Zucche intagliate a riprodurre facce ghignanti, streghe, vampiri, zombie, scheletri, altri travestimenti horror ed addobbi spaventosi: Halloween bussa alle porte del mondo anglosassone e occidentale, il 31 ottobre, al grido di:
Dolcetto o scherzetto?
Naturalizzata nel suo modus operandi americano, più ludico-commerciale e quindi di maggiore attrattiva, Halloween ha compiuto solo un viaggio di ritorno, verso madre Europa.
Immagine a destra condivisa via Wikipedia con licenza CC BY-SA 3.0
Sebbene, per alcuni studiosi, ci sia da girare a ritroso qualche pagina di storia, fino all’antica Roma, pare che All Hallows Eve, abbia le sue radici in rituali religiosi del popolo celtico in Irlanda, e nell’articolo dedicato trovate l’origine della zucca di Halloween.
Il suo significato ebbe un impatto tale da resistere all’evangelizzazione del popolo bretone e al processo di eradicamento dei culti pagani, ad opera della Chiesa.
La sua forte influenza culturale contribuì alla nascita delle feste cristiane del 1° e del 2 novembre – festa di Ognissanti e la Commemorazione dei defunti- e a colonizzare il Nuovo Mondo attraverso l’emigrazione di un gruppo di irlandesi.
Dall’interazione con il nuovo humus americano nacque l’Halloween attuale, che iniziò la sua diffusione capillare in Europa intorno agli anni Novanta dello scorso secolo, adombrando molte tradizioni, usi e costumi che si celebravano durante la giornata del 1° e del 2 novembre.
Un corvo di fronte alla luna, fotografia di pubblico dominio via Goodfreephotos:
Nonostante tutto, il sostrato comune di queste tre cugine europee che si sono rincorse, accavallate ed intrecciate, è il culto della Morte: tutti i vari popoli, in questi giorni, ritengono che il velo tra il mondo della vita e della morte si assottigli così tanto da permettere ai defunti di oltrepassarlo.
Per i celti questo misterioso fenomeno avveniva il 31 ottobre, giorno di fine estate, o Samhain e fine dell’anno secondo il loro calendario: si celebrava la fine della luce e l’inizio del tenebroso e mortifero inverno, preparandosi all’arrivo degli abitanti dell’aldilà in vari modi:
- Intagliando rape (poi zucche in America), illuminate all’interno come protezione dagli spiriti mettendo del cibo fuori o dentro le case
- Offrendo dolci ai visitatori redivivi per placarli
- Vestirsi come mostri per passare inosservati e non finire oltre la barriera eterna
Con l’avvento della Chiesa, vennero cristianizzati alcuni di questi usi, ma spostati al primo novembre: a testimoniarlo ci sono ad esempio, le tradizioni di molti borghi italiani.
Questi microcosmi, di cui l’ Italia è costellata, dalla forte identità culturale, proteggono con un piacevole e dignitoso campanilismo tradizioni ricorrenti durante la festa di Ognissanti, altrimenti cancellate dal nuovo, più festoso Halloween made in USA.
Mi viene in mente un gruppo di bambini di uno di questi borghi, in Molise, che visse la propria fanciullezza nell’epoca pre-google. Convinti sostenitori delle proprie usanze, si chiedevano perché Halloween – festa ancora limitata agli USA e al Canada – conosciuta da loro tramite la televisione, venisse considerata la notte più spaventosa dell’anno, quando invece, lo era per davvero, quella a cavallo tra il primo e il due di novembre.
Fotografia di pubblico dominio via Pexels:
I nonni e le persone anziane non sbagliavano mai: le streghe che passeggiavano per i quartieri americani con la scopa? Inverosimile. I bambini che si mascheravano? Carnevale è a febbraio! Ma sopra ogni altra cosa: quale dolcetto o scherzetto?!
Si bussa e si grida : – Per l’anima dei morti!, non il 31 ottobre, ma durante il giorno successivo fino all’ora di cena, poi tutti a casa che alla mezzanotte in punto iniziava la processione dei morti .
Questo gruppetto non mascherato, dopo la sfilata per il paese e il lauto bottino di dolciumi, qualche lira e i più tradizionali ma meno ambiti fichi secchi, si terrorizzavano a vicenda con le storie che i nonni raccontavano loro vicino al camino e ripetevano la lista delle cose da tenere a mente, per la sopravvivenza alla lunga notte:
- Mai affacciarsi alla finestra, qualora si sentisse il suono di campanelle: la processione dei morti è sotto casa tua e guardarli, spinti anche solo dalla curiosità di Orfeo, implicherebbe ritrovarsi con loro, non per una chiacchierata: ab aeterno. Nessuna salvezza, niente di niente, neanche il vetro di drago;
- Accendere un cerino e lasciare qualcosa da mangiare, nel caso un defunto faccia visita alla sua (tua) ex casa, senza disturbarlo;
- Qualora accada di sentire le campane che annunciano la messa, guardare l’ora, prima di recarvisi: perché la celebrazione ecclesiastica notturna è l’ultima tappa della processione dei morti, prima del ritorno al riposo eterno.
La leggenda
Come raccontano gli anziani di questo borgo, un signore loro compaesano, sentendo le campane, si alzò di notte, si mise il vestito della festa e si recò in chiesa. Da bravo credente continuava a recitare il rituale, ma era molto confuso, perché alcuni visi tra i celebranti gli ricordavano persone conosciute ma defunte, altri forse erano stranieri.
Iniziò anche ad aver paura e fu allora che una persona sconosciuta gli sussurrò di andare via prima della lettura del Vangelo, se aveva cara la vita.
Questo signore così fece e si risvegliò l’indomani nel suo letto, vivo. Portando i fiori al cimitero, capì cosa era successo durante la notte: riconobbe la persona che con un sussurro gli aveva salvato la vita, nella foto di una lapide vecchia e consunta.
Queste, le raccomandazioni che gli amici si davano a vicenda, per poi passare la notte da brividi, nascosti sotto il calore delle coperte, chiedendosi il perché di questo evento.
La risposta era data ancora dai nonni o dagli anziani:
Cosi è!
Altre regioni e altri borghi italiani, narrano di questa processione, anche se i modi in cui avviene l’identità degli spiriti è diversa. Mi affascina e rende felice che vengano tuttora mantenuti, anche dalle nuove generazioni che le festeggiano insieme all’Halloween americano: su quest’ultimo, a discapito di molte opinioni che lo relegano a un carnevale novembrino puramente consumistico, penso che mostri ancora il suo significato, forse solo leggermente nascosto dalla ormai più immediata conoscenza fenomenica, che l’uomo di oggi ha di ciò che ci circonda.
Immagine di pubblico dominio via Publicdomainpictures:
La fede nelle tradizioni spiega cose che la ragione non conosce: spiegazioni tramandate da persona a persona, più profonde ed escatologiche di quelle scientifiche, più semplici di un’equazione perché ricollegate alla sfera emotiva di ognuno di noi.
Avrei voluto avere la possibilità di dire ai miei amici e alla me stessa di allora, di non avere così paura durante quelle notti e di essere fieri di crederci. Le tradizioni affondano nel mistero e sono il segno di reciprocità e calore umano, di bisogno di appartenere a qualcosa e di sentirsi meno piccoli di fronte a quell’evento della nostra vita che, dall’inizio dei secoli, esorcizziamo e tentiamo di sconfiggere e che continua a non essere spiegato. Credo negli amorosi sensi che esorcizzano quella barriera che blocca la conoscenza dell’altrove/oltre, il nostro halloween tra questo già e il non ancora: per l’anima dei morti!