Elena e Federica e il loro Lockdown in Cina

Federica vive a Beihai, nella provincia autonoma del Guangxi, situata nel nord ovest della Cina. Lo scorso luglio i casi di Covid hanno iniziato ad aumentare vertiginosamente, portando le autorità locali ad imporre un lockdown di tutta la città.

In questa intervista, Federica ci parla di ciò che ha vissuto, quali sono state le sue sensazioni a riguardo, come Elena ha accolto questa nuova situazione e i cambiamenti che ha comportato.

Buona lettura!

Quando è iniziato il periodo di lockdown e in che modo? Era qualcosa di preannunciato?
È iniziato tutto la mattina del 12 luglio: su alcuni account ufficiali di wechat è iniziata a girare la notizia che era stata trovata una persona positiva in un mercato locale. Al momento nessuno pensava che potesse essere così catastrofico ma, quando a metà pomeriggio, è arrivata la comunicazione di un’immediata somministrazione di tamponi a tutta la città, beh, lì le cose sono cambiate. Nonostante Beihai sia una località turistica, i contagi sono sempre stati pochi, anche durante la pandemia del 2020. Questa volta nessuno si immaginava un vero e proprio focolaio.

Quali sono state le misure prese dal governo cinese?

Come penso abbiate appreso dai media nazionali, in Cina esiste la politica “zero covid”. Appena si registrano dei casi, anche una decina, vengono imposte delle restrizioni, più o meno rigide, a seconda della gravità della situazione. La cosa più sconcertante è che sia le persone positive, comprese quelle asintomatiche, sia i contatti stretti, vengono portati in centri per la quarantena creati in tempi record, dove le condizioni igienico-sanitarie sono precarie, mantre altre volte in alcuni hotel  appositamente predisposti.

Scatta quindi il lockdown per tutti: vengono prima chiuse delle community (aree residenziali controllate 24 ore su 24 da guardie) e se i casi iniziano a spargersi a macchia d’olio, nessuno può uscire di casa, vengono chiuse scuole, centri commerciali, qualsiasi centro “ricreativo”, ma anche ristoranti, locali di ogni tipo e i servizi di consegna a domicilio vengono a mancare. Molte volte i supermercati chiudono al pubblico ed è possibile solo fare la spesa online.

A Beihai ,in poco tempo, hanno iniziato a chiudere tutto, in alcuni casi rendendo difficile anche l’acquisto di generi di prima necessità.

Velocemente, sono nati  numerosi gruppi wechat e gruppi d’acquisto. Proprio perché la richiesta era alta, non era sempre facile fare la spesa.

Per monitorare al meglio il numero dei contagi sono stati fatti i tamponi di massa, inizialmente ogni giorno e poi uno ogni tre giorni, a seconda che ci si trovasse in un’area ad alto o basso rischio.

Nonostante nella nostra community non siano stati registrati dei casi, le restrizioni non sono state tanto più leggere delle aree colpite dal focolaio.

Quali reazioni ha scatenato questa decisione soprattutto in seguito alla pandemia del 2020?

Più che la pandemia del 2020, in molti hanno temuto il peggio avendo ben presente ciò che è successo a Shanghai solo qualche mese prima: lockdown totale della durata di circa due mesi che ha creato non pochi disagi alla popolazione. Quando si parla di quarantena è opportuno riflettere sulle conseguenze che è essa comporta, dalla difficoltà a reperire generi di prima necessità, al recarsi all’ospedale per ricevere cure di vario genere, problemi di tipo organizzativo, ma anche quelli legati alla sfera emotiva-psicologica.

Quali sono state le tue sensazioni? Elena come ha reagito?

Inizialmente, nel momento in cui ho letto che era stato trovato un solo caso, non ho dato tanto peso situazione. Successivamente,  ho appreso che avremmo dovuto rimanere a casa e iniziare a fare i tamponi tutti i giorni, in quel momento ho capito che le cose si sarebbero protratte per parecchio tempo, tanto che il sospirato obbiettivo “zero casi” sembrava un miraggio.

A Elena è stato spiegato che c’era questo virus e non si poteva uscire, o almeno, si poteva solamente andare a ritirare la spesa. Abbiamo cercato in tutti modi di tenerla impegnata proponendole attività interessanti e stimolanti sfruttando ogni angolo della casa, anche la terrazza esterna. Abbiamo cercato di cogliere i lati positivi di una situazione di confusione e malcontento generale. La bambina paradossalmente, anche se abituata a uscire tutti i giorni, non ha “accusato il colpo”.

Quando nel 2020 l’Italia è stata dichiarata zona rossa voi eravate già in Cina? Parlando con amici e parenti e confrontando la situazione nei due paesi, hai notato grosse differenze?

Noi a quel tempo siamo stati fortunati: siamo riusciti a partire proprio poco prima che la Lombardia fosse stata dichiarata zona rossa. Beh, da quello che mi sembra di capire, senza voler fare generalizzazioni eccessive, è che in Italia i casi sono molti di più, ma nonostante questo, ora il Covid sembra essere passato in secondo piano, una cosa di ordinaria amministrazione. In Cina anche solo con qualche contagio scatta l’allarmismo, la gente non ha tanto paura del virus, ma piuttosto del dover andare a far la quarantena in centri appositi oppure di rimanere senza viveri.

Anche per quanto riguarda i tamponi funziona diversamente: in Cina vengono allestite delle postazioni all’esterno, all’interno delle community, nelle piazze, al bordo strada e si attuano i tamponi di massa. Per poterlo fare bisogna prima mostrare il codice verde,  ovvero l’ “equivalente” del Green pass in Italia (nel caso si sia stati in un’area a rischio o a contatto con una persona positiva, il codice diventa immediatamente rosso e non ci si può spostare, è necessario attendere un’ulteriore comunicazione) e successivamente un codice personale ottenuto rilasciando le informazioni personali. Viene fatto tutto tramite smartphone. A distanza di qualche ora, compare il risultato del tampone.

Hai notato dei comportamenti diversi da parte della bambina?

La bambina mi è sembrata un pò timida quando abbiamo ripreso a uscire e a stare con gli altri bambini, mi ha dato l’idea che avesse bisogno un po’ di tempo per “ri – ambientarsi”.

Come passavate le giornate? Avete stabilito una routine? Cosa vi è mancato di più?

Fondamentalmente, a parte l’uscire, non è cambiato molto. Mi spiego meglio: abbiamo sempre seguito la routine creata in precedenza, l’igiene personale, la colazione, i momenti di gioco e di svago la mattina e il pomeriggio, il riposino pomeridiano. Non potendo uscire, per evitare che la bambina si annoiasse e in un certo modo perdesse la grinta e la voglia di fare, abbiamo cercato di proporle attività diverse, dal ballo al canto, dai percorsi motori a giochi che allenassero la capacità di concentrazione.

Sicuramente è mancato tanto lo stare all’aria aperta e il contatto con la gente. Questo spiega anche la sua iniziale timidezza una volta che abbiamo ricominciato a frequentare ambienti comuni come il parco, i giardini o semplicemente il centro commerciale.

Vuoi parlarmi delle attività che avete fatto insieme?

Abbiamo cercato di far fare alla bambina delle attività che potessero soddisfare al meglio tutte le sue necessità, in primo luogo quella di muoversi: le abbiamo proposto percorsi motori con cerchi e cuscini, giochi con la palla, balli, canti in italiano, cinese, inglese, imitazioni di animali e qualsiasi altro gioco che potesse attrarre la sua attenzione.

In questo periodo, hanno trovato spazio anche giochi più manuali che potessero allenare e stimolare la sua concentrazione e la motricità fine, come il pongo, la manipolazione di farine, gli impasti, i travasi, i disegni con pastelli a cera, pennarelli, matite colorate, la sperimentazione con colla, scotch e forbici. Giochi creati apposta per lei con materiali di riciclo, tabelle per imparare a riconoscere i numeri, schede con alcune sillabe, individuazione di immagini uguali.

Elena, in questo periodo, ha riscoperto il piacere della “lettura – ascolto” di immagini, dello sfogliare le pagine, osservare attentamente i disegni e commentarli con me o mio marito.

Non sono mancate nemmeno attività di vita quotidiana, dal lavare pentole, al farsi la doccia da sola, aiutare con il bucato ecc.

Arrivati al termine di questa “quarantena forzata” quali sono le tue sensazioni? Noti dei miglioramenti o dei peggioramenti nella bambina a livello globale? Cos’è cambiato?

Come ho detto in precedenza, a parte quell’iniziale senso di smarrimento, una volta uscita di casa e la necessità di ambientarsi nuovamente, non ho notato dei peggioramenti. Elena è sempre stata seguita e per quanto possibile abbiamo cercato di non farle mai mancare niente, dal cibo al divertimento. Certamente parlo della mia esperienza, è qualcosa di personale, noi siamo stati fortunati, ma purtroppo non è così per tutti.

Posso dire, però, di aver notato un cambiamento: se prima Elena si mostrava timorosa, piangeva quando doveva fare il tampone, un bel giorno ci ha stupiti: è stata lei a dirci che voleva farlo, ci ha chiesto di abbassarle la mascherina e ha aperto la bocca senza opporre alcuna resistenza. Più di una volta a casa si è messa a piangere perché diceva che voleva fare il tampone.

Per noi adulti è stato più difficile, ogni giorno attaccati al telefono nella speranza di ricevere qualche bella la notizia. La paura di finire le scorte di latte artificiale, pannolini ma anche di non riuscire a comprare carne e verdure da dare alla bambina. Oltre all’apprensione per gli altri famigliari (i genitori di mio marito e alcuni parenti che vivono qui a Beihai), per il clima di incertezza e, se vogliamo dirla tutta, anche per le notizie non troppo confortanti che arrivano dal mondo come la guerra, i cambiamenti climatici, la possibile crisi energetica ecc. Quando nella tarda serata del 15 agosto è arrivata la comunicazione della fine della quarantena, eravamo tutti increduli, nessuno se lo aspettava. Nei giorni successivi c’è stato un susseguirsi di notizie, si aveva la sensazione che potessero chiudere tutto un’altra volta. Le restrizioni sono state tolte, ma al momento resta l’obbligo di avere un tampone della validità di 48 ore se si frequentano determinati luoghi: purtroppo c’è molta confusione a riguardo, nessuno sa fino a quando si dovrà andare avanti così, per questo bisogna cercare di godersi al meglio questa libertà.

Ti senti soddisfatta dei risultati che hai ottenuto?

Posso dirmi soddisfatta dei risultati ottenuti riguardo al cosiddetto “spannolinamento”. Siamo riusciti a sfruttare questo periodo di quarantena per provare a togliere il pannolino alla piccola. Questa è una fase delicata della crescita e ogni bambino ha bisogno dei suoi tempi. Elena ci ha dato diversi segnali e vista la situazione ne abbiamo approfittato: inizialmente non sembrava andare tanto bene, proprio quando stavamo per arrenderci, c’è stato un miglioramento improvviso, e ormai possiamo dire di avercela quasi fatta.

Ad ogni modo, non è bello rimanere chiusi in casa e non poter uscire, però guardandomi indietro ora sono contenta di ciò che ho fatto con la mia bambina, abbiamo cercato di fare il possibile, non semplicemente “tenerla impegnata”, ma proponendole qualcosa che la potesse aiutare nel suo percorso di crescita.

Conclusioni

Purtroppo lo spazio a nostra disposizione è limitato, gli argomenti trattati sono stati diversi, ma sicuramente c’è ancora molto altro raccontare. Le informazioni che vengono trasmesse dai media nazionali non sempre sono complete, ci mostrano una visione distorta della realtà ed è difficile distinguere tra ciò che è vero e quello che non lo è.

Se quindi avete dubbi, perplessità, o semplicemente curiosità, scriveteci alla nostra mail: associazione.aca2017@gmail.com oppure sulle nostre pagine Facebook (ACA Educazione in rete) e Instagram (aca_educazione_in_rete), saremo lieti di rispondervi!

Intervista a Federica Mascheroni a cura di Haidi Segrada.


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