Da Shakespeare a Frida Kalho: 7 casi in cui l’isolamento favorì il Genio

Tra i tanti devastanti effetti della pandemia da Coronavirus c’è anche quello della chiusura di cinema e teatri, con tutte le prevedibili e non rosee conseguenze sul loro futuro.

Anche se può sembrare un tema di stretta attualità, in realtà già un autore del calibro di William Shakespeare aveva dovuto fare i conti con un’emergenza del genere, e a più riprese:

I teatri di Londra furono spesso chiusi durante le diverse ondate di peste che colpirono la città

Nei primi decenni del 1600 i teatri della capitale inglese erano più spesso chiusi che aperti, e la compagnia teatrale del grande tragediografo, attore egli stesso, patì molto, tanto da doversi affidare, per sopravvivere, alla generosità degli estimatori.

William Shakespeare

Intanto però Shakespeare non sta lì ad autocommiserarsi: durante i mesi d’isolamento scrive, una dietro l’altra, tre delle sue opere “maggiori”: Re Lear, Macbeth, Antonio e Cleopatra. Niente male per qualche mese di quarantena…

E non fu certo il solo ad impiegare al meglio il tempo passato in isolamento. Ci sono molti personaggi conosciuti che hanno tirato fuori la loro creatività durante più o meno lunghi periodi di solitudine dovuti ai più svariati motivi: epidemie, guerre, esilio…

Isaac Newton e la Forza di Gravità

Nel 1665 Newton, ad appena 23 anni e fresco di laurea, deve lasciare il Trinity College di Cambridge perché l’Università chiude a causa della Grande Peste. Si rifugia nella casa di campagna della sua famiglia, a Woolsthorpe, e lì, mentre si riposa sotto a un albero di mele, osservando un frutto che cade, elabora nientemeno che la teoria sulla legge di gravità.

Woolsthorpe Manor

Immagine di DeFacto via Wikipedia – licenza CC BY-SA 4.0

L’albero dal quale pare sia caduta la famosa mela di Newton, del quale abbiamo parlato nell’articolo dedicato:

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Immagine di Fritzbruno via Wikipedia – licenza CC BY-SA 3.0

Victor Hugo e I Miserabili

Lo scrittore francese, ostile al nuovo imperatore Napoleone III, è costretto all’esilio. Prima ripara a Bruxelles e poi sull’Isola di Jersey, nel Canale della Manica.

Lo scrittore in esilio, sullo “scoglio dei proscritti”

Durante quegli anni difficili scrive, tra l’altro, “I Miserabili” e “L’uomo che ride”, mentre il suo animo è lacerato: “L’esilio non mi ha distaccato solo dalla Francia, mi ha quasi distaccato dalla Terra”.

Sigmund Freud

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Il padre della psicoanalisi fu costretto a lasciare Vienna nel 1938, per non cadere, da ebreo, vittima del regime nazista. Anziano, stanco e malato, arriva a Londra, dove, in una corsa contro il tempo e il cancro che lo sta divorando, finisce la sua ultima opera, “Compendio di Psicoanalisi”, che viene pubblicato postumo.

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Frida Khalo

273 giorni a letto: ad appena sei anni, per una malattia scambiata per poliomielite, inizia il travagliato percorso di vita di Frida Khalo. Poi, a 18 anni, un tragico incidente le cambia l’esistenza. Il suo corpo è spezzato (spina dorsale, osso pelvico, costole, femore, anca) e la ragazza non può muoversi, è costretta ad anni di riposo, a letto, con un busto di gesso.

Ma la sua volontà non si spegne, così come la voglia di andare avanti e la passione per la pittura. I genitori le allestiscono un letto con uno speciale cavalletto per dipingere anche da sdraiata, e uno specchio a soffitto, per consentirle di realizzare i suoi numerosi autoritratti. Di lei rimarranno famose le parole: “Dipingo me stessa perché passo molto tempo da sola e sono il soggetto che conosco meglio”.

La sedia a rotella e il cavalletto regolabile usati negli ultimi anni

Immagine di Martinica.Ferrara via Wikipedia – licenza CC BY-SA 4.0

Perfettamente conscia della sua situazione, non si arrende al dolore e alle menomazioni fisiche:

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Piedi, per cosa ho bisogno di voi se ho le ali per volare?

Le trincee della Prima Guerra Mondiale

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Non sono certamente opere d’arte, ma rappresentano indubbiamente la forza della creatività, che si esprime anche nei momenti e nelle situazioni più difficili e pericolose.

Perfino nelle fangose trincee usate durante la prima guerra mondiale, le persone non si arrendevano all’orrore e trasformavano quei rifugi in qualcosa di diverso, di più umano, per non soccombere alla follia della guerra, realizzando numerose opere d’arte che oggi sono un vero e proprio pozzo d’informazioni riguardo la vita di quel drammatico periodo.

Dante e la Divina Commedia

Cosa c’entra Dante e la sua Divina Commedia con l’isolamento? La più grande opera della letteratura occidentale fu composta nel corso di circa 15 anni, durante il lungo esilio del poeta da Firenze, trascorso tra la Lunigiana, Forlì, Verona, e alla fine alla corte dei Da Polenta di Ravenna. Anche se trascorsi in città amiche, non dovettero essere anni facili   quelli dell’esilio, se il poeta scrisse, nel 17° canto del Paradiso, quei versi che (ovviamente composti a posteriori), pronunciati da un suo lontano avo, gli rivelavano il suo destino di esule:

“Tu proverai sì come sa di sale
lo pane altrui, e come è duro calle
lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale.”

Eppure, proprio da quella amara esperienza di esilio da Firenze è nata l’opera fulcro della letteratura italiana: l’immortale Divina Commedia


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