Gli anni ’60 del secolo scorso hanno rappresentato quasi uno spartiacque tra l’Italia povera e rurale e quella del successivo boom economico, dove l’industrializzazione ha portato con sé, insieme a molti benefici, anche parecchi danni: una cementificazione selvaggia, l’abbandono dei terreni agricoli, e un dissesto idrogeologico di cui si pagano le conseguenze ancora oggi.
Per appagare questa smania di modernità e progresso (?) accaddero cose che ai giorni nostri, forse, non potrebbero più succedere.
Nel cuore verde della Brianza, appollaiato tra le colline, c’è Consonno, un antico borgo contadino, citato in documenti ufficiali sin dall’anno 1085, collegato al comune di Olginate solo con una mulattiera. All’inizio del ‘900 ci abitano circa 300 persone, che purtroppo però non possiedono nulla: le case e i terreni dell’intero borgo appartengono all’Immobiliare Consonno Brianza, di proprietà delle famiglie Aghilieri e Verga.

Il piccolo paese è formato da una manciata di case raggruppate attorno alla chiesa di San Maurizio, risalente al XIII secolo, la canonica, una bottega, un’osteria, e il cimitero, attorniato da un sereno paesaggio rurale, con campi, boschi e prati verdi.


La posizione panoramica del borgo – si trova su una collina alta 630 metri, da dove si possono ammirare sia il placido scorrere dell’Adda, sia la maestosa presenza del Resegone, la montagna descritta da Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi – unita alla sua vicinanza con Milano, fa scattare un’ardita idea ad un imprenditore edile dell’epoca, il Conte Mario Bagno, che fino a quel momento ha costruito strade e piste d’aeroporti nell’Italia dell’ottimismo. Il vulcanico personaggio – soprannominato Conte Amen per la facilità con la quale fa e disfa progetti – si mette in testa di realizzare una improbabile Città dei Balocchi, una sorta di Las Vegas brianzola.
Nel 1962 l’intero borgo viene acquistato dalla famiglia Bagno per la cifra di 22.500.000 lire.
Il triste destino dell’antico borgo è segnato.
L’imprenditore inizia il suo progetto realizzando una strada camionabile per collegare Consonno con Olginate. I pochi abitanti rimasti, circa 60, inizialmente pensano che lo sviluppo turistico prospettato dal Conte sarebbe stato positivo per il paese, immaginando una sua trasformazione in senso agri-turistico.

In realtà Mario Bagno fa demolire tutto il paese, risparmiando solo la chiesa e il cimitero; gli abitanti ricordano ancora oggi che le ruspe entrarono in azione mentre ancora all’interno di case e stalle c’erano persone e animali. Il sogno di una vita migliore crolla insieme ai muri delle vecchie cascine: sono tutti senza tetto e quei pochi che decidono di rimanere si devono accontentare di baracche provvisorie, come terremotati.
Ma la furia distruttrice del Conte non si limita agli edifici del paese: fa abbassare una collina che limita il panorama verso il monte Resegone e le Prealpi lecchesi.
Il vecchio portale d’ingresso, in stile medioevale

Il sogno del Conte prende corpo: nuovi palazzi, sfingi egizie, pagode, un minareto, occupano un lembo di Brianza, anacronistica Las Vegas lombarda. Tra la fine degli ’60 e i primi anni ’70 Consonno diviene un grande parco dei divertimenti, un luccicante quanto improbabile Paese dei Balocchi.
Sorgono un lussuoso hotel, ristoranti, una balera e perfino il primo esempio di centro commerciale, posto ai piedi del minareto, l’edificio che più salta all’occhio nella nuova Consonno. I turisti, tra i quali non mancano personaggi famosi dell’epoca, arrivano in massa e riempiono le tasche del conte. Qualcuno ricorda ancora di come l’unica strada fosse sempre intasata dalle automobili, e le file ai bar e nei ristoranti, le allegre feste danzanti nella balera, dove si esibiscono i cantanti più in voga del tempo.
Sotto, un articolo dell’Espresso anni ’60 su Consonno:
Consonno è il paese più piccolo ma più bello del mondo:
La natura però non si sottomette facilmente al volere degli uomini, e così il sogno di Mario Bagno si infrange per colpa di due frane, che dalla collina violentata dal troppo cemento cadono sulla strada di accesso a Consonno.
L’inverno piovoso del 1966 trasforma in fango la collina che sovrasta la strada, e una prima frana scivola sulla camionabile e sui sogni di grandezza del Conte, che ha ancora in progetto grandi cose per il suo Paese dei Balocchi: uno zoo, un autodromo, e poi campi da tennis e chissà cos’altro ancora. Bagno non si fa certo spaventare da una frana, e rimette in sesto la strada, che sarà definitivamente distrutta da un’altra frana, dieci anni, nel 1976.
Questa volta non c’è rimedio, il Paese dei Balocchi si trasforma in un paese fantasma, anche se negli anni ’80 il Conte tenta un rilancio, non riuscito, della località. Quelle attrazioni così pacchiane, quell’improbabile Las Vegas lombarda non attira più nessuno, tanto che l’imprenditore trasforma l’Hotel in una casa di riposo per anziani: da paese dei balocchi di collodiana memoria a ospizio per vecchietti confinati in un triste villaggio abbandonato, senza uno straccio di fata turchina a fare più magie.
Sotto, Consonno quando era il Paese dei Balocchi:
Sotto, il Minareto oggi, in stato di totale abbandono e degrado. Fotografia di Marco Sbroggiò condivisa con licenza CC BY-SA 4.0 via Wikipedia:
Sotto, il Grand Hotel Plaza oggi: Fotografia di Marco Sbroggiò condivisa con licenza CC BY-SA 4.0 via Wikipedia:
Nel 2007 chiude anche la casa di riposo (il conte è morto ormai da tempo, nel 1995), e da allora Consonno è un paese spettrale, anche se qualcuno ancora si ostina a dimorarvi, nonostante le incursioni di frotte di ragazzi in cerca di emozioni tipo sesso, droga ma non rock and roll: oggi sono i rave party ad animare (e finire di distruggere) il Paese dei Balocchi della Brianza.