Coraggio a Nagasaki: la Storia del Bambino che porta il Fratellino alla Cremazione

Lo sguardo fisso, le mani adese al corpo in posizione dell’attenti, il busto teso e fermo, come il più coraggioso dei guerrieri. Il bambino in primo piano della fotografia non è un giovane volontario dell’esercito giapponese, ma un uomo che porta in spalla il fardello più pesante:

Il proprio fratellino morto, ucciso dalla violenza della bomba atomica sganciata dagli statunitensi su Nagasaki, il 9 Agosto del 1945

Appeso alla sua schiena, un bambino fra gli uno e i due anni (circa) viene sostenuto dalle fasce legate attorno al busto del ragazzo, che gli fanno assumere una posizione simile a quella di un neonato addormentato.

Il bambino più grande, rimasto ancor oggi senza un nome, tradisce la propria emozione soltanto dal morso fisso sul labbro inferiore. Egli portò il fratellino alla cremazione, come previsto dalla legge, assolvendo, anche nella situazione più drammatica, al proprio dovere. Secondo il racconto del fotografo, il giovane portantino mantenne la posizione per circa 10 minuti, poi un uomo con la mascherina, addetto alla cremazione, gli slacciò delicatamente le fasce e posizionò il cadavere sulla pira infuocata.

Il bambino rimase immobile mentre il fratellino veniva bruciato, stringendosi il labbro con tanta forza che finì per sanguinare. Una volta che il corpicino fu cremato, il piccolo si voltò dalla parte opposta e iniziò a camminare, silenziosamente.

La fotografia venne scattata da Joe O’Donnell, reporter statunitense, inviato dal proprio governo a documentare i danni dei bombardamenti fatti dagli Stati Uniti, durante il periodo di protettorato sul Giappone immediatamente successivo alla fine del conflitto. A partire dal Settembre del 1945 e per sette mesi successivi, O’Donnell scattò moltissime fotografie, ma questa fu certamente quella che divenne più celebre in tutto il mondo.

Sotto, Joe O’Donnell:

I bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki furono la soluzione finale del governo degli Stati Uniti contro la volontà del popolo giapponese di non arrendersi al nemico statunitense. Essi seguirono la campagna di bombardamenti di Tokyo, svoltasi dal ’42 al ’45, che causò approssimativamente 200.000 morti nella sola capitale del Giappone. Lo sgancio delle due atomiche sulle città nipponiche, a 3 giorni di distanza il 6 e il 9 Agosto del 1945, causò approssimativamente lo stesso numero di vittime dei bombardamenti precedenti, sterminando la popolazione locale e distruggendo interamente le città.

Dopo lo sgancio della bomba a Nagasaki, la città si presentava in questo modo:

Alcune persone non morirono immediatamente dopo lo sgancio della bomba, ma in seguito alle sue conseguenze mortali. Fra questi si annovera, probabilmente, anche il più piccolo dei due bambini della fotografia.

Matteo Rubboli

Sono un editore specializzato nella diffusione della cultura in formato digitale, fondatore di Vanilla Magazine. Non porto la cravatta o capi firmati, e tengo i capelli corti per non doverli pettinare. Non è colpa mia, mi hanno disegnato così...