Clitemnestra: donna forte o “mostro” di cattiveria?

Da che mondo è mondo, la guerra è sempre stata un affare sporco, perfino quando a combatterla erano quegli eroi greci rimasti nel mito per la loro forza e virtù. Anche se, a dirla tutta, la virtù passava in secondo piano rispetto alla forza e all’astuzia, eccetto forse per lo sfortunato Ettore e per il non troppo memorabile Enea (chi si ricorderebbe di lui se Virgilio non ne avesse fatto il capostipite dei Romani?).

Achille trascina il corpo senza vita di Ettore attorno a Troia – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Così, quando gli eroi achei tornano dalla guerra di Troia dopo aver incendiato e saccheggiato la città, ucciso i bambini, perché potenziali futuri nemici, violentato le donne e averle prese come schiave, come minimo si aspettano una calorosa accoglienza dalle mogli rimaste a casa, in paziente attesa, per quei lunghi dieci anni di assenza.

Agamennone seduto su una roccia mentre sorregge uno scettro, particolare da un frammento di coperchio di un lekanis attico – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Più di tutti, se lo aspetta l’oltremodo orgoglioso Agamennone, re di Micene: in fin dei conti è il vittorioso comandante supremo di tutti gli achei. Lui, però, non ha a che fare con una donna qualsiasi, ma con Clitemnestra, di sangue spartano e sorella gemella di Elena, proprio colei che, con la sua inarrivabile bellezza, è stata il casus belli di Troia.

Elena di Troia – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Clitemnestra secondo gli autori greci

Clitemnestra non godeva di grande fama tra gli autori greci, non tanto nell’Odissea di Omero, quanto tra tragediografi come Eschilo e Sofocle: viene raffigurata a tinte fosche, come una donna assetata di vendetta e vittima di una feroce gelosia; senza considerare che è una moglie fedifraga, visto che in assenza del marito ha fatto entrare nel suo letto Egisto, peraltro cugino di Agamennone.

Certo, lei ammazza il marito non appena lui rimette piede in casa, ed è subdola nel metterlo in trappola in una vasca, dove ha preparato un caldo bagno ristoratore per il guerriero stanco, per poi ucciderlo con un’ascia dopo avergli gettato addosso, a mo’ di rete, un drappo rosso. Forse è un’idea della regina, forse lei è riluttante, ma viene convinta dall’amante, che vuole regnare su Micene e vendicare la morte del padre Tieste, ucciso da Atreo, padre di Agamennone.

Egisto sollecita Clitemnestra esitante prima di uccidere Agamennone – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

La sostanza, almeno apparentemente, non cambia: Clitemnestra è una donna tanto intelligente quanto ambigua, che si scosta di parecchio dall’idea di donna greca sempre rinchiusa nel suo gineceo. Addirittura, la regina presenta aspetti del carattere quasi mascolini, tanta è la forza dei suoi sentimenti e l’abilità nell’uso di ingannevoli espedienti (vale la pena ricordare che bisogna rifarsi alla mentalità degli antichi greci).

Eppure, nonostante questo quadro così negativo, Clitemnestra ha più d’una ragione per avercela a morte con Agamennone

Clitemnestra – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

La morte di Tantalo

Intanto, perché lei, principessa spartana figlia di Tindaro, prima di incrociare la strada del re di Micene, era felicemente sposata con Tantalo, re di Pisa. Quando Agamennone (peraltro cugino di Tantalo) conquista la città, non solo ammazza il legittimo sovrano, ma pure il neonato che Clitemnestra stava allattando al seno. Non contento, stupra la regina e se la porta a Micene. I suoi fratelli, Castore e Polluce, si precipitano a Micene per vendicare l’onore della sorella, ma il furbo Agamennone ha nel frattempo chiesto il perdono a Tindaro, che acconsente alle nozze tra la sua sventurata figlia e l’assassino di suo marito e dell’innocente neonato.

Clitemnestra di John Collier – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Il sacrificio di Ifigenia

Già queste premesse non sono le migliori per un buon matrimonio, ma Agamennone va oltre. Quando tutte le navi dei greci sono radunate in Aulide, pronte a salpare verso Troia, ci mette lo zampino la dea Artemide, infuriata con Agamennone per uno sgarro che lui le aveva fatto. Il prezzo da pagare per placare l’ira divina è il sacrificio della figlia primogenita di Agamennone, Ifigenia. A onor del vero lui non vorrebbe cedere, ma tutti gli altri comandanti lo mettono sotto pressione, a partire dal fratello Menelao (marito tradito di Elena), che alla fine lo convince a mandare Odisseo – l’uomo dai mille inganni – a Micene, non certo a raccontare la storia del sacrificio, ma a proporre un matrimonio tra la bella Ifigenia e il valoroso Achille, che in caso di rifiuto – dice il regale messaggero – minacciava di non partire per Troia.

Ifigenia – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Madre e figlia sono ben felici di acconsentire alle nozze: arrivano in Aulide adornate d’oro e preziose vesti colore dello zafferano, solo per scoprire il terribile inganno. Ifigenia muore (o forse viene salvata da Artemide stessa, ma all’insaputa di tutti) e la regina perde dunque un altro “frutto carissimo delle mie doglie” (Eschilo, Agamennone).

Il sacrificio d’Ifigenia, di Francesco Fontebasso – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Clitemnestra, dunque, vuole vendicarsi e rimane in paziente attesa del ritorno del marito. Intanto, approfitta della lontananza del re il cugino Egisto, che vuole prendere il posto di Agamennone sia sul trono sia nel talamo nuziale.

Gli amanti, nei lunghi anni della guerra programmano la vendetta

In alcune versioni del mito, Clitemnestra è l’artefice di tutto, in altre è convinta da Egisto, ma in ogni modo anche Omero, più comprensivo dei tragediografi successivi, alla fine la dipinge, per bocca di Agamennone – il re miceneo racconta della sua morte a Odisseo sceso nell’Ade per parlare con l’indovino Tiresia – come una donna perfida:

“La cagna se n’andò via, non ebbe cuore, mentre scendevo nell’Ade, di chiudermi gli occhi con le sue mani, e serrarmi la bocca. Ah! Non c’è niente di più odioso e più cane, di donna che tali orrori nel cuore si metta, come colei pensò orrendo delitto, al legittimo sposo tramando la morte […] Quel perfido mostro coprì se stessa d’infamia e tutte in futuro le donne, anche se ce ne fosse in futuro di buone.” (Odissea, Libro XI – vv 424-434)

Agamennone racconta che insieme a lui perisce, colpita con ferocia, anche la principessa troiana Cassandra, portata a Micene come schiava/concubina

Cassandra

La sfortunata figlia di Priamo ha il dono della preveggenza, ma anche la condanna a non essere mai creduta. Nessuno le aveva dato retta a Troia, quando profetizzava la distruzione della città, e nemmeno Agamennone l’ascolta, vista l’accoglienza sontuosa che gli riserva l’apparentemente devota Clitemnestra.

Cassandra, invece, non si fa trarre in inganno, lei vede il sangue scorrere a fiumi: il proprio e quello del re. Piena di orrore, tenta di avvisare Agamennone e rifiuta di entrare alla reggia. Poi, consapevole dell’ineluttabilità del suo destino, si rassegna e va incontro alla morte, con la certezza che prima o poi qualcuno la vendicherà.

La presenza di Cassandra aggiunge un movente all’omicidio di Agamennone: non è solo la vendetta a muovere Clitemnestra, è anche la gelosia – intesa come oltraggio al suo ruolo di moglie/regina – per quell’uomo che troppo spesso si infatuava delle “Criseidi di Ilio”, ovvero delle donne troiane prese come schiave-concubine, con particolare riferimento a Criseide, a lui “più cara di Clitemnestra, mia sposa legittima”.

Cassandra – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

La morte di Clitemnestra

Alla fin fine, però, la colpa di Clitemnestra, al di là dell’omicidio di Agamennone e della principessa Cassandra, risiede nella sua testa, in quel “pensare come un uomo”: una mostruosità che nessun autore dell’antica Grecia poteva perdonare.

Perché Clitemnestra, donna forte e dalla volontà di ferro, continua a regnare su Micene insieme ad Egisto, anche a dispetto dei figli

Figli che, dopo sette anni, vendicano la morte padre: Oreste, esortato anche dalla sorella Elettra, uccide Clitemnestra ed Egisto.

Oreste uccide Egisto e Clitemnestra, Bernardino Mei, 1654 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Ma si tratta pur sempre di un orrendo crimine, anche se autorizzato da Apollo e Zeus, che le terribili Erinni – divinità preposte a perseguitare chi si macchia del sangue di familiari – devono punire. Oreste impazzisce e alla fine ritrova il senno grazie all’intercessione della dea Atena, che considera più grave la colpa di Clitemnestra rispetto a quella del matricida: in fondo, lei è una donna e non un eroe della guerra di Troia, e per giunta una donna cattiva, che ha compiuto un efferato delitto per brama di potere.

Ifigenia e la sua sorte, la colpa di Agamennone, non rivestono la minima importanza

Perché alla fine, secondo Eschilo, “la donna che chiami madre del bambino non è la madre, ma solo la nutrice del seme, il seme appena seminato che cresce e si gonfia dentro di lei. L’uomo è la fonte della vita, colui che monta”.

Orami lontanissimi i tempi di un arcaico matriarcato, che forse aveva connotato le società pre-micenee: le donne sono solo mere incubatrici del seme maschile, macchine da riproduzione senza nessuna importanza.

Ecco che, allora, Clitemnestra, per quelle sue virtù maschili – viene spesso paragonata a Odisseo, il campione d’inganni – giunge a noi come paradigma della mostruosità femminile, contrapposta, ad esempio, alla fedele Penelope, che per vent’anni aspetta il re di Itaca – intanto lui vive mille avventure, anche amorose – e cuce insieme giorni settimane e anni e anni, mentre disfa e tesse una tela infinita come la sua solitudine.

Penelope e Ulisse nel talamo nuziale, dipinto di Francesco Primaticcio, 1563 circa – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Eppure, su tutte le donne, anche le più virtuose e fedeli come Penelope, aleggiano le parole pronunciate nell’Ade da Agamennone (“coprì se stessa d’infamia e tutte in futuro le donne, anche se ce ne fosse in futuro di buone”), tanto che anche sull’irreprensibile moglie di Odisseo girano voci poco edificanti, ma questa è un’altra storia…

Penelope aspetta Odisseo, dipinto di Heva Coomans, 1900 circa – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

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