Fin da ragazzo ha una sola cosa in testa Marco Tullio Cicerone, assorbita nelle letture dei testi omerici che ama tanto: “essere sempre il migliore ed eccellere sugli altri”.
Cicerone
Immagine di Glauco 92 via Wikipedia – licenza CC BY-SA 3.0 – Roma Musei Capitolini
Per lui, che appartiene a una famiglia della piccola nobiltà equestre, la strada è tutta in salita. Arriva a Roma da un paesino della campagna laziale, Arpinum, e studia, studia tanto, giurisprudenza innanzitutto, per poter accedere alla carriera forense, e filosofia, che sarà una delle sue grandi passioni per tutta la vita.
80 a.C, Roma: la situazione è difficile, Silla è dittatore, il partito dei populares è sbaragliato, gli oppositori sono finiti tutti nelle liste proscrizione, uccisi o in esilio, il Senato ha il totale controllo dello Stato.
Succede che in quell’anno un certo Sesto Roscio Amerino è accusato di aver assassinato il padre. Nessuno degli oratori del Foro vuole assumere la sua difesa, perché potrebbe essere implicato nel delitto un liberto di Silla, Crisogono. Finisce che è un novellino senza niente da perdere, in termini di carriera, che gli fa da avvocato. E’ Cicerone, che non si limita a difendere il suo cliente, ma tira in ballo quelli che lui ritiene i veri responsabili, tra i quali ci sono anche un paio di parenti delle vittima, e poi anche lo stesso Crisogono, accusato di volersi appropriare delle proprietà del morto a prezzi d’asta. Ci riesce Cicerone a vincere la causa, basando la sua difesa sulla semplice domanda:
Cui prodest? (a chi giova?)
Cicerone è riuscito a dimostrare la sua abilità oratoria, ma pensa bene di allontanarsi per un po’ da Roma: hai visto mai che Silla voglia vendicarsi della condanna toccata al suo liberto?
Se ne va in Grecia a completare la sua formazione, e torna a Roma nel 78 a.C, quando Silla è ormai morto, e Pompeo e Crasso hanno un po’ ridimensionato il potere del Senato.
Si fa in quattro per diventare qualcuno e nel 63 a.C. è console. Lui è un homo novus, ovvero il primo della sua famiglia a ricoprire cariche pubbliche, e per questo non è ben visto dall’aristocrazia. La sua scalata ha successo grazie a quel “partito di mezzo” dell’alta borghesia che si allea, a seconda delle convenienze, talora con l’aristocrazia e talaltra con i populares.
Catilina
Ritratto immaginario di Catilina in un manoscritto medioevale
Di Catilina non si sa molto, se non quello che ci dicono Cicerone e lo storico Sallustio, che ne scrive una ventina d’anni dopo la sua morte nella sua De Catilinae coniuratione, tratteggiando pure lui il ritratto di un aristocratico corrotto, esempio della decadenza di Roma.
Lucio Sergio Catilina appartiene sì all’antica nobiltà romana, ma la sua famiglia è impoverita e da molto tempo fuori dal gioco della politica. Combatte agli ordini di Silla durante la prima guerra mitridatica, e lo appoggia quando torna Roma. Come spesso accade con i vinti, a posteriori si raccontano di lui cose raccapriccianti, qualcuno lo accusa addirittura di cannibalismo.
Catilina, dopo la morte di Silla, inizia come Cicerone il cursus honorum (cariche pubbliche da ricoprire in sequenza per aspirare al consolato) per arrivare a candidarsi come console. E si candida per ben tre volte, ma viene fermato da accuse infamanti e processi che poi lo vedono sempre assolto, e quando questo non basta, da brogli elettorali.
Viene accusato dell’omicidio del figlio, ucciso, si dice, per far contenta la sua amante, che poi diventerà sua seconda moglie. Nel 66 a.C, quando si candida a console per la prima volta, lo accusano di cospirazione, ma la montatura doveva essere così evidente che addirittura Cicerone prende in considerazione l’idea di assumere la sua difesa.
Poi lo accusano di un crimine terribile: violenza sessuale di una vestale, che tra l’altro è cognata di Cicerone. Anche in questo caso Catilina è assolto.
Si presenta alle elezioni del 64 a.C. (per assumere la carica nell’anno successivo) in lotta proprio contro Cicerone. Sperava di essere eletto con i voti di quella classe anti-senatoriale che aveva appoggiato Crasso e Pompeo dopo Silla. Ma l’alta borghesia, che appoggia i populares quando si tratta di far abbassare la cresta ai senatori, in quel caso sceglie Cicerone, che promette invece una “concordia degli ordini”, ovvero un’alleanza tra aristocrazia e borghesia. Catilina non è un rivoluzionario, vuole riformare la Repubblica, un po’ sulla scia dei Gracchi, per garantire una maggiore giustizia sociale: redistribuzione delle terre per una plebe rurale ridotta alla miseria, redistribuzione dei bottini di guerra e remissione dei debiti.
Catilina, sconfitto da Cicerone, non si arrende, e si presenta nuovamente alle elezioni dell’anno successivo, con il pieno appoggio della plebe.
Cicerone contro Catilina
Cicerone denuncia Catilina – Affresco di Cesare Maccari a Palazzo Madama – Roma
A pochi giorni dalle elezioni Cicerone accusa Catilina in Senato di cospirazione, in una memorabile assemblea a cui si presenta, a sorpresa, lo stesso Catilina. Cicerone inizia la sua orazione con la celebre frase:
“Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?”: Fino a quando abuserai, Catilina, della nostra pazienza?
Lo accusa, senza alcuna prova, di aver radunato un gruppo di uomini armati vicino a Fiesole e presenta lettere anonime che dovrebbero provare un’alleanza di Catilina con alcune tribù galliche. Nessuna sorpresa quindi che Catilina venga sconfitto alle elezioni, ma l’ipotesi di brogli elettorali è più che fondata, se la sostiene anche un uomo incorruttibile come Catone Uticense, tra l’altro di parte avversa.
Cicerone difende in tribunale il console vincitore, Murena, dall’accusa di brogli, e in attesa del giudizio che avrebbe potuto ribaltare l’esito delle elezioni, accusa Catilina di congiura: i cospiratori avrebbero progettato l’assassinio di personaggi politici importanti, tra i quali lo stesso Cicerone, che si sarebbe salvato grazie alla soffiata di una certa Fulvia, amante di uno dei congiurati.
Cicerone riesce ad ottenere dal Senato “pieni poteri”, e porta davanti all’assemblea due presunti congiurati, rimasti a Roma mentre il loro capo, con pochi fedelissimi, scappava verso l’Etruria. I due, insieme ad altri seguaci, sono condannati a morte. Una sola voce si leva a loro difesa, quella di un giovanissimo Giulio Cesare, rimasta inascoltata. I congiurati vengono strangolati nel carcere mamertino, senza la possibilità, prevista per tutti i cittadini romani, di appellarsi alla clemenza del popolo. Per questo abuso di potere, diversi anni dopo, Cicerone verrà condannato all’esilio (un anno, tra il 58 e il 57 a.C. che trascorrerà in Grecia).
Catilina, particolare dell’affresco di Cesare Maccari
Il 5 gennaio del 62 a.C. Catilina, con un piccolo gruppo di seguaci, viene fermato nei pressi di Pistoia mentre tenta di arrivare nella Gallia cisalpina. Si trova davanti l’esercito romano, ma non arretra: decide di combattere una battaglia persa in partenza. Infatti Catilina muore, e lo stesso Sallustio in questo caso rende onore al nemico:
Catilina fu trovato lontano dai suoi, in mezzo ai cadaveri nemici. Respirava ancora un poco; nel volto, l’indomita fierezza che aveva da vivo
Addirittura Cicerone, che negli anni della lotta politica lo aveva descritto come “un torbido individuo in perpetuo litigio con dio e con gli uomini” a dieci anni dalla sua morte si lascia andare addirittura a qualche elogio, quando racconta di averlo considerato, in certi momenti “un buon cittadino, appassionato ammiratore degli uomini migliori, amico sicuro e leale”.
Il ritrovamento del corpo di Catilina – Alcide Segoni, 1871
Queste poche parole di lode non saranno sufficienti a contrastare il diffondersi della cattiva fama di Catilina, un vinto passato alla storia solo attraverso le parole dei suoi detrattori. Cicerone invece, per aver sventato la presunta congiura, aumenta ancor di più il suo prestigio e il senato gli accorda di fregiarsi del titolo di Padre della Patria.
Immagine satirica ottocentesca della denuncia di Cicerone
La congiura di Catilina, se pure ci fu, potrebbe sembrare il maldestro tentativo di un anarcoide che aveva radunato intorno a sé seguaci senza prestigio e qualche truppa raccogliticcia. La storiografia moderna è più propensa a credere che alle sue spalle ci fossero personaggi ben più importanti, rimasti nell’ombra. Come quel Caio Giulio Cesare che morirà una ventina d’anni dopo in un altro tentativo di trasformare la Res Publica romana. Ma questa è un’altra storia…