Elena di Savoia: l’Umanità della “Regina del Popolo”

Jelena Petrovic-Njegos era nata a Cettigne l’8 gennaio 1873, sesta dei dodici figli del futuro Re Nicola e di Milena Vukotic. La corte del Montenegro non era certo sfarzosa, ma i figli furono tutti ben educati e studiarono all’estero, le ragazze studiarono al collegio Smolnyi a S. Pietroburgo frequentando la corte russa, e parlavano diverse lingue straniere, preparate sin da piccole a matrimoni importanti. Due sorelle di Elena, Milica e Anastasia, sposarono granduchi russi ed ebbero la loro parte, nefasta, nell’avvicinare Rasputin alla zarina Alexandra.

Ritratto di autore non riportato, risalente al 1900 circa, di Elena di Montenegro, moglie di Vittorio Emanuele III:

Elena era di carattere schivo, riservato, non amante delle frivolezze. Donna pratica si interessava però di politica, collaborava alla rivista Nedeljia scrivendo poesie, suonava il violino, non era né ignorante né grezza, tutt’altra persona rispetto alla “ma cousine la bergere” (mia cugina la pastora) come la definiva Elena d’Aosta.

In Italia la regina Margherita e Re Umberto cercavano una moglie per l’erede al trono Vittorio Emanuele, e volevano “sangue fresco” per rinforzare la stirpe, dopo il loro matrimonio fra primi cugini che aveva prodotto solo un figlio e non tanto prestante, e le ricerche si indirizzarono verso paesi del mondo slavo, anche su pressioni di Francesco Crispi, primo ministro del governo italiano.

Il primo incontro fra i futuri sposi si svolse al Teatro La Fenice a Venezia, nel 1895, talmente combinato che Elena era accompagnata da una sorella di riserva, mentre Vittorio Emanuele, che odiava queste trame, era all’oscuro di tutto. I due si piacquero e dopo un secondo incontro in Russia, Vittorio Emanuele si recò in Montenegro a chiedere la mano della ragazza, della quale si era decisamente innamorato. La mano fu concessa e il fidanzamento ufficiale si svolse a Cettigne, dove gli sposi ballarono ufficialmente insieme, lui alto un metro e cinquantatré mentre lei uno e ottanta, superandolo di tutta la testa.

Per celebrare le nozze fu necessaria una conversione ufficiale della sposa al cattolicesimo, e la coppia si sposò a Roma il 24 ottobre 1896. Il Papa, che aveva ancora il dente avvelenato con i Savoia, non concesse una basilica per il matrimonio ma solo una chiesa, S. Maria degli Angeli.

Elena del Montenegro nel 1897:

Le nozze non furono sfarzose ma piuttosto semplici, come erano gli sposi, niente in confronto a quelle di Emanuele Filiberto di Savoia Aosta con Elena d’Orleans dell’anno precedente, e così il matrimonio di Vittorio Emanuele ed Elena vennero definite le “nozze dei fichi secchi”, prodotto tipico del Montenegro.

La luna di miele fu semplicissima, trascorsa sull’isola di Montecristo, ma gli sposi sembravano godere dell’intimità e semplicità del soggiorno, da soli, fuori dagli impegni di corte. I due si vollero davvero bene per tutta la vita.

I primi 4 anni scorsero tranquilli con il solo cruccio della mancanza di figli

La Regina Margherita, preoccupata per la mancanza di eredi, non vedeva più tanto di buon occhio Elena, troppo semplice e poco regale per i suoi standard, e gli Aosta infierivano chiamando gli sposi “Curtatone e Montanara” ed il loro figlio ‘Petit Roi’, sperando nella successione della propria casata.

Vittorio Emanuele con Elena:

Il 29 luglio 1900 Re Umberto fu ucciso dall’anarchico Gaetano Bresci, ed Elena si ritrovò Regina d’Italia. La vita tranquilla come eredi al trono era finita, e probabilmente né lei né Vittorio Emanuele III furono felici dei nuovi impegni come sovrani d’Italia.

Il nuovo carico di responsabilità fu però allietato dalla nascita di molti eredi: Iolanda nel 1901, Mafalda nel 1902, Umberto nel 1904, Giovanna nel 1907 e Francesca nel 1914.

Elena si interessò alla storia d’Italia, traduceva i giornali esteri per il marito ma imparò anche il dialetto piemontese per far piacere a Vittorio Emanuele. La regina si occupava della famiglia, dei figli, della casa, studiò medicina e le venne conferita la laurea “Honoris Causa”, si impegnò nelle lotta delle malattie e promosse corsi per la formazione e aggiornamento dei medici per combattere il cancro e la tubercolosi.

Vittorio Emanuele ritratto con la moglie Elena e i figli Jolanda, Mafalda, Umberto e Giovanna nel 1908:

Dopo il devastante terremoto di Messina del 1908, in cui morirono dalle 90 alle 120 mila persone, prestò in persona soccorsi alle vittime, e al Quirinale trasformò un salone in sartoria dove lei stessa e le due figlie ancora bambine aiutavano a cucire abiti per chi aveva perso tutto, facendosi benvolere dagli italiani con la sua disponibilità e semplicità.

Per ricordare la sua opera la città di Messina le dedicò una statua nel 1960

Dopo l’entrata in guerra dell’Italia nella prima guerra mondiale si adoperò per raccogliere fondi ideando sue cartoline autografate, da vendere nei banchi di beneficenza. Ben conscia delle limitate risorse della nazione, propose perfino di vendere alcuni gioielli della corona, e divenne infermiera a tempo pieno trasformando il Quirinale in ospedale. Nel 1937 fu insignita della Rosa d’Oro da Pio XI, il massimo riconoscimento femminile della Chiesa, per la sua opera caritatevole.

La Regina Elena con il marito e i figli:

Poco prima dello scoppio del secondo conflitto mondiale tentò di coinvolgere le Regine degli altri paesi nel realizzare un’azione comune per scongiurare il conflitto, ma la sua trama diplomatica rimase senza successo.

Durante la Seconda Guerra Mondiale seguiva attentamente le vicende politiche del paese, ma sempre rispettando le decisioni del marito, com’era tipico delle donne di quella generazione. Dopo l’armistizio del 1943 si dice che abbia dissentito fortemente dalle decisioni prese da Vittorio Emanuele III, ma nonostante tutto le accettò.

La tragica morte della figlia Mafalda la segnò profondamente

Dopo l’esilio della casa Savoia seguì il marito ad Alessandria d’Egitto, ospiti di Re Farouk, e dopo la morte di Vittorio Emanuele nel 1947 restò in Egitto ancora 3 anni. Nel 1950, quando scoprì di essere ammalata di cancro, si trasferì a Montpellier dove morì il 28 novembre 1952. I cittadini francesi seguirono in massa il suo funerale, e il comune ricordò l’illustre figura innalzandole un monumento ricordo.

Cartolina con fotografia della regina con le figlie Iolanda e Mafalda:

Dopo 65 anni la salma della Regina Elena è tornata in Italia, sepolta nel santuario di Vicoforte dove l’ha raggiunta quella del marito Vittorio Emanuele nel 2018.

Sotto, Tomba della regina Elena al Santuario di Vicoforte. Fotografia di Fabio Daziano condivisa con licenza Creative Commons 4.0 via Wikipedia:

L’ammirazione che riusciva a suscitare le fruttò diverse dediche di poeti e artisti come D’Annunzio, Pascoli, Fogazzaro, Capuana e Puccini, ed è forse l’unico personaggio di Casa Savoia ancora ricordato dalla Repubblica per il suo impegno sociale, le opere di carità, l’aiuto ai terremotati e ancor oggi molti reparti ospedalieri sono intitolati a suo nome.

Nel 2002 il Ministero delle Comunicazioni ha emesso un francobollo commemorativo che la ritrae, associando la sua figura alla lotta contro il cancro.

Antonio Fogazzaro la apostrofò in questo modo:

Principessa che salite dall’Oriente bella come la stella del mattino, che al cader della più lunga giornata umana, la vostra bellezza sia così placida e così soave che il poeta di quel tempo lontano possa paragonarvi alla stella della sera“.

Pubblichiamo una rettifica suggerita dal Dr. Alberto Casirati:

Ho letto nell’articolo che il monumento dedicato alla Regina Elena a Montpellier è stato costruito dalla città. L’affermazione, purtroppo, è priva di fondamento, perché il monumento fu ideato, costruito ed integralmente pagato dall’Associazione Internazionale Regina Elena. Fu inaugurato il 25 novembre 1989, alla presenza della Principessa Giovanna di Savoia, Regina Madre dei Bulgari, e di oltre un migliaio d’autorità e persone, in parte provenienti da Belgio, Bulgaria, Italia, Montenegro, Polonia, Portogallo, Serbia e Spagna.

Inoltre, nel 1996, lo stesso sodalizio ha ideato, costruito e pagato una necropoli per indigenti vicino alla tomba (disegnata dal nipote della Regina Enrico d’Assia su richiesta di Re Umberto II) dove la Regina era sepolta dal 1953 (dopo essere stata deposta per un anno nella tomba del Prof. Lamarque). Finora, 286 indigenti sono stati sepolti nella necropoli.

Dr. Alberto Casirati, Vice Presidente, Associazione Internazionale Regina Elena, Delegazione Italiana Onlus.


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