Edek e Mala: il tragico destino dei Romeo&Giulietta di Auschwitz

Mala Zimetbaum, che è una ragazza ebrea nata nel 1918 in Polonia, quindi quando viene catturata e spedita ad Auschwitz con la famiglia, nel luglio del ’42, ha 14 anni e mezzo. Mala è polacca ma era emigrata, e in Belgio è una studentessa modello, parla 5 lingue e viene impiegata dalle SS per diventare traduttrice e interprete per i tanti prigionieri al campo. In modo molto rapido aiuta i tedeschi a districare quella babele di lingue che è il campo di sterminio, e gode di alcuni privilegi come cibo migliore e più abbondante, qualche libertà di movimento all’interno del campo e così via.

Edward Galinski, che tutti chiamano Edek, è un cattolico polacco che viene catturato come prigioniero politico nel 1940, e finisce ad Auschwitz con il primo convoglio in assoluto che raggiunge il campo. Viene tatuato con il numero 531, pensate che da lì negli anni successivi passeranno oltre un milione di persone, e per tre anni lavora al campo. E’ un ragazzo intraprendente che piace ai tedeschi, gli fanno gestire un’officina e una ferramenta all’interno di Auschwitz. Insomma un internato modello.

Poi, doveva essere nel 1943, lui viene mandato a dirigere un piccolo gruppo di operai nella zona di Birkenau e incontra Mala così, per caso, e fra i due esplode un amore travolgente. Io non posso raccontarvelo nel dettaglio perché nessuno li conosce, ma si sa che i due ragazzi venivano chiamati “Romeo e Giulietta” al campo, e che insieme fanno le prime esperienze d’amore. Sono due ragazzi amati da tutti, dai prigionieri perché ne salvano tantissimi con la loro posizione privilegiata, ma anche benvoluti dalle guardie visto l’aiuto che sono in grado di offrire.

Sono benvoluti ma si trovano in mezzo a un girone infernale, dove la morte è la cifra del pane quotidiano. Vivere quell’amore dentro al campo è impossibile, e decidono di evadere. Siamo nella primavera del 1944, l’ultima primavera maledetta di quegli anni ’40. Nei piani di evasione all’inizio è coinvolto l’amico di Edek, Wieslaw Kielar, poi Edek lo dice a Mala, e lei vuole fuggire con loro. Wieslaw poi rinuncia all’impresa, troppo rischiosa per lui, e sarà fra i testimoni principali di quel che successe al campo con l’importantissimo libro “Anus Mundi – 5 anni ad Auschwitz”, uscito nel 1972.

Edek si procura un’uniforme delle SS e una pistola, Mala una mappa della Polonia, due lasciapassare, abiti da uomo e un vestito da donna da indossare sotto il travestimento. Il 24 giugno del 1944 lui si veste da SS, la raggiunge e lei si veste da uomo, portando con sé un lavandino che fa finta di dover sostituire. I due passano una serie di cancelli, di controlli e controllori. Vanno avanti con la forza dell’incoscienza (in due non fanno neanche 40 anni) del desiderio di fuggire da quell’abominio, e una volta raggiunto l’ingresso, mostrano i lasciapassare e sono liberi. La guardia li osserva, legge le carte e dice “Los, raus. Schnell!”, “Andiamo, uscite. Veloci”.

Camminano 50 metri, poi 100 e poi 500. Liberi. Si sono lasciati alle spalle l’inferno e davanti hanno un oceano di opportunità. Almeno, così pensano. Siamo a Giugno in Polonia, e non fa neanche freddo. Sanno che però in Polonia non possono rimanere. Mala si toglie i vestiti da uomo e scopre quelli da donna, e i ragazzi si comportano come una coppia di adulti. Girovagano per i boschi, chissà cosa fanno e chissà cosa pensano e sperano, noi questo non lo sappiamo e non lo sapremo mai.

E’ tempo di guerra e si mangia poco, e i due fuggiaschi di fame iniziano a patirne tantissima. Mala con sé ha un anello, che tenta di scambiare per del cibo in una città a pochi chilometri dal campo, ma quello scambio tanto generoso insospettisce gli abitanti che avvertono la Gestapo. In pochi istanti Mala viene catturata. Edek potrebbe fuggire lontano, d’altronde non l’hanno visto né sanno dove si trovi, ma non vuole lasciare sola Mala, si sono promessi che staranno insieme per sempre. Sa che il loro destino sarà tragico, ma lui preferisce morire da uomo che non vivere da vigliacco, e si costituisce alla polizia tedesca. In pochi giorni sono di nuovo al campo di Auschwitz.

Vengono imprigionati nel blocco 11 e sono torturati per tirar fuori il nome di qualche complice, di qualcuno che abbia consentito la loro fuga, ma i due sono delle tombe e non parlano. Edek canticchia la canzone preferita di Mala, la incide sul muro della sua cella, e le scrive su dei foglietti di carta. Lui e lei continuano a scriversi, si sentono vicini, e lo saranno di nuovo in pochi giorni, ma non in questo mondo.

Dopo settimane di torture e detenzione vengono condannati a morte per impiccagione, e il 15 settembre del 1944, neanche 3 mesi dopo quella rocambolesca fuga, osservano il patibolo dal quale dovranno penzolare.

Edek non ci sta a farsi ammazzare, così si lancia nel vuoto e si spezza il collo mentre la guardia sta leggendo la sentenza. Qualcuno ricorda che pochi istanti prima abbia gridato “Viva la Polonia”.

Mala non ha voglia di raggiungere il patibolo, non vuole che siano quei maledetti nazisti ad ammazzarla e si taglia le vene in cella, ma purtroppo non muore subito. Le SS prima la portano in infermeria, vogliono bloccarle il sangue e bruciarla viva in uno dei forni, ma poi lei implora di esser lasciata morire e probabilmente la accontentano, liberandosi del cadavere solo qualche decina di minuti dopo.

Edek e Mala quel 15 settembre 1944 sono polvere nel vento, come polvere nel vento sarebbe la loro storia d’amore se quei detenuti che li hanno visti amarsi non avessero trovato la forza di ricordarla, per sconfiggere l’odio, per sconfiggere il dolore di un luogo disumano. Auschwitz, l’ano del mondo che racconterà Wieslaw Kielar tanti anni dopo, quel ragazzo che aveva rischiato di scappare con loro e che riesce a uscire e a sopravvivere. Ma questa è un’altra storia.


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