aggressività. In battaglia dimostrò valore, venendo gravemente ferito nel 1914 nella Lorena francese (causa della sfregiatura) poi, nel 1916 nella spaventosa Verdun quando, da capitano coraggioso, andò all’assalto di Fort Thiaumont. Nel 1918 venne colpito dalla letale influenza spagnola che uccise milioni di persone, ma lui, uomo dalla fortissima fibra, riuscì a sopravvivere.

Sembrava che né pallottole né virus potessero abbatterlo

Nel travagliato dopoguerra fece parte dei gruppi paramilitari di destra (Freikorps), utilizzati dal governo in funzione anticomunista ed entrò nel partito nazionalsocialista di Hitler, divenendone amico intimo. Sarà l’unico tra i gerarchi nazisti a potersi rivolgersi a lui col familiare tu o Adolf-Adi, a differenza del più formale e comunemente usato mein Führer.

Nel 1925, per dissidi politici con Hitler, si trasferì in Bolivia come addestratore militare ma poi ritornò nella disastrata Germania colpita dalla crisi del ’29, in seguito alla telefonata del vecchio camerata Adolf che, dal cuore, gli disse “Ho bisogno di te”. Doveva ricostituire e ridare slancio alle SA (Sturm-Abteilungen), le Squadre d’Assalto del NSDAP che dovevano liberare le strade dagli avversari politici e attaccare e malmenare chiunque facesse propaganda antinazista come professori, commercianti, editori, sindacalisti. Lo “sfregiato” era l’uomo giusto per scatenare la violenza nelle città:

La brutalità è sempre oggetto di rispetto, il popolo ha bisogno di una salutare paura. Ha bisogno di temere qualcosa, desidera che qualcuno lo spaventi e lo renda tremante e sottomesso

diceva con ostentata spavalderia. Vessazioni di ogni tipo e torture divennero la norma. Le SA, infatti, erano in gran parte costituite da disoccupati, sottoproletariato urbano e delinquenti comuni che così potevano sfogare i loro peggiori istinti sotto la bandiera di una ideologia. Per tre anni le SA trasformarono le cittadine tedesche in un gigantesco ring a suon di mazze, tirapugni, coltelli e colpi di pistola.

Dopo la presa del potere del partito nazionalsocialista, nel 1933, le anarchiche SA iniziarono a esser un ostacolo per i piani di Hitler che prevedevano una nazione unita, con borghesia industriale e gerarchie militari al fianco del governo in previsione delle future guerre di espansione. I picchiatori di Röhm erano geneticamente nemici dell’ordine e del tranquillo vivere borghese ma, soprattutto, avevano il velleitario progetto di sostituirsi all’Esercito Regolare – i professionisti della guerra – per crearne uno di popolo. Infine, nel Terzo Reich che si andava costituendo, l’originale peculiarità di Röhm e dei suoi luogotenenti di essere tutti omosessuali senza ritegno (il caos, le urla e gli schiamazzi dei loro festini si udivano in lontananza) era qualcosa che suscitava scandalo e riprovazione.

Lo sfrontato e temerario Röhm non ebbe problemi sin da subito a fare outing, parlando apertamente della sua omosessualità, della sua passione per i locali gay e i bagni turchi. Se ne vantava perché reputava che gli omosessuali fossero superiori agli etero, essendo gli unici in grado di trasformare la fiacca società democratica in una vera comunità fascista. La sua visione dell’omosessualità si discostava notevolmente da quella medieval-moderna. Era decisamente maschilista, disprezzando “le donne isteriche di entrambi i sessi” riferendosi sia ai gay effemminati che alle donne vere e proprie. Era una sorta di richiamo all’Antica Grecia, in cui l’amore tra uomini era una condizione normale (la maggioranza era bisex), dovuto all’iperconservatrice credenza nella minorità sia intellettuale che fisica della donna. Ma, in particolare, era un rifarsi al mito del supereroe greco.

Röhm con militi delle SA

L’eroe per antonomasia, Achille, ebbe come grande amore Patroclo, Alessandro Magno era risaputo avesse come storico e insostituibile amante Efestione, tra gli opliti Spartani (massimo simbolo di forza e bellicosità) e Tebani era comune avere partner maschili. Tebe, in particolare, mise in campo una devastante unità d’élite, il Battaglione Sacro, composto da 150 coppie omosessuali che riuscirono nell’impresa di sconfiggere in battaglia gli spartani e finirono per coprirsi di eterna gloria facendosi massacrare fino all’ultimo uomo a Cheronea.

La superomistica concezione razzista (di genere) di Röhm, senza dubbio, maturò nelle trincee del 1914-1918 dove, in un chiuso universo composto unicamente da uomini, fiorirono le relazioni omosessuali. Nacque così, nella Germania post-bellica, il mito del combattente che si sacrifica per la patria, giovane, bello e dal cuore puro (Röhm era solito attorniarsi di stupendi ragazzi, dai profili cesellati cioè di “bellezza greca” e vestiti in eleganti uniformi).

Dovevano formare una casta di guerrieri che non poteva mischiarsi con il fragile genere femminile. Röhm arrivò addirittura a sostenere che gli omosessuali fossero più propensi alla violenza e al combattimento degli eterosessuali e quindi sarebbero dovuti essere i soli ad essere degni d’imbracciare un fucile e di strappare vite. Tale rivoluzionario modo di considerare l’omosessualità, però, non fu solo appannaggio di Röhm. Un altro famoso sostenitore fu il fondatore della prima rivista gay della storia Der Eigene (1896) e il suo nome era Adolf Brand. Da fine ‘800 lottò come attivista LGTB ante-litteram e fu il primo a parlare della necessità di fare outing.

Röhm con Hitler

Citava spesso la virile omosessualità dei greci e il cameratismo maschile come la più alta forma di società. Successivamente, nel panorama dell’estrema destra, sono emersi nuovi movimenti razzisti pro-gay. L’Aryan Resistance Corp (ARC) teorizzava la superiorità della razza bianca e che, all’interno di questa, gli omosesessuali sarebbero dovuti esserne la casta dominante, avendo la peculiare capacità di creare quell’inossidabile legame da confraternita militare e di possedere un intelletto superiore.

Un altro leader neonazista, Michael Kühnen – morto in carcere, a soli 36 anni nel 1991, per Aids – scrisse Nazionalsocialismo e Omosessualità, in cui esaltava l’amore omoerotico definendolo come il più puro e naturale, non essendo perseguito per meri fini riproduttivi e non portando l’uomo a distrarsi con problematiche famigliari nell’edificazione dell’Ordine Nuovo Fascista.

Ernst Röhm a Berlino nel 1933 insieme a Karl Ernst (alla sua sinistra)

Tornando a Röhm, operò una discriminazione all’incontrario circondandosi di soli omosessuali ed escludendo dalla leadership delle SA i fragili ed effemminati eterosessuali. Il fidato Edmund Heines, era solito invaghirsi di “ragazzi belli e dannati” e una volta finì per scontrarsi con la Magistratura (salvandosi) a causa di un amante ventunenne che, ubriaco, aveva pugnalato in pubblico un compagno di bevute. Heines, che non si smentì nemmeno nella Notte dei Lunghi Coltelli, quando venne tirato fuori dal letto mentre era in compagnia dell’affascinante diciottenne Kempka.

I potenti Ernst e Koch, assieme a Röhm, era notorio che organizzassero a Berlino gigantesche orge con i più aitanti giovani delle SA e della Hitlerjugend. Un certo Granninger aveva “l’incarico verbale” di scovare, nelle organizzazioni naziste, giovani per questi trasgressivi festini, corrispondendo loro 200 marchi mensili. Anche Gerhard Rossbach, il realizzatore dell’uniforme delle SA (che si ispirò alle Camicie Nere di Mussolini) cioè la Camicia Bruna, era omosessuale.

Hitler, il generale Erich Ludendorff ed Ernst Röhm (secondo da destra), prima del putsch di Monaco:

Questi uomini non solo avevano gusti diversi in un mondo universalmente omofobo, ma agivano anche in totale spregio delle leggi e dei costumi della decenza. Röhm e i suoi fidi si sentivano in quella posizione di privilegio che gli faceva pensare di essere intoccabili e liberi di fare tutto quello che volevano.

Nel 1934 Hitler, per i sopraccitati motivi, decise l’eliminazione fisica di Röhm (seppur a malincuore, data l’antica amicizia). Così il 30 giugno, nella famigerata Notte dei Lunghi Coltelli, le SS di Himmler arrestarono Röhm nella pensione Hanselbauer, sul lago Tegernsee. Condotto in carcere, gli venne concessa la possibilità di suicidarsi, ma lui non volle farlo, gridando alle due SS Eicke e Lippert:

Se devo essere ucciso, lasciate che lo faccia Adolf!

Ma i due gli spararono a bruciapelo tre colpi e, poco prima di morire, singhiozzò “Mein Führer, Mein Führer”.


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