Gli anni ’20 del secolo scorso furono un periodo di cambiamenti sociali e politici un po’ in tutto il mondo: per gli Stati Uniti erano i ruggenti anni ’20, l’età del jazz raccontata da F.S. Fitzgerald, che si concluse con il crollo di Wall Street, nel 1929. Intanto in Italia Mussolini faceva la sua Marcia su Roma, e in Germania la Repubblica di Weimar non riusciva a risolvere gli enormi problemi del paese, dove l’iperinflazione aveva raggiunto livelli tali che le banconote, senza più nessun valore, venivano usate per accendere il fuoco. Le onerose condizioni post-belliche, imposte alla Germania dai vincitori della 1ª Guerra Mondiale, con il Trattato di Versailles, rendevano praticamente impossibile una ripresa economica del paese: i tedeschi dovevano cedere tutte le loro colonie; pagare, per le riparazioni di guerra, una cifra stratosferica (132 miliardi di marchi oro); addossarsi tutte le responsabilità per lo scoppio del conflitto; cedere alcuni territori ai paesi confinanti; infine dovevano ridurre drasticamente le loro Forze Armate (solo sei navi, niente aviazione, e un numero di soldati non superiore a centomila).
Germania, Austria e Ungheria non parteciparono alla stesura del trattato, furono semplicemente obbligate a firmarlo
Reduci di guerra, operai che perdevano il lavoro, e un incalcolabile numero di disoccupati, non riuscivano a rassegnarsi al fatto che il nuovo governo tedesco avesse accettato delle condizioni così umilianti, oltreché economicamente insostenibili.
Anton Drexler
Anton Drexler (1884-1942), un fabbro nato a Monaco di Baviera, uno dei tanti operai tedeschi insoddisfatti, diede inizio a quella catena di eventi che avrebbe condotto alla seconda guerra mondiale.
Drexler non aveva combattuto durante il primo conflitto mondiale, perché ritenuto inabile, ma durante quegli anni aveva aderito a un partito nazionalista interventista. Quando non ci fu più nessuna guerra da sostenere, il fabbro incanalò il suo fervore patriottico nella formazione di un nuovo partito: nel 1919 fondò il “Partito Tedesco dei Lavoratori” (DAP), che non aveva un vero programma politico, ma cercava consensi tra coloro che condividevano idee “razziste, antisemite, nazionaliste, anticapitaliste e anticomuniste”.
Simbolo del Partito Tedesco dei Lavoratori
Il nuovo partito, di cui Drexler era presidente, non aveva un piano preciso per risollevare la disastrosa situazione economica del paese, ma prometteva che, una volta tolte di mezzo le cospirazioni ebraiche, bolsceviche e capitaliste, tutte responsabili della sconfitta in guerra, la Germania sarebbe tornata in breve al suo antico splendore.
Drexler scrisse un libro, “Il mio risveglio politico. Diario di un operaio socialista”, che influenzò molto i movimenti popolari di quei tormentati anni. Non era però un grande oratore, e la partecipazione alle prime riunioni pubbliche del partito era veramente bassa: solo 10 persone erano presenti alla prima presentazione pubblica, nel maggio del 1919, mentre a settembre dello stesso anno, gli iscritti al partito erano solo 41.
In quel settembre del 1919 però, esattamente il giorno 12, successe una cosa che avrebbe cambiato il destino di quell’insignificante partito, e del mondo intero: le forze armate della Repubblica di Weimar, molto debole politicamente, temevano anche i piccoli gruppi d’opposizione. Fu così che decisero di inviare un soldato che, in incognito, partecipasse ad una riunione del DAP. La scelta cadde sul caporale Adolf Hitler, che non si limitò ad ascoltare, ma contribuì attivamente alla discussione, dando sfoggio delle sue qualità di oratore. Alla fine della riunione, Drexler mise nelle mani di Hitler una copia del suo libro, e gli chiese di aderire al partito. Il futuro fuhrer era inizialmente titubante, ma in seguito agli ordini dei suoi superiori presenziò alle riunioni. Fu iscritto con il numero 555 (ma il conto era iniziato da 501…), diventando subito membro del comitato direttivo e poco dopo responsabile della propaganda.
Come scrisse Hitler stesso nel Mein Kampf: “…avendo io declinato in quell’occasione le mie generalità e l’indirizzo abitativo, ricevetti per posta una cartolina recante la comunicazione ch’ero stato a mia insaputa iscritto al DAP e inserito nientemeno che nel suo comitato direttivo! Non mi opposi e non avrei più potuto, voluto o dovuto tornare indietro“.
La tessera di iscrizione al DAP di Adolf Hitler
A febbraio del 1920, su proposta di Hitler, il DAP cambiò nome in Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori (NSDAP), e presentò il programma “dei 25 punti”, che prevedeva, tra le altre cose, la negazione della cittadinanza agli ebrei. Un anno dopo, il 29 luglio 1921, durante un’assemblea straordinaria, Hitler strappò la leadership a Drexler, al quale fu concesso l’incarico puramente formale di presidente onorario.
Una riunione dei primi aderenti al DAP – 1922
Fonte immagine: Wikimedia Commons / Bundesarchiv 119-5519 – CC BY-SA 3.0
Sotto la guida di Hitler, il piccolo insignificante DAP divenne la forza politica che avrebbe scatenato il secondo conflitto mondiale e portato la Germania verso un’altra disastrosa sconfitta, arrivata però solo dopo l’orrore dei campi di sterminio. Drexler non fu costretto ad assistere a questa nuovo crollo del suo paese:
morì per cause naturali, dimenticato da tutti, nel 1942
Marcia di Nazionalisti – Monaco – 1923
Fonte immagine: Wikimedia Commons / Bundesarchiv, Bild 146-1971-090-08 / Graudenz, John / CC-BY-SA 3.0
Sotto, un manifesto di un comizio di Hitler del 27 Febbraio 1925, presso la Bürgerbräukeller, una birreria di Monaco:
Dove non specificato, le immagini sono di Pubblico Dominio. Fonte: William L. Shirer – Storia del terzo Reich.