Dashiell Hammett: lo strano amore dell’inventore del detective per Lillian Hellman

Piove, o c’è nebbia. Comunque, fa freddo e non si vede molto, tanto più che è già notte. Da qualche parte, vicino ma fuori visuale, sta accadendo qualcosa di losco. Dal buio, sbuca una figura che, nella fotografia in bianco e nero, appare composta di contrasti piuttosto netti tra bianchi e neri. Ha un borsalino sulla testa e indossa un trench, chiuso in vita dalla cintura annodata. Quando l’immagine si avvicina, si noterà subito la sigaretta all’angolo della bocca.

Il cliché del detective, del “private eye”, del “Continental Operator” (abbreviato in Op o in Cop), è talmente radicato nell’immaginario collettivo che anche chi non ha mai visto un film noir lo riconosce, appena compare sulla scena. All’inizio erano solo investigatori privati, poi la categoria ha dato spazio anche a poliziotti della sezione investigativa, quelli che non sono tenuti a portare la divisa.

Molti sono famosissimi, alcuni addirittura leggendari. Il più importante, Philip Marlowe, è stato interpretato da un esercito di attori in film sempre più o meno riusciti: Dick Powell in “L’ombra del passato” (1944), Humprey Bogart in “Il grande sonno” (1946), George Montgomery in “La moneta insanguinata” (1947), Robert Montgomery in “Una donna nel lago” (1947), James Garner in “L’investigatore Marlowe” (1969), Elliot Gould in “Il lungo addio” (1973), Robert Mitchum in “Marlowe, il poliziotto privato” (1975) e in “Marlowe indaga” (1976), James Caan in “Marlowe – omicidio a Poodle Spring” (1998) e il prossimo dovrebbe essere Liam Neeson in un film annunciato già nel 2017.

La locandina d’epoca de “Il grande sonno” (1946)

Fotografia di Warner Bros. di Pubblico dominio condivisa via Wikipedia

Perfino in Italia, che non è certo terra di detectives (un verso di Umberto Saba recita: “Il bel canto è italiano, il cinematografo americano, il romanzo poliziesco inglese”), lo stereotipo ha preso rapidamente piede, a partire dal tenente Ezechiele “Ezzy” Sheridan che ha fatto la storia della nostra televisione. Con la maschera di Ubaldo Lay, prima ha risolto i complessi mystery elaborati da Mario Casacci e Alberto Ciambricco, poi ha fatto vendere in tutto il Paese l’amaro Biancosarti, quello “vigoroso, che mette il fuoco nelle vene”. Invece, il suo emulo Cesare Polacco, nel ruolo dell’ispettore Rock, è comparso direttamente nelle pubblicità di Carosello e ha contribuito al grande successo della brillantina Linetti (“Anch’io ho commesso un errore…”).

Ma da dove nasce, questo cliché? Chi l’ha inventato, e come?

I cliché sono generalmente fasulli, grossolani e ben distanti dalla realtà. Questo, invece, fa eccezione, almeno relativamente ai tempi in cui prese piede, ossia alla fine degli anni ’20 nella narrativa e nei primi anni ’40 al cinema. Oggi, infatti, un detective in borsalino e trench va bene solo in una festa di Carnevale. All’epoca, la situazione era diversa, e le prime storie che presentavano questo tipo di detective rivoluzionarono la narrativa poliziesca, perché erano state scritte da un vero ex detective, Dashiell Hammett.

Nei suoi racconti e romanzi troviamo per la prima volta sia la figura del Continental Op (che non ha neppure un nome), sia quella del detective destinato a diventare l’archetipo cui si ispireranno tutti gli altri: Sam Spade.

Un suo illustrissimo collega, Raymond Chandler (il creatore di Philip Marlowe) ha sintetizzato la grandezza di Hammett in una di quelle frasi che è impossibile dimenticare: “Hammett ha restituito il delitto a chi lo commette per un buon motivo, non solo per fornire un cadavere ai lettori, e con mezzi accessibili, non con pistole intarsiate, curaro e pesci tropicali”. Dopo di lui, il romanzo poliziesco ha smesso di essere un semplice intrattenimento e ha cominciato a raccontare gli aspetti della realtà su cui la narrativa mainstream era abituata a sorvolare. Hammett non ha inventato né il mystery (il romanzo-enigma), né il thriller (il romanzo a base di suspense), né la detective story (il romanzo basato su una indagine): ha messo insieme il meglio delle tre categorie e ha portato a un livello di maestosa dignità letteraria uno dei generi più disprezzati dalla critica del suo tempo, il “pulp” (ossia le storie che comparivano in periodici stampati su carta scadente) nella sua versione meno censurata, non a caso chiamata “hard boiled”, ossia bollente e duro. Se non basta questo a fare un grande scrittore, non si sa cosa altro possa volerci. Peccato che i suoi emuli non sempre siano stati all’altezza, ma questo è un altro discorso.

Dettaglio di Hammett dalla copertina del romanzo “The Thin Man” (in italiano “L’uomo ombra”)

Fotografia non attribuita pubblicata da Knopf di Pubblico dominio condivisa via Wikipedia

Ma Dashiell Hammett è anche un uomo indefinibile, pieno di assurde contraddizioni, una figura ancora più enigmatica dei suoi personaggi. Autodidatta, mentre racconta di delitti efferati, dissemina le sue opere di riferimenti culturali sicuramente profondissimi, ma non facilmente riconoscibili.

La sintesi della sua visione del mondo è la storia (che si legge in uno dei suoi romanzi, “Il falcone maltese”) di Flitcraft, un uomo metodico, dalla vita scandita quasi come un orologio svizzero, che un giorno per poco non muore ucciso accidentalmente da una trave che gli cade addosso dal cantiere di una casa in costruzione, mentre sta andando in trattoria per la pausa pranzo. Resta illeso, ma anche sconvolto. Non torna più a casa, non torna più al lavoro, fa perdere le sue tracce e per due anni non si sa niente di lui. Finché un detective ingaggiato dalla moglie lo scova in una città distante pochi chilometri da quella che ha lasciato, intento a fare la stessa vita di prima, dopo aver cambiato nome ed essersi risposato con una donna che è praticamente la fotocopia di quella precedente. E Flitcraft racconta che, prima di stabilirsi lì, ha fatto per molti mesi il vagabondo, vivendo come un barbone, perché la vita aveva perso ogni significato per lui. Fino al giorno in cui gli è venuta nostalgia di come viveva prima. Insomma, prima ha dovuto adattarsi al fatto che una trave possa caderti in testa, ma poi non ne sono più cadute e allora ha dovuto adattarsi al fatto che non ne cadano più. Alla fine, tutto ciò che noi consideriamo realtà è soltanto un’illusione, ma questo non ci impedisce di vivere come se questa illusione fosse vera.

“Il falcone maltese”

Fotografia di sconosciuto pubblicata da Knopf di Pubblico dominio condivisa via Wikipedia

Come se Hammett non fosse già abbastanza complicato di suo, poi, bisogna anche riuscire a districarsi tra tutte le mitologie elaborate sulla sua persona, in particolare dalla sua compagna Lillian Hellman, anche lei scrittrice, che gli è sopravvissuta per oltre 20 anni, autoproclamandosi unica sacerdotessa del culto di Hammett, in una situazione che ha penalizzato moltissimo gli studi sulla figura dello scrittore.

Hammett nasce con il nome di Samuel Dashiell Hammett a St. Mary, nel Maryland, il 27 maggio 1894. Dalle sue parti, un uomo su due si chiama Sam e quindi preferisce farsi chiamare con il secondo nome, che è il cognome di origine francese della madre. La sua è una famiglia piuttosto antica, di religione cattolica, ma non proprio illustre, e soprattutto non benestante. Tanto che, quando il padre deve lasciare il lavoro per motivi di salute, è a Dashiell che tocca andare a lavorare per mantenere tutti, come operaio nelle ferrovie, lasciando la scuola a soli 14 anni. A 21, risponde a un’inserzione di ricerca di personale da parte della Pinkerton e diventa investigatore.

La Pinkerton (dal nome dell’uomo che la fondò nel 1850, lo scozzese Allan Pinkerton) è la più importante e famosa agenzia di investigazione statunitense. Ha al suo attivo dei grandi successi, come la scoperta degli assassini del presidente Lincoln. Per molto tempo, però, è stata il braccio armato degli industriali contro le rivendicazioni degli operai sfruttati. Nel 1876, l’organizzazione clandestina di minatori “Molly Maguires”, attiva in Pennsylvania, fu smantellata grazie al servizio di un agente della Pinkerton, James McParlan, infiltrato tra essi (la vicenda è efficacemente narrata in un ottimo film del 1968 interpretato da Sean Connery e Richard Harris, “I cospiratori”). Nel 1886, le manifestazioni pacifiche di Chicago per sostenere la rivendicazione della giornata lavorativa di 8 ore sono state funestate da alcuni attentati (compiuti da agenti della Pinkerton infiltrati tra i manifestanti) che hanno provocato danni e morti: in seguito a questi episodi, i leader sindacali alla guida della protesta sono stati arrestati e poi condannati all’impiccagione per l’accusa di terrorismo, dopo un processo farsa. Anche Hammett, appena assunto, viene spedito a Butte, nel Montana, a fare lavori sporchi di questo tipo, per far cessare una serie di scioperi. Più tardi ne parlerà con disgusto ma, per ora, gli basta farla finita con quel lavoro da operaio che lo ammazza lentamente e non gli lascia la minima prospettiva per il futuro.

Guardie della Pinkerton in Ohio (1884)

Fotografia di Joseph Becker di Pubblico dominio condivisa via Wikipedia

Tuttavia, quando gli Usa entrano nella Prima guerra mondiale, Dashiell Hammett lascia il lavoro e va ad arruolarsi. Non vedrà mai il fronte perché, durante l’addestramento, si ammala di influenza spagnola. Vulnerabile com’è alle affezioni respiratorie (è alto 185 cm e non arriverà mai a pesare più di 70 kg), anziché guarire, si ritrova affetto da pleurite, prima che gli diagnostichino addirittura la tubercolosi. Dall’ospedale militare, finisce dritto in un sanatorio di Tacoma, nello stato di Washington.

Trascorre una lunghissima convalescenza, che si protrae anche oltre il suo congedo, grazie alla pensione di invalidità che il governo americano gli paga finché è di nuovo abile al lavoro. Oltre a questo beneficio, la sua condizione di reduce gli offre la possibilità di seguire gratuitamente dei corsi scolastici e universitari per adulti. Ne approfitta e, anche se non arriverà a conseguire nessuna laurea, recupererà ampiamente l’istruzione che non è riuscito a completare in precedenza.

Nel periodo di vero malessere fisico, è stato assistito con coraggiosa abnegazione da un’infermiera, Josie Dolan. Tempo dopo, viene a sapere che Josie è rimasta incinta di un uomo che poi l’ha lasciata e ha fatto perdere le sue tracce: sapendo che lei può anche perdere il posto per questo, si dichiara padre del figlio che deve nascere e, nel luglio del 1921, sposa la donna. Subito dopo, nasce la prima figlia della coppia, che solo da adulta conoscerà la verità. Dopo 5 anni, arriva un’altra bambina.

La famiglia si è trasferita a San Francisco, dove Hammett ha ripreso il lavoro alla Pinkerton. Adesso non si tratta più di fare lo scagnozzo degli industriali, ma di compiere vere e impegnative indagini su rapine e omicidi, che nella California di quel periodo sono all’ordine del giorno. Fino alla volta in cui, avendo già in tasca il biglietto per seguire una banda di ladri in Australia (dove da qualche tempo pensa di emigrare con la famiglia), si fa prendere dall’eccesso di zelo e perquisisce la nave che deve trasportarli con una tale attenzione da scoprire la refurtiva nascosta addirittura prima della partenza. Il viaggio salta, Hammett non andrà mai in Australia e, per la delusione, smette di fare il detective.

Nel tempo libero, ha sempre letto una quantità di “pulp magazines” (riviste stampate su carta di qualità mediocre), piene di racconti d’avventura, polizieschi e fantastici, e comincia a pensare che sarebbe in grado scrivere meglio degli autori che vi pubblicano regolarmente (la stessa riflessione la fa, nello stesso periodo, Raymond Chandler, che è dirigente di una compagnia petrolifera). Dal 1922, quindi, prova a scrivere racconti polizieschi che le redazioni delle “pulp” accettano subito. La paga non è un granché (un centesimo di dollaro a parola), ma la soddisfazione è grande. Soprattutto perché le sue storie piacciono immediatamente e tutti vogliono pubblicargliele. La maggior parte escono su “Black Mask”, la più ambiziosa delle riviste, che ha messo insieme una squadra di autori di prim’ordine, della quale fanno parte Chandler, Horace McCoy (autore di romanzi cult come “Ai cavalli si spara” o “Il sudario non ha tasche”), E. S. Gardner (il creatore di Perry Mason) e altri.

Il periodico “Black Mask”

Fotografia di Popular Publications Inc. Henry C. Murphy, Jr. di Pubblico dominio condivisa via Wikipedia

Il matrimonio con Josie, intanto, è al capolinea, ma Hammett si impegna a mantenere la ormai ex moglie e le figlie nello stesso tenore di vita precedente, anche dopo essersene andato (in realtà, pare che fosse andato a vivere per proprio conto, inizialmente, perché una recrudescenza della sua tubercolosi rischiava di infettare le bambine, poi, dopo aver intavolato una relazione con la scrittrice Nell Martin, ha deciso di lasciare Josie).

Anche per questo, non può vivere solo con i proventi dei racconti. Si mette a fare il pubblicitario, alle dipendenze di una importante gioielleria di San Francisco, per la quale progetta i manifesti e i comunicati stampa. Ha un suo ufficio molto comodo in centro e guadagna bene, ma non è soddisfatto. Tuttavia, nel 1927, dopo una estenuante trattativa, riesce a pubblicare in quattro puntate un romanzo, “Piombo e sangue”, incentrato sulla figura di un detective che, indagando sull’omicidio di un cliente, smaschera il sistema criminale su cui si reggono tutte le attività economiche di una piccola città di provincia. È un grande successo (che si ripeterà pari pari all’uscita in volume, nel 1929) e spiana la strada anche al secondo romanzo, che esce circa un anno dopo, “La maledizione dei Dain” (1928-29 in rivista 1929 in volume), al centro del quale c’è un’indagine su un furto di diamanti ai danni di una ricca famiglia che si considera oppressa da un’antica maledizione.

In “La maledizione dei Dain” si può apprezzare a fondo come Hammett sia stratosfericamente superiore alla media dei suoi colleghi. Il detective che indaga si rende conto a un certo punto che tutte le persone che interroga gli raccontano in parte verità e in parte bugie, e dovrà distinguere le une dalle altre solo valutando adeguatamente le prove raccolte.

Copertina della edizione americana di “Piombo e sangue”

Fotografia di sconosciuto pubblicata da Knopf di Pubblico dominio condivisa via Wikipedia

Nel terzo romanzo, “Il falcone maltese” (1929 in rivista, 1930 in volume), compare finalmente il personaggio di Sam Spade, che tornerà in alcuni racconti. In questa storia, dei banditi sconosciuti gli ammazzano il socio mentre entrambi sono impegnati nella ricerca di una coppia in fuga; la donna che li ha assunti si rivela essere un’avventuriera impegnata nella ricerca di una statuetta antica dal valore inestimabile, che interessa a un bel po’ di gente, tutta priva di scrupoli. A complicare le cose c’è anche una statuetta falsa, molto simile a quella originale.

Il quarto romanzo, “La chiave di vetro” (1930 in rivista, 1931 in volume) non ha più al centro un detective, ma un giocatore d’azzardo che fa il tirapiedi per un boss malavitoso ed è incaricato da questo di indagare su un delitto che può fargli saltare il matrimonio con la figlia di un importante politico, fondamentale per coprirsi le spalle.

La fama che ha raggiunto lo ha fatto ingaggiare come soggettista e sceneggiatore dal produttore cinematografico Darryl F. Zanuck. Nel novembre del 1930, durante un ricevimento nella sfarzosa residenza di questo, Hammett conosce una ragazza diversa da tutte le altre che gli sono capitate fino ad allora. Si chiama Lillian Hellman, ha 24 anni ed è la disperazione della sua ricca famiglia di origini ebree, dopo che si è fatta cacciare dall’università e si è messa in testa di diventare un’artista. Lillian è la tipa che, quando vuole qualcosa, se la prende: lo scrittore non farà eccezione. Benché lei sia già sposata con uno sceneggiatore, i due si conoscono nella tarda serata e prima dell’alba si ritrovano già in intimità sui sedili dell’auto di lei.

Potrebbe essere una delle tante facili conquiste che, dall’inizio del successo letterario, sono diventate una piacevole abitudine per Hammett. Invece Lillian si rivela, da subito, una che emerge dalla massa. È una donna non particolarmente attraente, piuttosto mascolina nell’aspetto, anche se è abilissima a truccarsi e a vestirsi. Ma il suo fascino sta soprattutto nel carattere di una che fuma, beve e dice parolacce come un uomo. E come un uomo alza le mani, quando è il caso.

Lillian Hellman nel 1935

Fotografia di Hal Phyfe da “The Stage magazine” di Pubblico dominio condivisa via Wikipedia

La più spietata delle sue biografe, Elizabeth Abbott, che le dedica un capitolo in “Storia delle altre”, definisce Lillian Hellman una bugiarda incallita, una traditrice inveterata, un’opportunista capace di tutto. Secondo la Abbott, Lillian ha il potere di far emergere i lati peggiori di Hammett, provocandolo quando lui ha bevuto e i suoi freni inibitori sono allentati. In questi casi emerge il passato tutt’altro che educato nascosto dietro i modi signorili di Hammett, e Lillian prende un sacco di botte. Ma, a quanto pare, a lei questo non dispiace: lo mette in conto per continuare la relazione. Si è resa conto che Hammett è l’unico grande scrittore con il quale può avere una storia e ne ha fatto il suo Grande Amore Nella Vita. Un Grande Amore molto particolare, dato che i due si tradiscono a vicenda senza scrupoli, anzi è l’unico punto su cui non fanno polemiche. Tra le tante cose, per stare vicino a Hammett, Lillian divorzia dal marito, ma non smette di andarci a letto.

Sarà una storia infelicissima, segnata (sempre secondo la Abbott) dalla crudeltà di Hammett e dalla doppiezza della Hellman, ma anche molto produttiva. Si racconta che, molto tempo dopo, a una conoscente che le chiedeva per quali ragioni sopportasse un uomo tanto impossibile, Lillian abbia risposto elencando le opere di successo che ha scritto quando stava con lui.

Hollywood ha disintegrato il carattere di diversi talenti letterari: Hammett non fa eccezione. Della sua esperienza di sceneggiatore, Lillian ricorderà, molto tempo dopo, soltanto le nottate passate da entrambi a ubriacarsi insieme ad amici in mezzo ai quali spicca un altro grande scrittore, William Faulkner (premio Nobel per la Letteratura nel 1949), anche lui cooptato dagli studios.

A un certo punto, Hammett rischia addirittura di morire per le conseguenze del troppo alcol ingurgitato. Allora, per un certo periodo, smette di bere, si rimette alla macchina da scrivere e, uno dopo l’altro, scrive un romanzo breve che uscirà solo in rivista nel 1933 (bisognerà aspettare gli anni ’80 per vederlo finalmente in volume), “Donna al buio”, incentrato sul riscatto morale di una mantenuta e di uno scagnozzo davanti alle inutili violenze di un gangster, e il suo ultimo romanzo pubblicato, “L’uomo ombra” (1933 in rivista, 1934 in volume), i cui protagonisti sono un ex detective e la sua ricca moglie, intenti a indagare su un omicidio commesso nel jet set newyorkese. Da questo libro sarà tratto quasi subito un film di enorme successo interpretato da William Powell e Myrna Loy, che avrà cinque seguiti, di cui solo i primi due basati su soggetti di Hammett.

L’ultimo romanzo di Hammett, “Tulip”, un’opera autobiografica, resterà incompiuto, allo stadio di frammento. Dopo “L’uomo ombra”, Hammett non pubblicherà più niente. Svolgerà lavori minori anche se originali, come curare un’antologia di racconti fantastici scritti da altri autori e sceneggiare i primi numeri di un fumetto d’avventura, ma li mollerà presto.

Copertina del romanzo “The Thin Man” (in italiano “L’uomo ombra”)

Fotografia di sconosciuto pubblicata da Knopf di Pubblico dominio condivisa via Wikipedia

Cosa è sopraggiunto a inaridire improvvisamente la sua creatività?

Sembra che, a un certo punto, gli sia venuta la voglia di scrivere una vicenda ispirata a un torbido caso di cronaca dell’800, la storia di una scuola chiusa dopo che una delle allieve si era inventata che le due insegnanti che la gestivano intrattenevano un rapporto omosessuale tra loro. Ma in quel periodo, aveva poca voglia di scrivere. Allora propone il soggetto a Lillian, che vi si butta sopra a corpo morto e ne ricava un dramma. Lui però la costringe a rifarlo più volte, criticandola in toni così feroci che lei arriva a minacciare il suicidio per la disperazione. Nonostante queste premesse, l’opera, “The children’s hour” ha un successo enorme (ripetuto dal film che ne fu ricavato nel 1961, “Quelle due”, con Audrey Hepburn e Shirley McLaine) e Lillian pensa di essere finalmente arrivata. Il dramma successivo, “Day to come”, lo scrive senza passare per le stressanti critiche di Hammett. Il rapporto tra i due è in crisi, dopo che nel 1937 lei ha rifiutato di sposarlo e abortito il figlio che avevano concepito insieme.

Portato in scena, il nuovo dramma è un fiasco terrificante. Lillian deve tornare umilmente da lui, pregandolo di aiutarla nella stesura di una nuova opera. Lui riprende a massacrarla di critiche e sembra che, almeno alcune parti, le scriva al suo posto (alcuni biografi hanno addirittura lanciato l’ipotesi che tutte le migliori cose attribuite alla Hellman siano state scritte da Hammett, da cima a fondo). “Le piccole volpi”, la nuova opera, riporta il nome di Lillian Hellman al successo nel 1939.

I due vivono di nuovo insieme in un ranch. Non c’è più intimità tra loro e ormai Lillian è formalmente la proprietaria di tutto. Lei cerca di convincerlo a prestare più attenzione alla propria salute, ma l’unica cosa che convince Hammett a farsi curare è lo scoppio della Seconda guerra mondiale. Si rimette in sesto e, a forza di interessare amici influenti, riesce a farsi arruolare nell’Esercito. Alla sua età, è impensabile che sia inviato al fronte. È destinato al controspionaggio, in una sede delle isole Aleutine.

A quel punto, però, salta fuori che la CIA lo tiene da tempo sotto controllo. Infatti, Hammett, ormai una persona diversissima dal ragazzo che si infiltrava tra gli operai del Montana per far saltare gli scioperi, è diventato un comunista e non lo ha mai nascosto. Per questo, lo spostano dal controspionaggio alla redazione di un giornale per le truppe. Svolge questo compito con impegno dal 1942 al 1945 e sarà congedato con una menzione d’onore.

Il servizio per la patria gli servirà a poco quando, per le sue convinzioni politiche, sarà travolto dall’ondata di paranoia collettiva del maccartismo. Quando la Commissione per le Attività Antiamericane comincia a perseguitare gli artisti e gli intellettuali non allineati, entra a far parte del “Comitato per i diritti civili”, che raccoglie fondi per la difesa legale delle persone inquisite senza ragione. Gli viene affidata proprio l’amministrazione del fondo, del quale si occupa con molto scrupolo. Con i soldi raccolti, nel 1949, paga la cauzione per undici uomini incarcerati senza alcuna prova, solo per le convinzioni politiche che hanno espresso. Gli undici vengono condannati lo stesso, ma quattro di loro scappano prima di essere rimessi in carcere.

Le isole Aleutine

Fotografia di Pubblico dominio condivisa via Wikipedia

Il 9 luglio 1951, Hammett compare davanti al Tribunale distrettuale di New York per testimoniare sull’origine e l’uso dei finanziamenti del Comitato. Si rifiuta di rispondere a tutte le domande e, appena terminata l’audizione, viene arrestato, processato e condannato per oltraggio alla corte. Trascorre cinque mesi e mezzo in galera e, quando ne esce, secondo quanto scriverà Lillian anni dopo, “il carcere aveva reso più magro un uomo magro, più malato un uomo malato”. Lei anche ha rischiato grosso, ma lui è riuscito a tenerla fuori, così se n’è andata prudentemente in Europa finché il peggio è passato.

Il Tribunale non si è limitato a mettere Hammett in galera: lo ha condannato alla damnatio memoriae. I suoi libri sono stati ritirati dal commercio e perfino dalle biblioteche pubbliche. Sarà vietato ristamparli fino a dopo la sua morte. Lillian, che ha continuato a lavorare nel cinema come sceneggiatrice, è finita sulla lista nera ma lavora sotto nome falso, però guadagnando meno di un decimo di prima. L’ufficio imposte accusa entrambi di tasse non pagate e cerca ogni pretesto per sequestrare loro qualunque cosa. Fanno giusto in tempo a vendere il ranch, poi vanno a vivere in case separate. Quella di Hammett è molto piccola e fredda, al punto che, d’inverno, per riscaldarsi, deve bruciare nel camino i libri che Lillian gli manda per passare il tempo, dopo averli letti. Quando le cose gli andavano bene, ha prestato e regalato soldi a chiunque glieli chiedesse, ma adesso ha il vuoto intorno. Lui stesso dice a Lillian, che gli propone di contattare alcuni conoscenti presso i quali può vantare notevoli crediti, che non ne vale la pena. Perché?, chiede lei. Perché sono delle merde, risponde, secco. Per fortuna arrivano altri soldi dagli allestimenti dei drammi di Lillian in Europa. I guadagni di Hammett per le traduzioni dei suoi libri all’estero vengono invece sequestrati dal fisco.

Nell’autunno del 1958, comincia a soffrire di quello che sembra un normale reumatismo alla spalla. Invece le radiografie evidenziano che ha un tumore a un polmone. Del resto, ha sempre fumato molto e la tubercolosi non è mai definitivamente guarita. Anche se Lillian lo tiene all’oscuro della diagnosi, si sente sempre più debole e accetta di trasferirsi da lei, che non ha nessuna voglia di occuparsi di un malato ma ha bisogno di lui per scrivere un nuovo dramma, “Giocattoli in soffitta”. Ma stavolta Hammett non ha la forza di imporsi e Lillian fa di testa sua. La prima va così così e, dopo, lui la accusa con parole dure, in pubblico, di non essere capace di nulla. Sorprendendo tutti i presenti, Lillian non reagisce.

In compenso, gli chiede di scrivere qualcosa per ricordare ai posteri che lei è stata il suo Grande Amore Nella Vita. Hammett rifiuta e allora lo scrive lei, senza risparmiare le espressioni strappalacrime (“non c’è poesia che possa cantare questo amore…” “non sapevo quale tesoro possedevo…”). Dopo qualche insistenza, Hammett accetta almeno di firmarlo.

All’inizio del 1961 il male aggredisce il cervello e Hammett comincia a mostrare segni di dissociazione mentale, per cui Lillian deve assumere delle infermiere per farlo assistere a tempo pieno. Se non altro, in precedenza, ha avuto l’accortezza di fare testamento e nominarla esecutrice testamentaria. Poco prima, a lei che continuava a porgli domande sulla sua gioventù perché intenzionata a scrivere una sua biografia, Hammett ha risposto sarcasticamente: “Immagino. Scriverai la storia di Lillian Hellman con qualche saltuario rifermenti a un amico, un certo Hammett”. Lillian non scriverà mai la biografia di Hammett, ma il suo principale scritto che lo ricorda si intitola proprio così, “Un amico, un certo Hammett”.

Tomba di Dashiell Hammett al cimitero nazionale di Arlington

Fotografia di Astrochemist – Own work di Pubblico dominio condivisa via Wikipedia

Dopo pochi giorni, Hammett scivola nel coma e muore il 10 gennaio 1961.

Al funerale, Lillian non invita nemmeno le figlie di Hammett: ora che lui non può più fare resistenza, è solo suo, lo ha completamente monopolizzato.

La stessa patria che lo ha mandato in galera per le sue idee lo seppellisce con tanto di picchetto d’onore nel cimitero militare nazionale di Arlington, in Virginia, perché è pur sempre un reduce di due guerre.

Lillian gli sopravvive fino al 1984. Per il teatro non scrive più nulla e firma, dopo la scomparsa di Hammett, una sola sceneggiatura, però riuscitissima, quella del film “La caccia” (1965) con Marlon Brando, Robert Redford e Jane Fonda. Scrive diversi testi autobiografici che, secondo i biografi successivi, sono in gran parte inventati (ad esempio, non cita nemmeno una volta l’ex marito, Arthur Kober) e glorificano instancabilmente la sua relazione con Hammett. Dal meno importante di questi testi, “Pentimento”, che ricorda la figura di un’amica pacifista trucidata dai nazisti in Europa, sarà tratto un film di grande successo, “Julia”, con Jane Fonda, Vanessa Redgrave e Jason Robards (Robards, che interpreta proprio Hammett, e la Redgrave, vinceranno anche l’Oscar come migliori caratteristi).

Fino a quando Lillian è in vita, qualunque studioso voglia scrivere di Hammett deve passare da lei per accedere alle carte dello scrittore, e lei concede il permesso solo a quelli che si uniformano alla sua versione. Solo dopo la sua scomparsa, sarà possibile scrivere liberamente di Dashiell Hammett. Anche per questo, i biografi sono sempre stati molto duri con lei, probabilmente esagerando, almeno qualche volta, sulla natura del suo rapporto con Hammett.

Roberto Cocchis

Barese di nascita, napoletano di adozione, 54 anni tutti in giro per l'Italia inseguendo le occasioni di lavoro, oggi vivo in provincia di Caserta e insegno Scienze nei licei. Nel frattempo, ho avuto un figlio, raccolto una biblioteca di oltre 10.000 volumi e coltivato due passioni, per la musica e per la fotografia. Nei miei primi 40 anni ho letto molto e scritto poco, ma adesso sto scoprendo il gusto di scrivere. Fino ad oggi ho pubblicato un'antologia di racconti (“Il giardino sommerso”) e un romanzo (“A qualunque costo”), entrambi con Lettere Animate.