Da Schiava a Regina: Roxelana e l’amore di Solimano il Magnifico

In un giorno imprecisato dei primi anni del Cinquecento, il Kızlar Ağası chiamò a sé una schiava dai capelli rossi e le comunicò che Solimano il Magnifico l’aveva scelta per giacere con lui. L’intero harem ebbe un gran da fare, perché la ragazza non aveva mai concesso le sue grazie al sovrano ed era un privilegio che apparteneva a poche. Cominciarono i preparativi e tutte si presero cura di lei. La lavarono, vestirono e profumarono; qualcuna le svelò un trucchetto o due per appagare il sultano, qualche altra si limitò a far buon viso a cattivo gioco.

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Dopotutto l’invidia era più che comprensibile. Infine, il sole tramontò. Roxelana varcò la soglia della camera da letto del sultano e quando le porte si chiusero nessuno sa cosa accadde di preciso.

Eppure, quella notte la storia dell’Impero Ottomano cambiò per sempre

Il Palazzo di Topkapı ai tempi di Selim II, successore di Solimano – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Prima di scoprire l’incredibile, e impensabile, storia d’amore fra Roxelana e Solimano, è bene spendere qualche parola sul luogo dove tutto ebbe inizio. L’harem imperiale era una sorta di macro-società a sé stante ed era ubicato nel Palazzo di Topkapı di Istambul, ovvero la residenza del sultano, dove occupava una sezione molto ampia dell’edificio. Al suo interno vivevano un numero variabile di schiave, la cui sorveglianza spettava agli eunuchi. Perché venissero castrati è facile da intuire: solo il sultano poteva avere rapporti con le donne dell’harem e prevenire era meglio che curare. Il loro capo era il Kızlar Ağası, anche detto “maestro delle fanciulle”.

Il Kızlar Ağası (a sinistra) in un’illustrazione del XIX secolo – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Il sultano, però, non giaceva con tutte ragazze, ma, al contrario, essere oggetto delle sue attenzioni era un privilegio di una cerchia ristretta. In virtù di ciò, vi era una sorta di gerarchia sociale. C’erano le semplici schiave, ossia coloro che non avevano dilettato il sovrano con le loro grazie, e le concubine. Fra quest’ultime spiccava la haseki, la favorita, colei che aveva partorito il primo figlio maschio e, quindi, il futuro sultano. Infine, in cima alla piramide sociale, vi era la Valide Sultan, ovvero la madre del sovrano che, prima dell’avvento di Roxelana, era la figura femminile più importante dell’Impero, anche se è bene sottolineare che la sua parola non aveva alcun peso politico.

L’harem imperiale in un dipinto francese del XIX secolo – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

A quei tempi, la massima aspirazione di una donna dell’harem era proprio quello di generare il futuro sultano e solo la sua eventuale ascesa al trono le avrebbe permesso di elevarsi al di sopra delle altre. In virtù di ciò, la tradizione prevedeva che il sultano si accoppiasse con ciascuna concubina finché questa non partorisse un figlio maschio. In quel caso, la donna in questione continuava a vivere nell’harem, ma senza più alcun rapporto sessuale. Il perché segue una logica dinastica. Ogni figlio del sultano era legittimo, anche se nato da una schiava, e il principe ereditario era sempre il primo maschio. Nel caso di una morte prematura, si scalava di gerarchie e il titolo passava al secondo, al terzo e via dicendo. Tuttavia, ognuno doveva essere di una madre diversa per non creare troppi conflitti fra le donne e, inoltre, il nuovo sultano aveva il diritto di uccidere i fratellastri per scongiurare eventuali guerre di successione.

Illustrazione dell’harem imperiale – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Ogni principe veniva educato come un futuro Re, e a 15/16 anni il sultano lo mandava a governare una provincia dell’Impero come apprendistato. In quel frangente, ciascuna concubina iniziava una nuova fase della sua vita. Secondo l’etichetta ottomana, doveva abbandonare l’harem e seguire il figlio. L’unico modo che aveva per farvi ritorno era diventare una Valide Sultan, quindi una regina madre. Tutte queste tradizioni andavano avanti da secoli, ma nel Cinquecento qualcosa cambiò.

Per amore di Roxelana, Solimano le infranse una ad una

Roxelana e Solimano in un dipinto del Settecento – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Roxelana è una figura storica molto complessa. Di lei esistono numerosi ritratti, ma sono il frutto di ipotesi visive dei vari artisti, perché nessuno di loro ebbe modo di incontrarla. Di conseguenza il suo vero aspetto ci è ignoto. Della prima parte della sua vita sappiamo molto poco e le fonti divergono sia sul nome sia sulle origini. A Istanbul era conosciuta come Hürrem, dal persiano “l’allegra”, ma era un appellativo datole da Solimano per sottolinearne il carattere solare.

Roxelana in un dipinto attribuito a Tiziano Vecellio – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Per l’ambasciatore fiammingo Ogier Ghislain de Busbecq era originaria della Rutenia, una regione storica dell’Ucraina, e da lì deriverebbe Roxelana, ovvero come la conosciamo in occidente. Al contrario, sul fronte orientale, una vecchia canzone popolare cantava la storia della figlia di un prete ortodosso della città di Rohatyn. Il suo nome era Anastazja Lisowska e i tartari l’avevano rapita e venduta come schiava per l’harem del sultano. Quest’ultima è la teoria più accreditata sulle sue origini.

La statua di Roxelana a Rohatyn (Ucraina), sua presunta città d’origine – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Si presume sia nata in un periodo compreso fra il 1502 e il 1506. I tartari la catturarono intorno al 1515 e la vendettero al mercato di Caffa. Da lì la portarono a Istanbul e la madre di Solimano, la Valide Sultan Hafsa, la acquistò per l’harem del figlio, all’epoca ancora principe ereditario. Roxelana aveva circa diciassette anni quando entrò nel Palazzo di Topkapı, ma non divenne subito una concubina. Prima ancora di salire al trono, Solimano aveva già una favorita, l’albanese Mahidevran, che aveva partorito il suo primo figlio maschio, Şehzade Mustafa. Dopo la Valide Sultan era lei la donna più importante dell’harem. Il 30 settembre del 1520 Solimano succedette a suo padre Selim I e, non si sa come, notò Roxelana. La donna giacque con lui come da tradizione, ma non fu un semplice atto carnale. Il sultano e la schiava si innamorarono l’uno dell’altra e da quel giorno ebbe inizio una grande storia d’amore.

Selim I, padre di Solimano il Magnifico – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

In teoria, la favorita era sempre Mahidevran; nei fatti, Solimano iniziò a trascurare tutte le donne dell’harem e a concentrare le sue attenzioni su Roxelana, che attirò a sé l’invidia e la gelosia delle altre. È plausibile che fin dall’inizio Mahidevran intuì che fra la rivale e il sultano ci fosse qualcosa di profondo, che andava oltre il piacere carnale, e cercò in tutti i modi di soppiantarla. Si narra che la Valide Sultan ebbe un gran bel da fare a quei tempi e, pur avendo Roxelana in simpatia, era costretta a sedare il malcontento di Mahidevran. La faida fra le due concubine raggiunse l’apice con un episodio che l’ambasciatore veneziano Bernardo Navagero descrisse come un evento che mandò Solimano su tutte le furie.

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«Mahidevran insultò Hürrem, le graffiò il viso, le strappò i capelli e anche i vestiti. Dopo poco Hürrem venne invitata nella camera da letto del sultano e, rifiutandosi di apparire davanti agli occhi del suo padrone in quello stato, venne convocata per dare spiegazioni. Solimano chiamò subito Mahidevran, chiedendole se Hürrem avesse detto la verità. Mahidevran sostenne di essere lei la prima donna del sultano, che le altre concubine dovevano ubbidire a lei e che fece poco a Hürrem, doveva sfigurarla ancora di più».

Solimano in un quadro della bottega di Tiziano Vecellio – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Solimano non resse alla vista del volto deturpato della donna che amava e spedì anzitempo Mustafa a Manisa. Formalmente, il principe ereditario doveva governare la città in virtù del consueto apprendistato riservato agli eredi ottomani, ma, come da prassi, Mahidevran andò con lui e abbandonò l’harem.

La sua fortuna stava tramontando; quella di Roxelana albeggiava

Ritratto immaginario di Roxelana – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Con l’uscita di scena della rivale, la vera favorita del sultano ebbe campo libero e proseguì nella sua ascesa al trono. Nel 1521 partorì Mehmet, primo figlio della sua unione con Solimano, e la tradizione prevedeva che si fermasse lì. Invece, diede alla luce una femminuccia, Mihrimah, e altri quattro maschi: Abdallah, Selim, Bayezid e Cihangir.

Mihrimah, secondogenita di Solimano e Roxelana – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

A Istanbul le trombe suonavano quasi ogni anno e l’annuncio di un nuovo principe divenne una sorta di ricorrenza. Lo stesso Solimano accoglieva con gioia ogni figlio che gli dava Roxelana e non si curava delle leggi dell’harem: quella donna dai capelli rossi era tutto ciò che voleva, era l’amore della sua vita. Ma la possibilità di partorire più di una volta non fu il solo strappo alla regola. Roxelana non abbandonò mai il Palazzo di Topkapı e il sultano la tenne sempre al suo fianco, anche quando, in teoria, avrebbe dovuto accompagnare i figli nella provincia che gli veniva assegnata al raggiungimento della maggiore età. Ovviamente, il popolo e i dignitari di corte non capivano cosa stesse succedendo. C’erano delle tradizioni che di volta in volta venivano ignorate e, nell’immaginario comune dell’epoca, Roxelana divenne una sorta di strega, che aveva ammaliato il monarca con riti esoterici o filtri d’amore. Il malcontento nei suoi confronti raggiunse l’apice nel 1529. L’invincibile armata ottomana subì una pesante sconfitta alle porte di Vienna e fra i soldati si sparse una voce:

Allah li stava punendo per la condotta immorale di Solimano

Solimano il Magnifico in un ritratto di Tiziano Vecellio – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Al sultano, però, non importavano le dicerie e più gli anni passavano, più Roxelana assumeva un ruolo di primo piano. L’ambasciatore veneziano Pietro Bragadin raccontò un aneddoto che ben riassume il potere della donna. Un giorno, un dignitario ottomano regalò al sultano e a sua madre due schiave di origini russe. A sua volta, la Valide Sultan donò la sua schiava al figlio, ma quelle due nuove presenze nell’harem fecero infuriare Roxelana. In altri tempi il sultano non avrebbe dato importanza alla gelosia di una concubina, che, tra l’altro, era una prassi all’ordine del giorno, ma l’esito fu che la Valide Sultan si scusò con Roxelana per averla offesa e riprese la schiava con sé. Dal suo canto, Solimano si sbarazzò anche dell’altra ragazza e la diede in sposa a un nobile.

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Busto della Valid Sultan Hafsa, moglie di Selim I e Solimano il Magnifico – Immagine di RKTanitim condivisa con licenza CC BY 3.0 via Wikipedia

La loro relazione sfociò in un matrimonio celebrato in pompa magna nel 1533 o nel 1534. La notizia dell’evento si diffuse in tutto l’impero e fu sinonimo di scandalo. In teoria, non esisteva alcuna legge scritta che vietava un’unione del genere, ma era dai tempi di Orhan I, vissuto nel XIV secolo, che non accadeva.

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Orhan I, sultano dal 1326 al 1362. Prima di Solimano fu l’ultimo a contrarre un matrimonio legale – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

La tradizione prevedeva che il sultano appagasse i suoi desideri sessuali con varie concubine; non che le sposasse. Come se non bastasse, Solimano creò per Roxelana un nuovo titolo: la Haseki Sultan. È bene precisare che l’appellativo “Sultan” apparteneva solo alla famiglia reale e la Valide era l’unica donna che poteva beneficarne. Ma la cosa ancora più scandalosa è che, formalmente, la haseki di Solimano era sempre Mahidevran. In parole povere, Roxelana divenne una regina a tutti gli effetti, l’equivalente turca delle consorti europee.

Roxelana in un dipinto olio su tela del XVI secolo – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Solimano era un sultano dalle grandi ambizioni e le sue mire espansionistiche lo portavano spesso lontano dal palazzo, ma nemmeno in quei casi si privava di Roxelana. Non che la facesse uscire dall’harem, però, comunicavano attraverso una fittissima corrispondenza epistolare. Alcune di queste lettere sono giunte anche ai giorni nostri e, a riprova del sentimento che li legava, entrambi manifestavano una spiccata vena poetica.

Ad esempio, Roxelana scrisse:

«Mi perdo nell’universo creato da nostro signore e vivo i migliori anni della mia vita al tuo fianco, sotto la tua protezione, come una perla in un portagioie. Ti prego di accettare la pena di questa tua miserabile schiava che soffre la tua assenza perché è solo al tuo fianco che trova pace».

E ancora:

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«Sconfiggi sempre i tuoi nemici, ma per uno scherzo del destino sei caduto dinanzi a una povera schiava e ora le strappi lacrime, la rendi felice. […] Ti mando dei miei vestiti intrisi delle mie lacrime, ti prego, indossali per me. Ti auguro salute e felicità».

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Solimano non era da meno e le scriveva poesie con lo pseudonimo di Muhibbi, amante.

«Trono della mia nicchia solitaria, mia ricchezza, mio amore, mio chiaro di luna.
Mia più sincera amica, mia confidente, mia vera esistenza, mio Sultano, mio unico e solo amore. La più bella fra le belle… Mia primavera, mio amore dal volto allegro, mia giornata, mia dolce metà, foglia che ride… Mia pianta , mia dolcezza, mia rosa, l’unica che non mi angoscia in questo mondo… […] Mia donna dai bei capelli, mio amore dalla fronte obliqua, mio amore dagli occhi pieni di malizia… Canterò sempre le tue lodi

io, amante dal cuore tormentato, Muhibbi dagli occhi pieni di lacrime, sono felice».

Solimano in una miniatura di Melchior Lorck – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

In seconda istanza, Solimano si fidava ciecamente di Roxelana ed era lei che lo teneva informato su cosa accadeva a palazzo quando era lontano. La Haseki Sultan, infatti, era molto coinvolta nella politica della Sublime Porta. Basti pensare che nessuna donna ottomana prima di lei aveva intrattenuto relazioni diplomatiche con altri regnanti. La prova del nove sono due lettere, a noi pervenute, che scrisse a Sigismondo II di Polonia.

Sigismondo II Augusto di Polonia – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Ma anche negli affari interni aveva diritto di parola e, se da un lato Solimano la considerava un consigliere a tutti gli effetti, dall’altro, nessun dignitario di corte osava inimicarsela. Il popolo la vedeva come una strega, ma Roxelana fu una grande mecenate e, oltre alla beneficenza, favorì la costruzione di moschee, ospedali, fontane e scuole coraniche, e usò la sua influenza sul sultano per far chiudere i mercati di schiavi.

Lettera di congratulazioni inviata da Roxelana a Sigismondo II Augusto di Polonia, in occasione della sua ascesa al trono nel 1549 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Nel frattempo, l’Impero Ottomano prosperava, Solimano continuava con le sue conquiste e il principe ereditario, Mustafa, cresceva sano e forte. La questione della successione divenne di vitale importanza per la Haseki Sultan, perché non voleva che, come da prassi, i suoi figli fossero uccisi nel tradizionale massacro fratricida.

Roxelana – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Le sue manovre in questo ambito iniziarono negli anni ’30 del Cinquecento. All’epoca, il Gran Visir di Solimano era Pargali Ibrahim Pascià, un dignitario ottomano che, a suon di conquiste, si era guadagnato il rispetto del sovrano e ampi poteri. Si narra che Roxelana non vedesse di un buon occhio la sua influenza sul sultano e, come se non bastasse, era un fermo sostenitore del giovane Mustafa. Non sappiamo fin dove si spinsero le iniziative personali della Haseki Sultan, ma è probabile che sfruttò a suo favore le titubanze di Solimano, incerto se condannare o meno una serie di azioni avventate del Gran Visir. L’esito fu una sentenza di morte eseguita il 15 marzo del 1536.

Pargali Ibrahim Pascià, Gran Visir dal 1523 al 1536 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Come si è detto, Pascià era un estimatore di Mustafa e non aveva dubbi che sarebbe stato lui il successore di Solimano. Con la sua uscita di scena, il giovane non ebbe più un membro di spicco della corte che lo appoggiava, ma continuò per la sua strada. Riportò una serie di successi militari che accrebbero la sua popolarità, soprattutto in Anatolia, e, in particolare, si guadagnò la fiducia dei giannizzeri, la casta d’élite dell’esercito ottomano. Tutti questi elementi consolidarono l’identità del futuro sultano, ma qualcosa, o qualcuno, spinsero Solimano a dubitare del figlio.

Şehzade Mustafa – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

A questo punto bisogna dividere la spiegazione in due linee narrative. Nel concreto, Mustafa commise una serie di impudenze che gli valsero i sospetti del padre. Ad esempio, durante la campagna contro l’Impero Persiano si attribuì un titolo che comprendeva il termine “Sultan”. Inutile dire che Solimano lo interpretò come un gesto altezzoso, come se fosse già lui il sultano. Ma non fu solo questo. Si narra che un giorno la famiglia reale ricevette la visita dell’ambasciatore austriaco e questi porse i suoi saluti prima a Mustafa. Al termine dell’incontro, poi, disse che il principe sarebbe stato un ottimo sultano e ancora una volta Solimano notò che qualcosa non andava. Adesso spostiamoci sul fronte femminile.

Una miniatura ottomana di Şehzade Mustafa – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Roxelana non voleva che i suoi figli morissero e, come qualsiasi altra concubina prima di lei, cercò di alterare la linea dinastica. Dello stesso avviso erano anche la sua secondogenita, Mihrimah, e il di lei marito, Rüstem Pascià, divenuto Gran Visir nel 1544.

Rüstem Pascià, Gran Visir di Solimano e marito di sua figlia – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Tutti loro fecero fronte comune contro Mustafa e, in un modo o nell’altro, fomentarono i dubbi di Solimano. In realtà alcune lettere ritrovate testimoniano che Mustafa stava davvero progettando, almeno a parole, un colpo di stato. Comunque sia, il sultano si convinse della pericolosità del figlio, ne decretò la condanna a morte e i soldati ottomani lo strangolarono il 6 ottobre del 1553.

La morte di Mustafa in un’illustrazione del XVIII secolo – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Ancora una volta l’opinione pubblica s’indignò e, vista la popolarità del rampollo deceduto, la fama di strega di Roxelana crebbe a dismisura. In sostanza, ottenne ciò desiderava e suo figlio Selim II succedette al padre, ma chi uscì davvero sconfitta da quell’evento fu Mahidevran.

Il sultano Selim II, figlio di Solimano e Roxelana – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Dopo che il sultano l’aveva allontanata dall’harem, tutto ciò che le era rimasto era la maternità del principe ereditario e nient’altro. Alla morte di Mustafa perse quei pochi privilegi che aveva e visse per anni nell’indigenza, finché Selim salì al trono, ebbe pietà di lei e la sostenne economicamente fino alla morte.

La tomba di Mahidevran – Immagine di Retrieverlove condivisa con licenza CC BY-SA 4.0 via Wikipedia

La sua rivale, invece, continuò a regnare al fianco di Solimano, ma la sua salute divenne sempre più cagionevole. Si narra che ai quei tempi il sultano ordinò di bruciare tutti gli strumenti musicali del palazzo, affinché nulla disturbasse il riposo del suo grande amore. Infine, la Haseki Sultan si ammalò di malaria e si spense il 15 aprile del 1558. Solimano rimase per giorni al suo capezzale e, quando Roxelana spirò, la pianse pubblicamente e giurò che non avrebbe mai toccato nessun’altra donna. Fu sepolta a Istanbul, nella Moschea di Solimano, in un mausoleo con decorazioni di pregevole fattura. Circa otto anni dopo, il marito la raggiunse e da allora riposano in due edifici adiacenti, l’uno accanto all’altra.

La tomba di Roxelana in un mausoleo della Moschea di Solimano di Istanbul – Immagine di Bernard Gagnon condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia

Col senno di poi, la Haseki Sultan fu l’iniziatrice del cosiddetto periodo del sultanato femminile. Tutti i successori di Solimano si rivelarono poco adatti a gestire la politica dell’impero e, di fatto, le loro madri detennero il potere. Roxelana fu la prima a esercitare una significativa influenza su di un regnante ottomano, ma non solo. Da semplice schiava era diventata una moglie legittima e aveva infranto ogni regola dell’antica tradizione dell’harem. Quello fra lei e Solimano fu un amore dalle mille e una notte, quasi impensabile per il contesto storico-culturale in cui fiorì. Eppure, è realtà. Non sappiamo cosa accadde quella notte, quando varcò la soglia della camera da letto del sultano, ma una cosa è certa: entrò schiava e uscì regina.


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