La storia dei processi agli animali affonda le radici nel Basso Medioevo, e vide una serie di “fiere” esser giudicate, in alcuni casi giustiziate, in base alle leggi degli uomini. Dal XIII secolo fino al XVIII si registrarono diversi casi di animali portati in aula.
Tutti i tipi di creature, dagli animali da fattoria agli insetti, si trovarono al cospetto di giudici e giurie di persone umane, interrogati rispetto a specifici accadimenti. Nonostante possa sembrare assolutamente incredibile, le “prove animali” furono ritenute attendibili da diversi sistemi legislativi nazionali sino a circa la fine del XVIII secolo.
La prima testimonianza di un animale a processo è l’esecuzione di un maiale nel 1266 a Fontenay-aux-Roses, in Francia. Gli animali imputati venivano fatti presentare nei tribunali religiosi oppure di fronte ad una corte laica, con accuse che andavano dall’omicidio volontario ai danni.
Ai processi partecipavano come testimoni anche gli esseri umani. Gli animali venivano forniti di regolare avvocato d’ufficio nei tribunali religiosi, mentre in quelli laici non godevano di questo privilegio (come i pari imputati umani che non potevano permettersi l’avvocato).
L’animale poteva essere condannato o assolto, e la pena era sovente l’esilio o la morte. Alcuni animali, nonostante non fossero in grado di difendersi, riuscirono comunque a vincere la propria libertà mediante un legale processo. Nel 1750 una femmina d’asino fu assolta dalle accuse di bestialità a causa delle testimonianze degli uomini, che ne acclamarono le virtù e la sua generale buona condotta.
I suoi coimputati umani vennero comunque condannati alla morte
Le traduzioni più attendibili e dettagliate dei processi agli animali si trovano nel volume di E.P. Evans dal titolo: The Criminal Prosecution and Capital Punishment of Animals, del 1906, oppure nel The Trial: Four Thousand Years of Courtroom Drama di Sadakat Kadri. Nel libro di Kadri, lo studioso spiega come i soggetti a processo non fossero solo animali, ma anche cadaveri o oggetti inanimati, e lo studioso sostiene che si trova un’eco nella giurisprudenza moderna di alcuni paesi che vede la punizione di bambini o di persone mentalmente inabili.
Sotto: un’illustrazione da Heidelberger Sachsenspiegel, di inizio XIV secolo, che mostra l’esecuzione di alcuni animali per l’atto di “non assistenza”. Una donna era stata violentata e la sua casa distrutta, ma secondo la corte gli animali avrebbero dovuto proteggere l’umana e la casa.
Gli animali messi sotto processo erano quasi sempre addomesticati (il più delle volte maiali, ma anche tori, cavalli e mucche) o parassiti quali ratti e cimici. Le creature che erano sospettate di esser complici di atti “bestiali” subivano la condanna, che poteva essere il rogo o la decapitazione, anche se in pochi furono davvero giustiziati.
Secondo Johannis Gross nel suo “Kurze Basler Chronik“, del 1624, nel 1474 un gallo venne messo sotto processo per “un crimine odioso contro la natura” per la posa di un uovo. Tutto il paese si interessò al caso, e il Gallo accusato di esser stato generato da Satana e contenente un Basilisco.
I licantropi finiti a processo furono innumerevoli durante la storia e furono numerosi i condannati di licantropia, in particolar modo nel XVI secolo in Francia. Ovviamente l’accusato era un essere umano, ma il suo essere sospettato di “licantropia” lo faceva assurgere a un imputato animale.