Elizabeth Siddal: la Drammatica fine del Volto più noto della Pittura Vittoriana

Una bellezza malinconica e delicata, quella di Elizabeth Siddal, dall’incarnato pallido ravvivato dalla folta chioma ramata, una bellezza non convenzionale, forse, ma di quelle che non si dimenticano. Fu suo il volto più raffigurato nell’Ottocento inglese, suo il viso che ossessionò uno dei più famosi pittori preraffaelliti, Dante Gabriel Rossetti.

Sotto, fotografia di Elizabeth Siddal, pubblico dominio:

Insieme a John Everett Millais e William Holman Hunt, Rossetti aveva fondato, nel 1848, una Confraternita composta da pittori insofferenti all’establishment artistico dell’epoca, con l’obiettivo dichiarato di trasformare la società attraverso l’arte, ispirandosi agli ideali del passato medievale e del primo Rinascimento (precedente all’epoca di Raffaello, da cui il nome preraffaelliti).

La natura, fonte di ispirazione e di creatività, veniva considerata come decifrabile attraverso una resa quasi fotografica della realtà, in cui i soggetti – che erano quasi sempre personaggi femminili, immersi in atmosfere oniriche tratte dalle opere di Dante o di Shakespeare – appaiono reali, eppure allo stesso tempo remoti e inaccessibili.

Elizabeth Siddal nelle vesti di Beatrice (1863) per Dante Gabriel Rossetti:

Fu proprio per la fragile ed elegante bellezza, che sembrava incarnare così bene l’ideale estetico preraffaellita, che Elizabeth (Lizzie o Lizzy) Siddal – una giovanissima londinese di umili origini – fu notata da Walter Howell Deverell, che la introdusse nel circolo artistico più alla moda dell’età vittoriana.

Dopo aver posato per William Holman Hunt, vincendo l’ostilità della famiglia che considerava il suo lavoro di modella come inadatto ad una ragazza perbene, Lizzie decise di posare per l’Ofelia di John Everett Millais, nel 1852.

Autoritratto del 1854:

Il dipinto raffigurava l’episodio della morte di Ofelia, narrato nell’Atto IV dell’Amleto, in cui la fanciulla, amata dal principe di Danimarca, annega in un ruscello nel corso del suo vagabondare in preda alla follia. Ofelia, esangue, a pelo d’acqua, rigida nell’abbandono della morte, non oppone resistenza alla corrente. Il corpo, ritratto nel suo fangoso sepolcro fluviale, è circondato da ghirlande di fiori, da salici piangenti e da una lussureggiante vegetazione che rimanda, tramite un raffinato quanto intricato simbolismo, ai temi della pazzia, dell’amore non corrisposto e del lutto.

L’Ophelia (1851-1852) di John Everett Millais, che costò la salute alla Siddal:

Per interpretare con il massimo realismo il ruolo, la Siddal fu costretta a rimanere a lungo immersa in un vasca da bagno e resistette coraggiosamente, per non distrarre Millais, persino quando si ruppe una delle lampade che servivano a riscaldare l’acqua, contraendo una forma di bronchite cronica che ne minò la salute e che spinse suo padre a ritenere il pittore responsabile, al punto di trascinarlo in tribunale per ottenere un indennizzo per le spese mediche sostenute.

L’incontro destinato a cambiare per sempre il corso della vita di Lizzie fu tuttavia quello con il più famoso degli artisti preraffaelliti, il figlio di un esule mazziniano, Dante Gabriel Rossetti. Anche Rossetti, artista di talento dalla personalità carismatica e poliedrica, vagheggiava un’arte che recuperasse l’autenticità e la spiritualità del passato; i suoi dipinti, estetizzanti e sensuali, sono popolati da figure femminili dall’aria dolce e malinconica.

Dante Gabriel Rossetti:

La Siddal, con la sua capigliatura rosso fuoco e il volto angelico, stregò letteralmente il pittore, che intraprese con lei una lunga relazione, culminata molti anni dopo nel matrimonio. Fu per molto tempo la sua musa ispiratrice ed il volto ritratto in innumerevoli schizzi e disegni, che compare anche in quadri quali “La visione di Dante: Rachele e Lia”, del 1855, “Beatrice nega il saluto a Dante” ed “Ecce Ancilla Domini”. In un certo periodo della sua parabola artistica Rossetti eseguì molte opere ispirandosi al grande poeta, trasponendo in pittura, con toni melodrammatici, sia la vita dello scrittore fiorentino sia temi spiccatamente medievali e cavallereschi.

Ritratto del 1854 di Dante Gabriel Rossetti:

Se nei tanti quadri in cui è ritratta da Rossetti la Siddal appare fragile e vulnerabile, nella realtà fu una donna determinata, volta ad un costante miglioramento personale. Studiò per essere all’altezza dell’esclusivo circolo artistico-intellettuale che frequentava e fu lei stessa una pittrice ed una poetessa di discreto talento, che attirò l’attenzione del celebre critico vittoriano John Ruskin.

Ruskin le versò una generosa somma di denaro annuale per consentirle di concentrarsi sulla pittura, anche se alla fine la sua produzione artistica si tradusse in molti schizzi ed in un unico dipinto, dal tema tratto dalle leggende arturiane. Fu sempre Ruskin a scrivere a Rossetti, esortandolo a non rinviare oltre il matrimonio con la giovane per garantirle quella stabilità affettiva di cui aveva bisogno, matrimonio che il pittore dal canto suo continuava a rinviare, temendo che i genitori non accettassero Lizzie per le sue origini modeste.

Regina Cordium di Dante Gabriel Rossetti:

Il tormentato rapporto d’amore che la univa a Rossetti, complicato dalle continue distrazioni femminili del pittore, le feroci emicranie, le frequenti crisi depressive, spinsero la Siddal ad assumere crescenti dosi di laudano, fino al punto da diventarne dipendente. I frequenti viaggi per ragioni di salute non migliorarono le sue condizioni fisiche, né molto poté il sospirato, ma tardivo, matrimonio con Rossetti, nel 1860, seguito ad un anno di distanza dalla morte del figlio appena nato.

Da quest’ultimo evento la giovane non si riprese mai più e l’11 febbraio del 1862, a soli 33 anni, fu trovata esanime nel letto dal marito.

La visione di Dante di Lia e Rachele (dal Purgatorio), dipinto di Dante Gabriel Rossetti:

Malgrado il referto medico parlasse di morte accidentale per una dose eccessiva di laudano, la lettera di addio – che il celebre Ford Madox Brown consigliò di bruciare subito– lasciò intendere in maniera inequivocabile a Rossetti che la Siddal si fosse suicidata.

L’artista evitò di rivelare le vere cause del decesso per scongiurare lo scandalo che avrebbe travolto tutta la sua famiglia e che avrebbe visto negare alla moglie la sepoltura in terra consacrata: il suicidio, all’epoca, oltre ad essere considerato immorale era infatti anche ritenuto un reato.

Il primo anniversario della morte di Beatrice, dipinto di Dante Gabriel Rossetti:

Accasciato dal dolore, le fece porre tra i capelli l’unica copia del manoscritto con le poesie d’amore che le aveva dedicato nel corso degli anni. Un macabro dettaglio riguardo questo dono postumo: nel 1869 Rossetti, convinto di diventare cieco ed ossessionato dal desiderio di pubblicare le proprie poesie accompagnate da quelle della moglie, ottenne il permesso di dissigillare la tomba della Siddal per recuperare il manoscritto. L’operazione avveenne nottetempo, per evitare l’indignazione popolare. In questa circostanza si diffuse la leggenda del suo corpo rimasto intatto e dei suoi lunghi capelli, cresciuti a dismisura nella bara.

L’artista fu inseguito dai fantasmi del passato per tutta la vita

Sono della moglie tragicamente scomparsa le sembianze di Beatrice Portinari, nel celebre quadro dal titolo Beata Beatrix, del 1872. Beatrice, dalla fluente chioma ramata, è raffigurata appoggiata ad un balcone. Il volto trasognato, le labbra semiaperte, le palpebre socchiuse suggeriscono che la donna sia rapita dall’estasi mistica. L’incarnato livido, che allude alla sua morte prematura, e le mani che accolgono un papavero da oppio – fiore che rimanda al sedativo da cui deriva il laudano – sono tutti elementi che accentuano il parallelismo tra il dolore di Dante per la dipartita della donna amata e lo sconforto patito da Rossetti per la prematura scomparsa della moglie.

Primo piano a matita di Dante Gabriel Rossetti:

Se nella vita dell’artista non mancarono di certo molte altre figure femminili che ne ispirarono la creatività – bellezze dal fascino fragile ed etereo come Jane Morris, moglie dell’amico pittore William Morris, o muse sensuali dal fascino languido e decadente, come Fanny Cornforth o Alexa Wilding – la Siddal fu probabilmente l’unico vero amore di Rossetti.

I suoi tratti dolci e malinconici, resi immortali dagli inconfondibili colori profondi e vibranti dell’artista, la rendono ancora oggi una delle icone più indimenticabili e rappresentative dell’Ottocento vittoriano.

Ecce Ancilla Domini di Dante Gabriel Rossetti:

Poco prima di morire la giovane aveva scritto:

Amore, non piangere su ciò che non può essere,
Per ciò che Dio non ha concesso.
Se il semplice sogno di un amore fosse vero,
Allora, amore, saremmo in paradiso.
Ma noi siamo in terra, mio caro,
Dove il vero amore non è dato

Il sogno di Dante alla morte di Beatrice, dipinto di Dante Gabriel Rossetti:

Quando nel 1882, col fisico minato dal consumo di alcool e di droga, Rossetti si spense, il suo ultimo desiderio fu quello di essere sepolto accanto all’adorata Lizzie.
Entrambi riposano nell’Highgate Western Cemetery di Londra.

Giovanna Potenza

Giovanna Potenza è una dottoressa di ricerca specializzata in Bioetica. Ha due lauree con lode, è autrice della monografia “Bioetica di inizio vita in Gran Bretagna” (Edizioni Accademiche Italiane, 2018) e ha vinto numerosi premi di narrativa. È uno spirito curioso del mondo che ama viaggiare e scrivere e che legge avidamente libri che riguardino il Rinascimento, l’Età Vittoriana, l’Arte e l’Antiquariato. Ha una casa ricca di oggetti antichi e di collezioni insolite, tra cui quella di fums up e di bambole d’epoca “Armand Marseille”.