Elena compie tre anni: verso una nuova tappa evolutiva

Quello che fino a qualche mese fa sembrava essere un traguardo così lontano è stato finalmente raggiunto: Elena ha compiuto i suoi primi tre anni. Perché lo riteniamo fondamentale? Innanzitutto  è bene sottolineare che il bambino, in questo particolare periodo evolutivo, sta sviluppando la propria personalità, diventando ogni giorno più autonomo e competente. Questa è una tappa importante anche perché con l’ingresso alla scuola dell’infanzia, si entra in una nuova realtà, tutta da scoprire, che segna profondamente la vita di ciascuno.

Nonostante la tenera età, ciò che viene appreso e sperimentato a scuola entra a far parte del bagaglio di esperienze necessarie per accompagnarlo nel suo percorso di crescita e sviluppo.

Generalmente in Italia si può accedere alla scuola materna al compimento dei due, tre anni d’età, (ma chi ha i requisiti per avvalersi dell’anticipo, può frequentare a partire dai due anni e mezzo, cioè il bambino deve compiere i tre anni entro il 30 aprile) in alcune scuole è presente anche la sezione primavera dedicata ai bambini dai due anni e mezzo. Come abbiamo già visto negli articoli precedenti, in Cina si può frequentare la scuola dell’infanzia pubblica dai tre anni, mentre quella privata dai due e mezzo. L’anno scolastico è diviso in due semestri: il primo va da inizio settembre fino a gennaio/febbraio, prima dell’inizio del Capodanno cinese; il secondo parte con la ripresa dopo le vacanze fino alla fine di giugno. In estate il programma ordinario si ferma, per lasciare spazio, nelle scuole private, a quello che in Italia viene chiamato “campo estivo”.

Sebbene Elena abbia iniziato a frequentare la scuola materna solo verso la fine di aprile, i cambiamenti avvenuti sono evidenti ed è necessario fermarsi a fare delle considerazioni.

Se, appena rientrata in Cina, la bambina sembrava prediligere la lingua italiana, utilizzata in qualsiasi contesto anche per esempio a scuola con le insegnanti, rendendo la comunicazione un po’ difficoltosa, nell’arco di qualche settimana la situazione si è letteralmente capovolta.

Per Elena è iniziata una nuova fase caratterizzata dalla predominanza del cinese sull’italiano. I fattori che hanno portato a questo “drastico” cambiamento sono diversi: innanzitutto, una maggiore esposizione alla lingua cinese. La bambina stando a scuola dalla mattina alle otto fino alle cinque del pomeriggio si trova immersa in un ambiente ricco di input linguistici di vario genere che, immancabilmente, la portano a pensare ed  esprimersi in quella lingua.

Le poesie presentate dall’insegnante, le filastrocche, le canzoni imparate con il papà e recitate ogni settimana davanti ai propri compagni hanno provocato un’esplosione del vocabolario di Elena, così come una buona abilità espositiva e facilità nel giocare con la lingua, cambiare le parole, inventare delle canzoni sulla base di ritmi a lei familiari.

Inoltre, il maggiore attaccamento al papà, diventato inseparabile compagno di gioco a casa, ha ridotto notevolmente i tempi di esposizione alla lingua italiana. La bambina sembrava avesse difficoltà nella formulazione delle frasi, portandola più volte a utilizzare la lingua cinese anche con la mamma. Era come se Elena mostrasse un atteggiamento di chiusura verso quello che fino a poco tempo prima era stato un solido punto di riferimento, l’italiano.

Federica, e successivamente anche il papà, hanno cercato di tenere “vivo” l’interesse di Elena per la lingua della madre, proponendola negli scambi linguistici in famiglia, ma anche attraverso libri, cartoni animati e durante il gioco.

A distanza di qualche settimana c’è stato un lieve cambiamento: la piccola si esprime più frequentemente in italiano, anche durante il momento di gioco simbolico, comunemente chiamato: “far finta di…”.

Volendo fare un breve bilancio dall’inizio della nostra ricerca a oggi, cosa possiamo osservare? L’utilizzo di una metodologia ben definita ha portato ai risultati sperati?

Senza dubbio Elena, grazie al Metodo ACA, ha sviluppato un buon senso dell’osservazione che appare in qualsiasi altro aspetto, per esempio quello linguistico: l’abilità nel creare associazioni mentali tra nomi, oggetti reali e immagini utilizzando il cinese, l’italiano e a volte anche l’inglese, attraverso la lettura, il gioco, la musica.

Le esperienze fatte, la possibilità di mettere in pratica quanto visto sui libri così come lo sperimentare attraverso il corpo e gli oggetti a sua disposizione, le permettono di acquisire facilmente i concetti e fissarli nella memoria più a lungo. La bambina è libera di provare, osservare, fare esperienze, dare libero sfogo alla propria creatività ed ecco che il piccolo pannello di sostegno del puzzle insieme ai suoi pezzetti si trasformano in un vassoio con la torta, o ancora, la valigetta che riempita di giocattoli è pronta per essere imbarcata al check-in con tanto di documenti e carta di imbarco. Le bacchette che vengono messe insieme per creare le lettere dell’alfabeto. Per un adulto possono apparire solo come giochi improvvisati, ma per un bambino significano tanto. La sua creatività lo porta ad essere sempre più curioso di conoscere ciò che lo circonda e a voler imparare cose nuove.

Guardandoci indietro non possiamo che apprezzare i passi fatti fino a questo momento: le scoperte, i progressi, ma anche i regressi registrati denotano l’importanza di adottare fin da subito una strategia che risponda ai bisogni dei nostri figli e che ci permetta allo stesso tempo di crescere insieme a loro.

Arrivati alla fine di questo articolo ci sentiamo di sottolineare alcuni aspetti che non dovremmo mai perdere di vista in quanto genitori, insegnanti, educatori di bambini volti al bilinguismo. Questi sono l’esposizione alle due o più lingue, quindi la quantità e la qualità degli stimoli linguistici forniti; se scarsi e pressoché legati a un unico contesto provocheranno immancabilmente  degli evidenti squilibri nel livello di competenza linguistico e possibili conseguenze a livello familiare, culturale ecc.

Anche per questa volta è tutto. Saranno riusciti i genitori di Elena a risvegliare l’interesse per la lingua italiana? Lo scopriremo nel prossimo articolo!

a cura di Haidi Segrada e Federica Mascheroni


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