Cixi: la Concubina che divenne l’Ultima imperatrice della Cina

Tra le tante figure storiche della Cina Imperiale, la più controversa, sul cui operato si discute tutt’ora ad oltre cento anni dalla morte, è senza dubbio la concubina Yulan (conosciuta anche con il nome di Tsu Hsi), una delle spose dell’Imperatore Xianfeng, passata alla storia come Imperatrice Vedova Cixi, la quale detenne il potere, a fasi alterne, dal 1861 fino alla sua morte avvenuta nel 1908.

L’Imperatrice Vedova Cixi

Dotata di grande acume politico, personalità e carisma in un periodo in cui si succedettero imperatori inetti e deboli, Tsu Hsi prese in mano le redini di un Impero debole e decadente, aggredito dalle potenze coloniali occidentali che ne bramavano le ricchezze, nel tentativo di salvare la Dinastia Mancese dei Ching dal crollo.

Nel corso del XX secolo, l’immagine che gli studiosi mostravano di questa donna – idea che è rimasta piuttosto radicata anche al giorno d’oggi – era piuttosto negativa. Veniva spesso descritta come una dittatrice sanguinaria e ignorante, estremamente xenofoba e contraria a qualsiasi tipo di riforma e ammodernamento del Paese, venendo additata come parzialmente responsabile della caduta del Sistema Imperiale.

Nel corso degli ultimi anni però, grazie all’apertura della Cina a partire dagli anni ’90 e alla possibilità di studiare approfonditamente nuovi documenti, la figura di Cixi è stata rivalutata notevolmente da molti sinologi, e di conseguenza la storia degli ultimi anni della dinastia Ching e dell’imperatrice stessa viene vista sotto un’altra luce.

L’intento di questo articolo è quello di dare spazio alle nuove idee emerse, mostrando quindi un’Imperatrice Vedova inedita e meno negativa di quello che si è sempre pensato. Naturalmente la sua figura è sempre al centro del dibattito di autorevoli sinologi, e non tutti potrebbero giustamente concordare con quanto scritto di seguito.

Fu veramente questa donna l’incarnazione del male o cercò seriamente di fare ciò che riteneva il meglio per la Cina?

Per capire come mai questa figura storica è stata per decenni dipinta in maniera estremamente negativa nel corso del XX secolo, bisogna ricordare per prima cosa che gli anni che seguirono la caduta dell’Impero nel 1912 non furono semplici. La neonata Repubblica di Cina era molto debole e i quarant’anni che seguirono furono segnati dall’invasione giapponese e dalla guerra civile, conclusasi nel 1949 con la vittoria del partito comunista cinese e la formazione della Repubblica Popolare.

I repubblicani, per legittimare la nuova forma di stato, mostrarono l’istituzione imperiale (che ovviamente non era esente da colpe) come arcaica e causa dell’arretratezza della Cina. Ovviamente, essendo stata Cixi a detenere il potere negli ultimi cinquant’anni di vita dell’Impero, fu molto facile addossarle ogni tipo di colpa.

Dopo la proclamazione della Repubblica Popolare Cinese nel 1949, le nuove istituzioni si scagliarono ancor più pesantemente contro la monarchia, i suoi imperatori ed il confucianesimo come sistema di governo. Come disse Mao Tse Tung, “bisognava costruire un uomo nuovo” e la conseguenza di tale pensiero fu, negli anni ’60, la rivoluzione culturale, atto a cancellare brutalmente il passato. In questa situazione, Cixi continuava quindi a rappresentare alla perfezione l’ideale negativo del tiranno.

Per capire il mondo di Cixi è necessario fare un breve salto indietro nel tempo, precisamente tornare al 1644, quando l’esercito dell’Impero Mancese, regno che si estendeva a nord est della Grande Muraglia, approfittando del suicidio dell’ultimo Imperatore della dinastia Ming a seguito delle rivolte contadine guidate da Li Zicheng, entrò nel territorio del Celeste Impero, sconfisse i ribelli ed instaurò a Pechino la nuova dinastia dei Ching, che avrebbe governato la Cina fino al 1912.

Tra il 1661 e il 1796 il Paese visse un periodo di grande prosperità e sviluppo sotto la guida di tre imperatori considerati tra i più importanti dell’intera storia cinese: Kang Hsi (1661 – 1722), Yongzheng (1722 – 1735) e Qianlong (1735 – 1796). L’impero raggiunse dimensioni mai viste prima e furono apportate importanti riforme agrarie, fiscali e giuridiche, che consentirono significativi miglioramenti nella vita di tutta la popolazione ed un importante incremento del benessere. Non a caso il periodo fu caratterizzato da un boom demografico impressionante.

Purtroppo, sul finire del XVIII secolo iniziarono a ravvisarsi i primi segnali di una crisi economica, causata tra l’altro dall’effetto boomerang dello sviluppo demografico e da un forte aumento della corruzione, fenomeno che era stato controllato con successo nei decenni precedenti.

Il secolo seguente, il XIX, rappresentò il lungo canto del cigno del Celeste Impero. Le potenze coloniali europee, forti della loro superiorità militare, iniziarono a relazionarsi in maniera aggressiva con la Cina, fiondandosi come uccelli rapaci sulle sue ricchezze.

Il Governo Imperiale, nella prima parte del secolo, cercò di arginare le pretese degli europei (che chiedevano l’apertura di alcuni porti per poter commerciare), imponendo dei dazi sulle importazioni, situazione che non risultò assolutamente conveniente e gradita alla Gran Bretagna (nella prima parte del XIX secolo era la potenza che si era lanciata con maggiore foga sul mercato cinese). L’impero britannico, che infatti spendeva moltissimo per acquistare merci dal Celeste Impero, non riuscì ad immettere sullo stesso mercato prodotti propri destinati alla vendita. La Cina infatti non consentiva l’acquisto di beni stranieri, in quanto ritenuti inutili in un “paese le cui ricchezze e le risorse erano illimitate”.

In questa bilancia commerciale non favorevole, i mercanti britannici, spalleggiati dal proprio governo, per recuperare il denaro speso in tasse, iniziarono ad introdurre illegalmente quintali di oppio in Cina, droga che veniva prodotta a costo bassissimo nelle proprie colonie indiane. La vendita di tale droga, all’epoca, era naturalmente vietata nel Celeste Impero.

L’oppio si diffuse con grande rapidità, causando incredibili danni tra la popolazione e portando nelle casse dei britannici ingenti profitti in argento. L’imperatore Daoguang (periodo di regno dal 1820 al 1850) e i suoi funzionari, stanchi di questa situazione e pieni di rancore e odio nei confronti dei “Barbari Venuti dal Mare”, decisero di reagire. Nel 1839 a Canton i funzionari cinesi, guidati dal Mandarino Lin Zexu, sequestrarono e distrussero quintali di droga.

Lin controlla la distruzione dell’oppio a Canton nel 1839

I britannici, che vedevano i propri interessi commerciali minacciati, reagirono militarmente alla distruzione delle casse di droga. Scoppiò così un conflitto armato che passò alla storia con il nome di “Prima Guerra dell’Oppio” (1839 – 1842). Questo fu il primo (e disastroso) conflitto tra la Cina e una potenza occidentale. Purtroppo per l’imperatore Daoguang, fin dall’inizio fu evidente l’arretratezza dell’esercito cinese e la disparità di forze in campo. Il Celeste Impero capitolò e fu costretto ad accettare tutte le pesanti richieste britanniche.

Il trattato di Nanchino garantiva l’apertura di ulteriori porti commerciali (come Canton e Shanghai) e l’applicazione di tassi doganali estremamente vantaggiosi per i vincitori.

Inoltre, la Cina dovette pagare pesanti indennità di guerra e, a seguito del trattato, fu costretta a cedere all’impero britannico l’Isola di Hong Kong, dove venne fondata la famosa colonia (rimasta tale fino al 1997). Era iniziato il periodo dei “Trattati Ineguali”, che avrebbero messo in ginocchio e umiliato l’impero cinese.

La firma del Trattato di Nanchino

Nel 1835, durante quegli anni tumultuosi ed umilianti, la piccola Yulan (“Orchidea”), che sarebbe diventata famosa con il nome di Imperatrice Vedova Cixi, nacque in seno ad una  famiglia appartenente alla piccola nobiltà Mancese del clan “Yehonala”, presso l’abitazione di Pechino del mandarino di basso rango Huizheng, dove visse in condizioni non propriamente lussuose. Non si hanno particolari notizie relative alla sua infanzia e adolescenza.

Nel frattempo, nel 1850, l’imperatore Daoguang, ormai affaticato da anni di lotte contro le potenze coloniali, morì, lasciando sul trono del drago il figlio di 19 anni, che assunse il nome di Xianfeng (periodo di regno 1850 – 1861). Il giovane, purtroppo per la Cina, non si sarebbe rivelato un sovrano capace. Indolente e poco interessato all’arte di governo, si dedicò soprattutto all’alcool e all’oppio.

Con la salita al trono del nuovo Imperatore, fu necessario creare per lui un nuovo harem, che avrebbe avuto lo scopo di assicurargli una folta discendenza.

La selezione delle dame avvenne tra la fine del 1851 e l’inizio del 1852. Decine di donne appartenenti all’etnia mancese (alle donne cinesi era vietato far parte dell’harem), si radunarono nella Città Proibita di Pechino dove furono accuratamente esaminate. Si doveva essere sicuri che fossero in salute e, soprattutto, vergini. Per queste donne, diventare concubine era l’occasione per arricchirsi e portare vantaggi alle proprie famiglie. Se fossero state notate dal sovrano, i doni sarebbero stati incalcolabili. Il prezzo di tali privilegi era comunque la reclusione in una gabbia dorata, qual era per loro il palazzo imperiale.

Tra le decine di candidate troviamo la sedicenne Yulan, che venne accolta a palazzo, nell’anonimato, come concubina di quinto livello, decisamente basso. Come Imperatrice venne scelta la principessa Zhen, che si sarebbe rivelata un’alleata e amica della futura Cixi.

La principessa Zhen, poi Imperatrice Vedova Cian

Nel frattempo, al di fuori del Palazzo Imperiale, la situazione economica e politica dell’impero era estremamente tesa per via degli eventi descritti. Sfortunatamente per Xianfeng, il suo regno non avrebbe mai conosciuto la pace. Tra il 1850 e 1864 la Cina combatté una sanguinosa guerra civile, conosciuta come “Rivolta dei Taiping”, durante la quale i ribelli riuscirono ad occupare diverse province importanti dell’impero, arrivando a minacciare anche Pechino ed il potere stesso dei Ching. La ribellione sarebbe stata poi soffocata nel sangue solo dopo la sua morte.

Una scena della Rivolta dei Taiping

Sempre sotto Xianfeng, scoppiò quella che passò alla storia con il nome di “Seconda guerra dell’Oppio” (1856 – 1860), che si concluse con l’occupazione di Pechino da parte degli Anglo-Francesi e la fuga della famiglia imperiale. Anche in questo caso la guerra era scaturita dalla bramosia di Inghilterra e Francia, che approfittarono di alcuni atti violenti contro missionari stranieri come casus belli.

In questo scenario disastroso, il 1856 fu l’anno che cambiò completamente la vita della Concubina Yulan e le sorti della Cina.

Il 27 aprile di quell’anno infatti, prima dello scoppio della guerra, la giovane concubina diede alla luce un figlio maschio, l’unico del sovrano Xianfeng, e di conseguenza, futuro Imperatore.

Yulan venne quindi promossa a “concubina di terzo grado” e l’anno successivo a “concubina di secondo grado”. La nascita del figlio le aveva consentito di diventare la seconda donna più importante dell’Impero, dopo l’Imperatrice e amica Zhen.

L’imperatrice Madre Cixi

Nel frattempo, come prevedibile, la guerra in corso si rivelò disastrosa. Nel 1860 l’esercito cinese venne completamente annientato dalla coalizione che, oltre a francesi e inglesi, includeva ora anche russi e americani. Gli eserciti nemici si apprestarono a occupare Pechino.

La corte imperiale, guidata da uno Xianfeng ormai nel panico più totale, anziché rientrare in città e dimostrare il proprio valore, abbandonò il palazzo d’estate alla periferia della capitale, per raggiungere la residenza di Jehol, a circa 240 chilometri a nord-est di Pechino, in quella che era la Manciuria propriamente detta.

Gli eserciti occupanti nel frattempo saccheggiarono Pechino, distrussero il Palazzo d’Estate e commisero nefandezze di ogni tipo nei confronti della popolazione cinese.

Combattimenti a Canton durante la seconda guerra dell’oppio

Con un sovrano incapace, il fratellastro dell’Imperatore, il principe Gong, persona mite e debole di carattere, fu incaricato di trattare la resa. Supinamente furono accettate tutte le umilianti richieste dei vincitori, che obbligarono l’impero a pagare ulteriori costose indennità di guerra, ad aprire nuovi porti agli occidentali (dove non si sarebbero pagati dazi sulle importazioni dei prodotti stranieri) e a legalizzare l’uso dell’oppio.

Il Regno Unito inoltre ottenne il territorio della penisola di Kowloon, di fronte all’Isola di Hong Kong, cosa che le consentì di ingrandire la colonia.

Nel 1861, mentre ancora era a Jehol, l’imperatore Xianfeng, debilitato da anni di vita sregolata, dal consumo di oppio e naturalmente dallo stress legato alle vicende di governo, si ammalò gravemente, avviandosi inevitabilmente verso la morte.

Lo scenario politico che si aprì era quanto di meno indicato per superare una crisi di tale portata. L’impero aveva infatti bisogno di un sovrano forte e deciso, ma la morte del debole Xianfeng, avvenuta il 22 Agosto 1861, portò sul Trono del Drago il figlio di Yulan (nome di regno Tongzhi), di soli 5 anni. Come da prassi, gli otto consiglieri di Xianfeng furono nominati Reggenti del nuovo sovrano.

Questi ultimi, guidati da uno sfrenato odio nei confronti dell’occidente, erano visti dalla concubina Yulan, dall’imperatrice Zhen e da molti membri della famiglia imperiale, gli istigatori della guerra e di conseguenza i responsabili della situazione interna e della prematura morte di Xianfeng.

Fu in questa situazione che la forte personalità di Yulan venne fuori, dimostrando grande acume politico, ambizione e, soprattutto, carisma. Fu infatti la prima a rendersi conto che il protrarsi della politica di odio incondizionato nei confronti dell’occidente, perpetuata negli ultimi anni dal governo, avrebbe portato unicamente ad una rapida distruzione dell’impero.

Per cambiare le sorti della Cina, decise quindi di estromettere i reggenti ed assumere personalmente il potere in nome del figlio. L’imperatrice Zhen, messa al corrente, concordò, rivelandosi una preziosa alleata per la realizzazione di questo piano ambizioso e pericoloso. In caso di fallimento le aspettava la morte.

Per prima cosa, al momento della morte di Xianfeng, l’imperatrice Zhen venne nominata “Imperatrice vedova Cian”, mentre Yulan, in quanto madre del nuovo imperatore, venne nominata “Imperatrice Madre Cixi” (in occidente si sarebbe compiuto un errore di traduzione, portando a chiamarla comunemente Imperatrice Vedova Cixi, e così faremo anche noi).

Le due sovrane, con la scusa che il giovane imperatore non aveva ancora un timbro suo (necessario per autorizzare i documenti in nome del sovrano), si fecero autorizzare dai reggenti, ignari del complotto ordito ai loro danni, a farne emettere due, che avrebbero conservato in quanto madri, e utilizzato per rettificare i trattati e i documenti ufficiali in nome del sovrano bambino.

Il trono imperiale nella Città Proibita

Nel frattempo, secondo il cerimoniale per il funerale di Xianfeng, il feretro, accompagnato da tutti i reggenti, si mise lentamente in marcia alla volta di Pechino, dove il nuovo imperatore, in compagnia delle Imperatrici Vedove, sarebbe dovuto giungere con diversi giorni di anticipo per organizzare degnamente l’accoglienza della salma del padre.

In questa situazione, Cian e Cixi, una volta raggiunta la capitale, ebbero tutto il tempo di mettere in pratica il loro piano per il colpo di stato.

Nella capitale riuscirono a mettere in cattiva luce i reggenti, che non erano comunque ben visti dopo la sconfitta in guerra, screditandoli agli occhi di molti mandarini e principi e ottenendo inoltre l’appoggio del principe Chun (altro fratellastro dell’imperatore deceduto) al colpo di stato. Fu quindi fatto preparare un editto a nome del sovrano-bambino, con il quale venivano deposti gli ignari reggenti.

Questi ultimi, una volta giunti a Pechino, vennero messi davanti al fatto compiuto (il documento portava i timbri del nuovo sovrano, quindi era un atto legale a tutti gli effetti). Essi si infuriarono e accusarono Cixi e Cian di complottare ai danni dell’impero, urlando alla presenza del giovane Tongzhi, il quale scoppiò a piangere. Il pianto del sovrano segnò la vittoria del colpo di stato: l’aver turbato e fatto piangere l’imperatore era un atto sacrilego che meritava la morte. E così fu!

Eliminati i reggenti, il delicato incarico veniva affidato ufficialmente alle due imperatrici vedove, che regnarono in nome del giovane figlio, anche se il potere effettivo venne assunto solo da Cixi.

LA PRIMA REGGENZA: 1861 – 1873

I primi dieci anni della reggenza di Cixi dimostrarono la sua intelligenza e capacità di governo, nonostante la giovane età: al momento del colpo di stato aveva solo 26 anni. L’Impero aveva bisogno di una figura autorevole e carismatica, in grado di tenere saldo il potere e di prendere decisioni importanti. In Cixi tutte queste caratteristiche erano presenti.

Divenuta reggente, per prima cosa dovette affrontare la già citata “Rivolta dei Taiping” che affliggeva la Cina da anni, e la pesante crisi economica che si protraeva ormai da lungo tempo e che era naturalmente peggiorata in seguito alla sconfitta nelle due guerre dell’oppio.

La politica d’isolamento perpetuata dagli imperatori precedenti si era dimostrata controproducente per il Paese e Cixi, consapevole dei limiti tecnici e militari della Cina, decise di evitare in qualsiasi modo un nuovo scontro con le potenze straniere, anche a costo di concedere loro vantaggi economici.

Per risolvere queste problematiche, o per lo mendo ridimensionarle, per prima cosa decise di inaugurare una politica che mirasse ad una pacificazione e collaborazione con Francia, Inghilterra e gli altri paesi coloniali, così da poter consentire alla Cina di trarre vantaggi (soprattutto in ambito di sviluppo tecnico) da questi contatti e potersi concentrare sui problemi interni.

I primi due risultati estremamente significativi furono:

La riforma del sistema doganale: nel 1863 Tsu Hsi nominò il nord-irlandese Robert Hart a “Ispettore Generale delle Dogane”, autorizzandolo ad apportare tutte le riforme utili per rendere tale sistema il più moderno e funzionale possibile. Tali riforme consentirono alla Cina di ottenere importanti gettiti di entrate costanti che aiutarono a saldare le indennità di guerra prima, e l’avvio di una ripresa economica poi. Il lavoro di Hard fu talmente apprezzato che mantenne il suo incarico fino al 1910, un anno prima della sua morte.

Soffocare la rivolta dei Taiping: come già detto, a partire dal 1850, il Governo Centrale dovette affrontare quella che si era dimostrata la più grande e pericolosa rivolta contadina della storia della Cina moderna. La guerra, che avrebbe provocato 20.000.000 di morti, andava per le lunghe. A seguito della politica di collaborazione, la Francia e l’Inghilterra si offrirono di inviare reparti armati per soffocare la rivolta. Tsu Hsi, non volendo però avere eserciti stranieri in casa, preferì declinare l’offerta, affidandosi a ufficiali occidentali solo per l’addestramento di truppe cinesi. Grazie a questi primi passi, nel 1864, il Governo Centrale poté porre fine alla Rivolta dei Taiping, pacificando momentaneamente l’impero.

In questo nuovo scenario internazionale, si rese quindi necessario formare giovani funzionari in grado di parlare in altre lingue, viaggiare ed intraprendere attività diplomatiche. Su iniziativa del governo, nel 1862 venne istituita la Scuola Tongwen, che aveva come scopo la formazione di interpreti. Nel 1865, la scuola fu trasformata in Università strutturata secondo il sistema scolastico occidentale. Grazie a queste prime importanti azioni, delegati ufficiali ed ambasciatori cinesi si recarono per la prima volta in Europa e Stati Uniti in veste ufficiale di rappresentati del Governo.

Gli anni ’60 del XIX secolo rappresentarono quindi una piccola boccata di ossigeno e di innovazione per la Cina. La strada per portare il Paese nella modernità era ancora lunga, ma un primo solco era stato tracciato.

A Corte, non tutti erano soddisfatti della situazione creatasi. Se una parte dei Mandarini aveva iniziato a guardare con interesse all’occidente e ai suoi sistemi economici e sociali, considerandoli di ispirazione per far crescere nuovamente l’impero, una parte di essi ed alcuni principi imperiali si dimostrarono restii ad accettare la situazione, diventando una minaccia per Cixi.

Il Principe Chun, fratello dell’Imperatore defunto Xianfeng, il quale aveva aiutato Cixi nel colpo di stato del 1861, era convinto che la Cina non avrebbe dovuto contaminarsi troppo con l’occidente, come era successo invece negli ultimi dieci anni. Riteneva le potenze coloniali responsabili della morte del fratello e di conseguenza, secondo il suo pensiero, l’impero avrebbe dovuto optare per una politica di vendetta, mirata a cacciare tutti i “Diavoli Venuti dal Mare”, riportando la Cina nell’isolamento.

Il principe Chun, accortosi che Cixi non condivideva simili pensieri, ma che al contrario era intenzionata a proseguire nelle sue politiche di collaborazione, agì nell’ombra come capo della fazione xenofoba ed intransigente, con l’obiettivo di arrivare alla guerra con gli stranieri.

Le sue macchinazioni portarono, tra il 1870 e il 1872, al concreto rischio di un pericoloso conflitto con la Francia, evento che avrebbe sicuramente distrutto tutti i progressi dell’ultimo decennio.

Fomentati dal Principe Chun e dalla sua fazione, vi furono una serie di attacchi alle missioni cristiane nel Paese, giustificate dall’accusa di stregoneria. Vi furono purtroppo diversi morti sia tra gli stranieri sia tra i cinesi convertiti al cristianesimo, che erano considerati traditori. Solo la diplomazia e le scuse ufficiali del Governo (e anche al fatto che la Francia, dopo essere stata sconfitta dalla Prussia, non aveva voglia di intraprendere una seria azione militare) scongiurarono la catastrofe.

Cixi tirò un sospiro di sollievo, ma fu evidente che oltre a doversi difendere dagli stranieri, avrebbe dovuto fare attenzione anche ai numerosi nemici presenti a corte.

Il 1872 segnò la fine della prima reggenza. L’imperatore Tongzhi, avendo quasi raggiunto i 16 anni, era pronto per il matrimonio. La cerimonia nuziale, che si sarebbe tenuta il 16 ottobre 1872, avrebbe sancito la maggiore età del sovrano ed il conseguente passaggio di potere nelle sue mani. L’imperatrice vedova Cixi, a malincuore, si ritirò momentaneamente a vita privata.

Tongzhi, figlio di Cixi

Purtroppo, esattamente come il padre Xianfeng, anche Tongzhi si rivelò un sovrano incapace. Si disinteressò quasi fin da subito ai suoi doveri di governo, per dedicarsi all’ozio, all’opera e al sesso. Non mancava infatti di recarsi in incognito fuori dalla Città Proibita per frequentare luoghi malfamati.

I detrattori di Cixi ritengono che l’imperatrice vedova continuò a manovrare le fila del governo anche se non più reggente. E’ sicuramente vero che provò a farlo, in quanto molto ambiziosa e legata al potere, ma, a giudicare dagli scarsi risultati ottenuti dal nuovo governo, è legittimo pensare che il figlio non ascoltò mai i suoi consigli. Nei due anni in cui Tongzhi regnò autonomamente, infatti, si verificò infatti un blocco di tutte le riforme precedentemente intraprese da Cixi e un conseguente rallentamento delle attività burocratiche.

Sul finire del 1874 il giovane sovrano, che non aveva ancora generato alcun erede, si ammalò gravemente. Le fonti ufficiali parlano di vaiolo, malattia molto diffusa all’epoca, mentre alcune voci che circolarono in quei giorni, dicono si trattasse di sifilide, malattia che avrebbe contratto frequentando le prostitute della città.

Cixi, consapevole del vuoto di potere che si sarebbe creato di lì a poco e dell’occasione che le si presentava, decise di agire rapidamente per riprendere in mano il potere che bramava più di ogni altra cosa. Nel dicembre 1874, si recò in compagnia dell’Imperatrice Vedova Cian al capezzale del figlio, che chiese loro (o fu spinto a farlo) di assumere la reggenza fintanto che non fosse guarito dalla malattia.

Tongzhi non si sarebbe però mai più ripreso. Il 12 gennaio del 1875 il giovane sovrano spirò, lasciando il Trono del Drago senza un erede. Con grande fermezza, Tsu Hsi e Cian presero in mano la situazione, convocando immediatamente i consiglieri del defunto sovrano, tra cui il temibile Principe Chun che, ricordiamo, pochi anni prima aveva tramato per innescare un conflitto contro gli stranieri.

Le imperatrici sottolinearono per prima cosa che il sovrano deceduto aveva concesso loro la reggenza e che pertanto sarebbe stato compito loro nominare il nuovo Figlio del Cielo. Il nome sarebbe stato rivelato solo una volta ricevuta la fedeltà dei consiglieri.

Stava quindi nelle mani dei principi scegliere se mettersi contro il volere del defunto imperatore o accettare nuovamente la presa di potere da parte delle imperatici vedove. Il consiglio decise di accettare il fatto compiuto.

Ottenuta quindi la loro fedeltà e consolidato nuovamente il potere nelle proprie mani, Cixi annunciò che lei e l’Imperatrice Vedova Cian avrebbero adottato il piccolo Zaitian (di soli 3 anni), figlio del Principe Chun e della sorella di Cixi stesa. Il bambino avrebbe regnato sotto il nome di Kuang Hsu (periodo di regno 1875 – 1908), contravvenendo comunque alle regole dinastiche che prevedevano il passaggio del trono alla generazione successiva del sovrano defunto (Tongzhi e Kuang Hsu erano infatti cugini).

Grazie all’adozione del piccolo Zaitian, Cixi allontanò il Principe Chun dalla politica (essendo il padre dell’imperatore, non gli era consentito assumere cariche politiche). In questo modo astuto, aveva ottenuto nuovamente il potere assoluto ed allontanato un temibile avversario.

LA SECONDA REGGENZA (1875 – 1889)

Riottenuto il potere, Cixi e il suo seguito si concentrarono su nuovi tentativi di ammodernamento dello Stato. Per prima cosa fu rafforzata nuovamente la politica di amicizia nei confronti delle potenze europee, nominando nuove rappresentanze diplomatiche; successivamente si adoperò per l’ammodernamento dell’inefficiente esercito e per la creazione di una marina militare moderna.

La Cina acquistò alcune corazzate in Europa e furono mandati diversi giovani in Francia, Inghilterra e Germania per apprendere le arti moderne di addestramento dell’esercito ed i metodi di costruzione delle navi da guerra.

Nonostante i nuovi tentativi di pacificazione, i problemi di politica estera sarebbero stati comunque la spina nel fianco durante questo secondo periodo di governo. Oltre a dover tenere a bada le potenze europee, anche il Giappone si affacciò con bramosia verso la Cina, mirando all’isola di Taiwan e ad alcuni degli stati satelliti cinesi. Il Giappone, sotto l’Imperatore Meiji, a partire dal 1868, era riuscito nel giro di pochi anni ad intraprendere una serie di impressionanti riforme, che consentirono una transizione da paese medioevale a paese moderno (sia a livello politico sia militare) ed aggressivo.

Anche l’economia rimaneva molto debole per via delle ingenti spese da sostenere per gli ammodernamenti e Cixi si affidò, con successo, a Robert Hart (il commissario della Dogana) per creare un nuovo piano di commercio con l’estero, tale da garantire un flusso costante di entrate.

Sempre in quegli anni iniziarono le prime estrazioni moderne di carbone, vennero installati i primi telegrafi e, nel 1888, venne portata la corrente elettrica nel Palazzo d’Estate, residenza imperiale alle porte di Pechino.

Naturalmente gli stati europei spingevano per la realizzazione di queste opere, in quanto sarebbero stati loro stessi ad effettuarle, ottenendo benefici economici anche dal loro sfruttamento.

I governi inglesi e francesi cercarono di convincere l’imperatrice a costruire anche delle reti ferroviarie nel Paese, ma Cixi rimase dubbiosa e contraria per anni. Secondo il Feng Shui (pensiero filosofico secondo il quale i flussi degli elementi naturali avevano una forte influenza nella vita di tutti i giorni), una ferrovia avrebbe alterato tali flussi in maniera negativa. Si dovette pertanto attendere il 1888 per avere il benestare della sovrana, che finalmente si convinse, con grande ritardo, dell’utilità di tale mezzo.

Purtroppo per la Cina questa attesa quasi decennale si sarebbe rivelata molto dannosa. La ferrovia era alla base dello sviluppo di uno Stato forte, e in un paese immenso come la Cina avrebbe consentito di ridurre le distanze tra le varie prefetture, accelerando il commercio e tutti i settori economici, garantendo vantaggi importanti. Cixi, per superstizione, rallentò in questo modo lo sviluppo del Paese.

Sempre nello stesso periodo, si tentò inoltre di convincere l’Imperatrice ad avviare una rivoluzione industriale che coinvolgesse il settore artigianale, come la produzione della seta ad esempio, ottenendo però un fermo rifiuto. La modernizzazione era un passo necessario per la salvezza dell’Impero, Cixi ne era consapevole, ma i ritmi richiesti non erano, a suo giudizio, sostenibili. La Rivoluzione Industriale dovette attendere ancora un po’.

È evidente che le intenzioni di ammodernamento e sviluppo fossero ottime, ma bisogna ammettere che, purtroppo, nel corso degli anni ’70 del XIX secolo, tutto procedeva troppo a rilento anche per responsabilità di Cixi. Inoltre l’imperatrice non si era ancora resa conto che per portare la Cina tra le grandi potenze, era necessario apportare delle riforme alla base dello stato. I funzionari dell’Impero Confuciano erano letterati selezionati grazie a un concorso pubblico basato unicamente sulla conoscenza dei classici attribuiti al grande filosofo Confucio. Questo tipo di selezione, che non contemplava la conoscenza delle scienze moderne, era anacronistico e di ostacolo allo sviluppo. Era fondamentale pensare a una trasformazione della monarchia come era avvenuto in Giappone, con la creazione di un Parlamento e di funzionari formati in scuole di stampo occidentale.

Purtroppo per l’impero, questi tentativi di riforme sarebbero state avviati da Cixi anni dopo, con grande ritardo, quando non c’era più speranza di salvare la dinastia.

Gli ultimi anni della reggenza furono molto duri per Cixi. Nel 1881 la sua amica, l’Imperatrice Cian, morì, ed il biennio 1884-85 fu disastroso.

Oltre al Giappone, che nel 1879 aveva annesso le isole Ryukyu (odierna Okinawa) senza che la Cina potesse minimante muovere un dito, anche la Francia era in quegli anni in piena espansione coloniale. Puntava ad assoggettare alcune regioni del sudest asiatico, e mise gli occhi sul Vietnam, uno stato indipendente vassallo della Cina.

Il Celeste Impero, su richiesta vietnamita, intervenne in soccorso, ma la campagna militare si rivelò disastrosa. La nuova marina, ancora troppo debole, fu annientata, mentre l’esercito, a sorpresa, dimostrò grande valore, ottenendo qualche vittoria e mettendo in difficoltà il nemico. Alla fine, comunque, la forza francese ebbe la meglio.

La debolezza militare cinese e la sua incapacità di tenere testa ad eventuali nemici era nuovamente sotto gli occhi di tutti e, con cupidigia, la Russia e il Giappone cercarono di ottenere vantaggi da questa situazione mettendo gli occhi sul Regno di Corea, all’epoca protettorato cinese. Cixi, spaventata dall’eventualità di un intervento nel conflitto da parte di queste due potenze, cercò di arrivare ad una pace con la Francia il prima possibile.

Nel Febbraio 1885, con la firma del trattato di Tientsin, la Cina riconosceva la conquista del Vietnam da parte del nemico.

In Cina, nonostante la sconfitta subita, la strenua resistenza opposta allo straniero da parte dell’esercito ebbe l’effetto di esaltare le fazioni intransigenti e xenofobe, movimenti che nel corso degli anni a venire avrebbero creato grossi problemi ai residenti stranieri, alle missioni cristiane e causato pericolose ribellioni interne che avrebbero accelerato il crollo della dinastia Ching.

In tutto questo caos di difficile gestione, la maggiore età del sovrano si avvicinava e Cixi, anche se riluttate ad abbandonare il potere, non ebbe scelta e, come era avvenuto in precedenza per Tongzhi, nel 1889 organizzò il matrimonio di Kuang Hsu con la giovane Long Yu, da lei personalmente scelta per il ruolo di imperatrice (pensava probabilmente, in questo modo, di poter continuare a controllare il sovrano). La cerimonia avrebbe segnato nuovamente il trasferimento dei poteri dall’Imperatrice Vedova al figlio adottivo e Cixi avrebbe dovuto riturarsi nuovamente a vita privata.

L’Imperatore Guangxu

Il rapporto tra l’Imperatrice Vedova e Kuang Hsu era tutt’altro che idilliaco e la colpa era interamente della sovrana. Fin dall’inizio della reggenza infatti, Cixi commise il grave errore di non si comportarsi mai in maniera affettuosa o comprensiva con il giovane imperatore Kuang Hsu. Aveva atteggiamenti duri e poco amorevoli. Addirittura, pretese che il sovrano si rivolgesse a lei con il titolo di “Grande Padre”, a dimostrazione di quanto l’imperatrice avrebbe voluto essere un uomo, per poter legittimare il proprio potere.

Questi comportamenti portarono il sovrano a provare un forte astio e risentimento verso la donna, sentimenti che lo portarono a voler escludere completamente l’imperatrice vedova dalla vita politica. Il suo primo gesto di ribellione fu quello, dopo il matrimonio, di ignorare completamente la propria consorte e di dedicarsi unicamente all’amata concubina Zhen Fei.

Kuang Hsu, al momento della presa del potere nel 1889, era un giovane molto sensibile, abile nella poesia e nello studio dei classici confuciani. Tutte doti utili per un imperatore dei secoli passati, ma sicuramente poco funzionali ad un monarca che doveva lavorare per affacciarsi nella modernità.

Quello che accadde nei dieci anni successivi è fonte di grandi discussioni e opinioni tutt’ora discordanti. Come detto all’inizio, per molto tempo si era ritenuto che l’imperatrice fosse una retrograda xenofoba, contraria ad ogni ammodernamento, mentre Kuang Hsu un giovane sovrano sognatore e riformista che avrebbe tentato, nel 1898, una riforma importante (passata alla storia con il nome di “Riforme dei 100 Giorni”) mirata a far della Cina un paese moderno. Tale riforma sarebbe fallita in seguito ad un nuovo colpo di stato di Cixi, contraria ad esse, e conclusasi con l’imprigionamento di Kuang Hsu.

Grazie agli studi svolti negli ultimi vent’anni su documenti ufficiali, i sinologi hanno avuto modo di scoprire nuove sfaccettature in merito a queste vicende, che rendono gli eventi analizzati più complessi di quello che si pensava in passato.

La vecchia teoria di una Cixi contraria alle riforme stride con gli avvenimenti verificatisi a partire dal 1861 di cui abbiamo parlato. In quasi trent’anni di reggenza, l’imperatrice vedova si adoperò in tentativi di ammodernamento del paese, cercando di mantenere, nel bene e nel male, un’identità nazionale e culturale. In alcuni casi le riforme furono comunque troppo deboli, mentre in altri casi vanificate dalle guerre.

Nel 1889 Cixi lasciò così nelle mani di Kuang Hsu un paese non ancora sviluppato, ma avviato verso un cambiamento. Naturalmente bisognava fare molto di più.

Nel decennio in cui Kuang Hsu governò autonomamente, tra il 1889 e il 1898, Cixi, allontanata dalla politica, si ritirò nel Palazzo d’Estate alle porte di Pechino. Nella prima fase del suo regno, l’imperatore si circondò di una cerchia di consiglieri poco abili, che causarono un rallentamento economico del Paese.

Anche lo sviluppo dell’esercito e della marina, strumenti fondamentali che avrebbero dovuto garantire l’indipendenza cinese, subì un forte rallentamento.

Cixi, probabilmente delusa per l’essere stata messa da parte, commise un errore gravissimo che avrebbe avuto conseguenze disastrose di li a poco. Per vendicarsi del nipote, si dedicò alla ristrutturazione del Palazzo d’Estate, gravemente danneggiato durante la seconda guerra dell’oppio, dirottando per la sua ricostruzione i fondi destinati all’allestimento della flotta moderna, contribuendo così all’indebolimento del sistema difensivo del Paese.

Nel frattempo i Giapponesi, ormai lanciati verso la costruzione di un Impero coloniale in Asia, iniziarono ad interferire nella politica interna del Regno di Corea, stato satellite cinese. Con un pretesto, nel 1894 i nipponici organizzarono un colpo di stato a Seoul, creando un governo fantoccio filo-giapponese. La cosa portò inevitabilmente all’intervento della Cina. La differenza tecnica e organizzativa tra i due stati fu evidente fin dall’inizio e la flotta cinese, che anche a causa di Cixi non aveva avuto modo di rafforzarsi, venne nuovamente distrutta, rendendo il Giappone padrone dei mari e in grado di minacciare anche i porti in territorio cinese.

L’esercitò di Kuang Hsu tentò di resistere, ma fu completamente annientato e cacciato dalla Corea. Addirittura, i giapponesi si spinsero in territorio cinese, occuparono militarmente la penisola di Liaodong.

A seguito di queste drammatiche sconfitte la corte era completamente allo sbando e si decise quindi di coinvolgere Cixi nelle decisioni di governo. Nonostante il suo intervento, la guerra era stata troppo disastrosa per la Cina, che non potè fare altro che accettare le condizioni di pace richieste dal nemico.

L’accordo umiliante che ne seguì, il “Trattato di Shimonoseki”, venne firmato il 17 aprile 1895 e costrinse il Celeste Impero a pagare un debito di guerra spropositato, che superava addirittura il totale pagato per entrambe le guerre dell’oppio messe insieme. Fu ceduta al Giappone la sovranità dell’Isola di Taiwan, delle isole Pescadores, della Penisola di Liaodong e della provincia di Fengtian in Manciuria. Inoltre, la Corea passò definitivamente sotto l’influenza nipponica. Anche a livello commerciale il Giappone ottenne vantaggi come l’apertura e la gestione di fabbriche in territorio cinese e la concessione di nuovi porti.

Questa sconfitta fu una tragedia per la Cina, non solo a livello economico e per le perdite territoriali, ma anche perché tutte le potenze coloniali si avventarono sul corpo morente dell’impero, rivendicando nuovi possedimenti e concessioni.

Gli stati europei e gli Stati Uniti non videro di buon occhio l’espansionismo giapponese ed il trattato di Shimonoseki: era considerato una minaccia per i propri interessi economici in Cina. (Fu in questo periodo che venne coniata l’espressione “Pericolo Giallo” da parte del Kaiser Guglielmo II di Germania, riferito ai Giapponesi). Francia, Russia e Germania si unirono immediatamente per evitare l’insediamento delle truppe giapponesi in Cina. Le terre della Manciuria furono spartite tra le tre potenze, mentre la Penisola di Liaodong fu occupata dai Russi.

Questa sconfitta fu la più umiliante di tutte quelle subite negli ultimi 60 anni e il contraccolpo, non solo economico, ma soprattutto sociale, si fece sentire.

Alle potenze straniere ora bastava una scusa qualunque per presentarsi davanti alla Cina con le cannoniere e reclamare territori o indennità.

Dopo la sconfitta, Kuang Hsu cercò di studiare rivoluzionarie riforme istituzionali, circondandosi di funzionari riformisti, tra cui Kang Youwei. La stessa Cixi, spaventata dall’esito della guerra contro il Giappone, riconobbe la necessità di creare un apparato burocratico più moderno ed efficiente. Kuang Hsu ed i suoi funzionari si convinsero della necessità di dare vita a un Parlamento in stile occidentale. Il Giappone era la dimostrazione di come fosse possibile applicare i sistemi occidentali senza perdere la propria identità.

Quello che probabilmente portò allo scontro tra Cixi e l’Imperatore Kuang Hsu durante la “riforma dei 100 giorni” nel 1898, fu una sostanziale differenza di visione su come apportare tali modifiche.

Alcuni dei riformisti importanti ai quali Kuang Hsu si era appoggiato, tra cui il citato Kang Youwei, pare fossero in contatto con importanti politici giapponesi, ai quali erano intenzionati a chiedere aiuto per riformare lo Stato Cinese.

L’idea era quella di creare un parlamento in cui lo stesso Kang Youwei sarebbe stato Primo Ministro. Funzionari vicini a Cixi e l’imperatrice stessa ritennero, probabilmente a ragione, che in cambio dell’aiuto offerto, Kuang, una volta Primo Ministro, avrebbe seguito una politica filo nipponica, cosa che avrebbe fatto della Cina un paese subordinato al Giappone.

Cixi agì quindi per bloccare le riforme. Con un nuovo colpo di stato esautorò l’imperatore che fu arrestato. Alcuni dei riformisti che erano stati vicini al sovrano, tra cui Kang Youwei, fuggirono in Giappone, dove ottennero l’aiuto delle autorità locali.

In questo terribile 1898, Cixi aveva 63 anni ed era estremamente delusa dagli eventi. Quarant’anni di tentativi non erano stati sufficienti per portare la Cina tra le potenze mondiali e renderla forte. Al contrario, le potenze straniere continuavano a rappresentare una minaccia, a comportarsi come uccelli rapaci, chiedendo continuamente concessioni e territori, indebolendo sempre di più un paese stremato e rendendo vana ogni azione intrapresa.

A causa di tutte queste guerre e sconfitte, una buona fetta della popolazione cinese aveva patito le conseguenze della distruzione e delle carestie, facendo spesso la fame. La misura era colma e iniziò a diffondersi un odio sempre più profondo e incontrollabile nei confronti degli stranieri.

Anche la Dinastia Ching fu presa di mira e iniziarono a circolare preoccupanti slogan che incitavano a cacciare i Mancesi e a ripristinare la dinastia Ming.

A partire da quel periodo, bande di xenofobi iniziarono a minacciare in maniera sempre più preoccupante gli insediamenti degli stranieri e dei cinesi convertiti al cristianesimo, gettando le basi per un nuovo conflitto devastante.

Questi ribelli fanatici delle arti marziali, che si fecero conoscere con il nome di “Pugno della giustizia e della concordia” (ribattezzati Boxer dagli occidentali), iniziarono a diffondersi nel nord del Paese, compiendo scorrerie e azioni violente contro la comunità internazionale e danneggiando i simboli della presenza straniera, come pali del telegrafo e linee ferroviarie.

Ribelli Boxer

A partire dalla seconda metà del 1899, le fila di questi gruppi di ribelli divennero sempre più grandi e pericolose, cosa che fece preoccupare seriamente gli stranieri in Cina, i quali chiesero al governo di Cixi di intervenire per soffocare le azioni di questi banditi.

L’imperatrice e il suo governo, da un lato guardarono ai Boxer con ammirazione, in quanto erano stati in grado di creare tensione in paesi come Inghilterra e Francia, ma dall’altro erano preoccupati che un appoggio ufficiale del governo avrebbe portato una guerra. Cixi decise per il momento di tenere il piede in due scarpe, inviando milizie contro i ribelli con l’unico scopo di intimidirli.

La situazione precipitò all’inizio del 1900, quando i boxer uccisero un missionario inglese. I corpi diplomatici iniziarono a temere il peggio e chiesero quindi al governo di dichiarare definitivamente i boxer fuorilegge.

Cixi tentennò nuovamente e questo non fece altro che galvanizzare i ribelli che si sentirono legittimati. Nel Giugno del 1900 attaccarono così il Quartiere delle legazioni a Pechino (si trattava di un’area fortificata al cui interno vi erano le residenze e gli uffici dei diplomatici stranieri), simbolo dell’oppressione straniera.

Forze Boxer a Tientsin

Le potenze coloniali reagirono subito, creando “L’alleanza delle Otto Nazioni” (composta da russi, inglesi, francesi, statunitensi, tedeschi, italiani, giapponesi e austriaci) e inviando in direzione di Pechino un contingente di circa 400 soldati, con lo scopo di difendere i propri connazionali. L’ingresso dell’esercito straniero nel territorio cinese portò ad immediati scontri tra le due parti, causando molti morti tra le fila dei boxer che, per vendetta, agirono violentemente contro qualsiasi straniero incontrato nel loro cammino.

Il governo di Cixi, che fino a quel momento si era comportato in maniera ambigua, vedendo la presenza di un esercito nemico in direzione della capitale, decise di appoggiare i boxer e dichiarare ufficialmente guerra agli invasori, il 20 Giugno 1900.

La decisione di Cixi si rivelò poco saggia, infatti per l’ennesima volta la Cina venne sconfitta rapidamente e il 14 agosto dello stesso anno la coalizione internazionale entrò a Pechino togliendo l’assedio al quartiere delle legazioni.

Militari delle potenze straniere durante la ribellione dei Boxer, con le proprie bandiere navali

Cixi con il suo governo e l’imperatore Kuang Hsu ancora prigioniero, lasciarono la capitale per trasferirsi a Xian, a circa 2000 chilometri di distanza.

Prima di partire però l’imperatrice commise un gesto disumano. Forse a causa dell’astio provato nei confronti dell’imperatore Kuang Hsu, ordinò che la concubina favorita del sovrano, Long Yu, non seguisse il marito, invitandola a togliersi la vita. Disperata ed impaurita, Long Yu chiese pietà all’Imperatrice Vedova, la quale ordinò ai suoi eunuchi di gettare la giovane in un pozzo all’interno della Città Proibita. Le urla strazianti della giovane cessarono solo con la sua morte.

Giunti a Xian, con grande sorpresa di tutti, Cixi riuscì a mantenere saldo nelle sue mani le redini del governo, inviando il Funzionario Li Hongzhang a Pechino per trattare le condizioni della pace.

Nel settembre 1901 fu firmato il “Protocollo dei Boxer” che imponeva alla Cina il fardello di un’ennesima e pesante indennità di guerra, oltre al pagamento di indennizzi alle famiglie delle vittime. Il Quartiere delle legazioni venne inoltre ingrandito e fu ceduta la sovranità di alcune regioni a favore dei vincitori.

L’impero continuava a subire lo smembramento, ma Cixi era ancora al potere e con la conclusione della guerra dei Boxer si aprì così l’ultima fase del suo regno, in cui tentò il tutto e per tutto per salvare la Dinastia.

GLI ULTIMI ANNI (1901 – 1908)

Dopo la firma del trattato di pace, Cixi e il suo seguito partirono in pompa magna da Xian alla volta di Pechino. Consapevole degli errori commessi durante la guerra dei Boxer e dei suoi errori di valutazione della situazione, l’Imperatrice Vedova decise di stravolgere le regole dello stato confuciano.

Ritratto di Cixi, 1903

L’Imperatore in Cina era visto come un semi-dio, considerato il “Figlio del Cielo”. Era pertanto proibito ai comuni mortali guardare il volto del sovrano (e in questo caso anche dell’Imperatrice Vedova). I servitori e chiunque altro dovevano abbassare lo sguardo al suo passaggio e i funzionari dovevano compiere sempre dei gesti di sottomissione. Ovviamente non era contemplato che “i Barbari Venuti dal Mare” potessero vedere i sovrani, né tanto meno rivolgere loro la parola.

In un tentativo di ammodernamento estremo, Cixi stravolse questa regola secolare. Si era infatti documentata sulla vita della Regina Vittoria e degli altri regnanti europei, rimanendo colpita da come questi ultimi si mostrassero al popolo durante le cerimonie pubbliche, divenendo simbolo della potenza dello stato. Decise di fare così altrettanto nel tentativo di sfruttare la propria immagine a favore del Paese. Lo possiamo definire come il primo tentativo di marketing della storia della Cina.

Come gesto di pacificazione post-bellico, informò quindi le delegazioni straniere sulla data del suo rientro a Pechino, invitando i delegati con le rispettive mogli a salire sulle mura della Città Proibita così da potersi mostrare al suo arrivo e rivolgere loro i propri saluti.

Il 7 gennaio 1902, Cixi arrivò a Pechino in treno e da lì, con un fastoso corteo, raggiunse il palazzo imperiale dove ad accoglierla c’erano appunto anche i dignitari stranieri.

Dopo essere scesa dal palanchino che la trasportava, si girò verso di loro, fece un sorriso e, con un gesto della mano, li salutò. Tale momento venne immortalato in una fotografia.

Nel tentativo di apportare questo cambio di immagine, Cixi decise di aprire le porte del palazzo alle mogli dei delegati occidentali, invitandole spesso a trascorrere del tempo assieme. Questi inviti furono molto apprezzati e i racconti di questi incontri fecero il giro del mondo. Tra le molte donne che iniziarono a frequentare il palazzo, Tsu Hsi strinse un legame molto forte con Sarah Conger, moglie di un delegato americano, con la quale si soffermò spesso a parlare di politica.

Su idea della Conger, nel 1903 Cixi invitò a palazzo la pittrice Katherine Carl, con lo scopo di commissionarle dei ritratti ufficiali da inviare ai capi di Stato in America ed Europa. Anche in questo caso si creò un legame molto forte tra la sovrana e la pittrice che, su insistenza dell’imperatrice, prolungò la sua permanenza a palazzo di diversi mesi: anziché fermarsi per tre mesi, ne rimase dieci.

Katherine Carl, dopo essere rientrata in America, nel 1905 decise di pubblicare un libro (“With the Empress Dowager”) con lo scopo di mostrare al Paese le sue impressioni sulla sovrana, che venne descritta come donna molto furba e intelligente, che si era comportata con grande premura ed amicizia nei suoi confronti.

Cixi aveva una “grande presenza, charme e una grazia nei movimenti che la rendevano insolitamente attraente” – Katherine Carl

Gli incontri frequenti con le dame occidentali, la disponibilità a farsi fotografare, e il libro della Carl aiutarono a smorzare l’immagine negativa della sovrana all’estero.

Il cambio di immagine era stato un passo politico molto importante, ma questo, da solo, non sarebbe stato d’aiuto se non supportato da un programma serio.

Cixi, ormai anziana (sul finire del 1905 avrebbe compiuto 70 anni), sapeva che non sarebbe potuta vivere per sempre e tentò quindi di studiare per un’ultima volta delle riforme radicali da applicare immediatamente.

Venne riformato, sullo stampo occidentale, il sistema scolastico. Anche il numero di università si moltiplicò con l’obiettivo di creare una nuova classe dirigente preparata e pronta a relazionarsi con l’estero. Nel 1905 vennero quindi aboliti gli esami imperiali, basati unicamente sullo studio dei classici confuciani, i cui vincitori avevano accesso alle cariche pubbliche. Questa riforma permise, o per lo meno tentò di consentire, l’accesso all’amministrazione pubblica in base alle capacità e alla meritocrazia.

A livello sociale, fu abolita l’usanza cinese della fasciatura dei piedi delle bambine, pratica diffusa nelle classi alte, che rendeva le bambine storpie. Fu inoltre abolito il divieto di matrimonio tra cinesi e mancesi, regola che era stata introdotta all’avvento della dinastia Ching.

L’ostacolo più grande ed importante da superare era l’introduzione di una costituzione e la creazione di un parlamento su base elettiva. Era necessario per la Dinastia condividere il potere. Secondo i piani della sovrana, sarebbe stata necessaria un’altra decina d’anni per poter inaugurare il primo governo eletto.

Ancora una volta queste riforme furono tardive. Le guerre perse negli ultimi 60 anni e le umiliazioni subite avevano causato un forte fronte contro la dinastia Ching. Grazie alla diffusione dei giornali iniziarono a circolare con prepotenza le idee rivoluzionarie, che avevano come scopo l’instaurazione della Repubblica.

Infine, sul finire della sua vita, Cixi cercò di allontanare il pericolo giapponese. Tra il 1904 e il 1905, l’impero del Sol Levante aveva sconfitto i russi nel corso di una guerra, riuscendo ad ottenere il controllo di parte della Manciuria ed il riconoscimento come Potenza Mondiale. È convinzione di molti che i riformisti cinesi del 1898, rifugiati in Giappone e guidati da Kang Youwei, esaltati dalla nuova forza del Giappone, avessero chiesto aiuto al governo nipponico per aiutarli a rimettere sul trono Kuang Hsu e formare poi un governo pro Giappone.

Cixi, che tentò di contrastare questo atteggiamento aggressivo con tutte le sue forze, sfuggendo anche ad un attentato, arrivò a prendere un’altra decisione moralmente aberrante, decisione che avrebbe macchiato per sempre la sua immagine. Ritenne che, una volta morta, i riformisti esuli filo giapponesi sarebbero stati in grado di portare avanti i loro piani rimettendo sul trono Kuang Hsu e consegnando il paese al Giappone.

Per l’imperatrice solo un’azione era possibile: Kuang Hsu doveva morire e doveva essere sostituito da un nuovo sovrano non collegato ai riformisti, eliminando così il pericolo giapponese.

Su ordine di Cixi, Kuang Hsu, che aveva solo 37 anni, venne avvelenato e si spense tra atroci tormenti il 14 novembre 1908. Pensando di avere ancora un po’ di tempo, l’Imperatrice Vedova pose sul trono del drago il piccolo Pu Yi, figlio del fratello del defunto Kuang Hsu, ma il fato probabilmente non apprezzò le azioni dell’anziana sovrana, che il giorno successivo ebbe un malore e spirò, a 73 anni.

L’Impero aveva così perduto il suo ultimo perno.

Esterno del mausoleo di Cixi

Immagine di Rolfmueller via Wikipedia – licenza CC BY-SA 3.0

Quello che seguì alla sua morte fu un periodo di caos. Mancando una figura carismatica del suo livello, il nuovo governo non fu in grado di portare avanti le nuove politiche impostate, perdendo così il controllo del Paese. Dopo soli 3 anni la Dinastia Ching crollò su se stessa, lasciando il posto a una debole repubblica e a 40 anni di guerra civile.

Dove non diversamente specificato, le immagini sono di pubblico dominio

BIBLIOGRAFIA:

“L’Imperatrice Cixi” di Jung Chang, Ed. Longanesi

“Tsu Hsi – Imperatrice della Cina” di Carlo Dragoni, Ed. Mondadori

“La Cina – Dalle guerre dell’Oppio al conflitto franco-cinese 1840 – 1885 (Volume primo)” di Jean Chesneaux e Marianne Bastio, Ed. Einaudi

“La Cina – Dalla guerra franco-cinese alla fondazione del Partito comunista cinese 1885 – 1921″ (Volume Secondo) di Jean Chesneaux, Marianne Bastio e Marie Clarie Bergere; Ed. Einaudi

“Storia della Cina” di Mario Sabattini e Paolo Santangelo, Ed. Laterza.

Giordano Strizzolo

Dal Giappone scrivo storie riguardo leggende e storia dell'Asia.