Clementine Delait: la Donna Barbuta che non volle diventare un fenomeno da Baraccone

In un’epoca in cui i cosiddetti “fenomeni da baraccone” costituivano un’attrazione molto popolare e remunerativa, sia nei circhi che radunavano un discreto numero di freaks, sia che si esibissero “in proprio” viaggiando di città in città, ci fu una donna che fece della sua diversità una fonte di guadagno, senza però abbandonare il suo piccolo paese nel nord della Francia, e senza lasciare mai il marito ammalato.

Sotto, il video racconto dell’articolo sul canale Youtube di Vanilla Magazine:

Clementine Clattaux nasce il 5 marzo 1865 a Chamousey, in Lorena, in una famiglia di agricoltori. Ragazza attiva, vigorosa e piuttosto robusta, a vent’anni sposa Paul Delait, un fornaio di un paese vicino, Thaon-les-Vosges, dove la coppia si stabilisce.

Clementine aiuta il marito nell’attività, e probabilmente frequenta il suo stesso barbiere: dall’età di 18 anni è costretta a radersi il viso molto di frequente, e a partire dai 28 anni deve farlo ogni giorno.

Tiene però i baffi, dei quali è molto orgogliosa, e che le consentono di tenere a bada i clienti importuni del bar, adiacente alla panetteria, che ha aperto nel 1892 per incrementare i guadagni.

Clementine è un donnone che pesa quasi 100 chilogrammi, sempre di buon umore e socievole con i clienti che affollano il suo locale. Se però qualcuno le manca di rispetto, non ha bisogno dell’aiuto di un uomo: “Quando qualcuno cercava di mancarmi di rispetto, e un primo avvertimento non era sufficiente, lo afferravo con una mano dal dietro del collo, e con l’altra dal fondo dei pantaloni, e in men che non si dica era fuori”.

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Nel 1901 Clementine e Paul Delait vanno a Nancy per visitare una fiera, dove si esibisce una donna barbuta, che per 15 centesimi mette in mostra i pochi e radi peli della faccia.

Poi, la domenica di Pentecoste del 1901, mentre nel suo bar gli avventori parlano della “straordinaria” donna barbuta della fiera di Nancy, Clementine fa una scommessa con uno dei suoi clienti abituali: per 500 franchi la donna acconsente a non radersi per due settimane, per dimostrare come deve essere una barba degna di quel nome.


Anche se l’intraprendente fornaia-barista non vede mai i soldi promessi dal cliente, fa comunque la sua fortuna.

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Nel suo bar accorrono numerosi i clienti, curiosi di vedere la fluente barba di Clementine. Vende cartoline con la sua immagine, mentre posa davanti al suo Caffè, ribattezzato “Café de la Femme a Barbe”, oppure mentre è con i suoi cani, o in bicicletta, oppure ancora vestita da uomo, dopo aver ricevuto la necessaria autorizzazione.

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Caffè della Donna Barbuta

Durante la Prima Guerra Mondiale, quando Clementine lavora come volontaria per la Croce Rossa, la sua fama si diffonde in tutta la Francia, tanto che PT Barnum, proprietario del celebre circo, le offre un contratto da tre milioni di franchi. Lei rifiuta, per stare accanto al marito ormai invalido.

Nel 1919, la coppia adotta una bambina di cinque anni, e nel 1922 la famiglia si trasferisce a Plombieres, dove Paul si può curare con le acque termali e Clementine apre un negozio di abbigliamento intimo.

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Nel 1928, quando il marito muore, Clementine torna a Thaon, dove riapre un caffè. Nel 1930 decide di accettare alcune proposte: si esibisce a Londra, a Parigi, a Vichy, e poi a Belfast, sempre accompagnata dalla figlia Fernande.

Nel 1934, tormentata dai dolori reumatici, smette di viaggiare e ritorna a Thaon, dove la figlia dà lezioni di violino.

Clementine muore d’infarto il 21 aprile 1939. Chissà se è andata come lei immaginava, quando si è trovata sulla porta del Paradiso, davanti a San Pietro. La donna aveva promesso di dirgli: “Mio caro San Pietro, scommetto cinquecento franchi che non c’è una barba bella come la mia nel tuo paradiso”.

Le citazioni sono tratte dalle memorie di Clementine Delait, scoperte nel 2005 in mezzo ad altri oggetti acquistati da un commerciante di roba usata.

La donna barbuta le aveva dettate negli anni ’30 a Pol Ramber, che scriveva per un giornale locale. Nelle 50 pagine del documento si ritrova lo spirito allegro e intraprendente di una donna che, anziché soffrire per la sua “diversità”, ne trae vantaggio, con orgoglio.

Le immagini sono di pubblico dominio


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