Chet Baker: l’Angelo del Jazz che non sconfisse mai i suoi Demoni

Chi era il ragazzo che riuniva in sé la spavalda bellezza di James Dean, la voce di velluto di Frank Sinatra e la straordinaria capacità di improvvisare di “Bix” Beiderbecke? Chet Baker, la leggenda del jazz che finì i suoi giorni su un marciapiede di Amsterdam, caduto dalla finestra della sua camera d’albergo:

Un volo di tre piani per chiudere una vita vissuta sempre al limite.

Chet Baker nel 1983

Fonte immagine: Michiel Hendryckx via Wikipedia – licenza CC BY-SA 3.0

Il corpo insanguinato del musicista, trovato nelle prime ore del mattino di un venerdì di primavera del 1988, non conservava più nulla di quella bellezza che l’aveva aiutato all’inizio della sua carriera. E non era colpa solo dell’inesorabile avanzare dell’età, ma piuttosto degli anni trascorsi ad alimentarsi di ogni genere di droga e alcol, mentre l’altalena del successo andava giù di pari passo con l’aumentare degli abusi, per tornare su grazie all’aiuto di altri musicisti.

Chesney “Chet” Henry Baker, nato nel 1929 in Oklahoma, era figlio d’arte: il padre era chitarrista di professione, mentre la madre suonava il pianoforte per passione. Il piccolo Chet crebbe quindi a pane e musica (anche se la Grande Depressione costrinse il padre a trovarsi un lavoro più sicuro), iniziando a suonare maldestramente il trombone, a quattordici anni, ma dando il meglio di sé quando gli misero in mano una tromba.

La sua scarsissima educazione musicale era compensata dal talento naturale e dall’orecchio assoluto. La sua scuola di perfezionamento fu l’esercito degli Stati Uniti: prima nella Banda della 208° Armata, mentre era a Berlino, e poi in quella della Sesta Armata a San Francisco. Nel 1950 abbandonò l’esercito e iniziò la sua ascesa come promettente stella della musica jazz.

Baker suona a Perugia – 1956

Fonte immagine sconosciuta

Quando il grande sassofonista Charlie Parker lo sentì suonare per la prima volta, avvertì i suoi amici Dizzie Gillespie e Miles Davis: “Questo piccolo gatto bianco qui fuori vi darà dei problemi”. Proprio con Charlie Parker iniziò a esibirsi sulla West Coast, ma fu con Gerry Mulligan che ebbe modo di esprimersi al meglio: diedero vita a un quartetto dove, per la prima volta, mancava l’accompagnamento del pianoforte, mentre quel particolare tipo di jazz morbido e rilassato, il “cool jazz”, trovava nella voce languida di Baker uno dei suoi massimi interpreti: rimane leggendaria la sua versione di un classico del jazz, My Funny Valentine.

L’esperienza con Mulligan si esaurì dopo un anno, quando il sassofonista finì in carcere per uso di stupefacenti. Ma la carriera di Baker proseguì: tra il 1953 e il 1956 uscirono diversi album, molto apprezzati dal pubblico, che in un sondaggio lo proclamò il miglior cantante jazz.

Intanto si esibiva in concerti in tutta Europa, mentre probabilmente era già iniziata la sua dipendenza dall’eroina. Oltre che per la sua bravura, Baker colpiva il pubblico anche per la sua bellezza, che non passò inosservata nel mondo del cinema: Hollywood lo chiamò per un film, Hell’s Horizon, uscito nel ’55, ma in seguito l’artista rifiutò altre offerte, preferendo di gran lunga l’errabonda vita del musicista.

Baker nel film Hell’s Horizon

Baker con Franco Cerri – 1962

Immagine di pubblico dominio

Veniva spesso in Italia a suonare, e anche a incidere dischi con artisti del calibro di Fausto Papetti e Franco Cerri (e molti altri), ma la sua ormai irreversibile tossicodipendenza lo fece finire nel carcere di Lucca, nel 1960, dopo che si era fatto trovare piuttosto confuso, nel bagno di un distributore di benzina, mentre andava alla Bussola di Focette, con una siringa insanguinata e un farmaco illegale nel nostro Paese.

Ci rimase 16 mesi in quel carcere, e qualche lucchese ancora ricorda il suono struggente della sua tromba, che per 10 minuti al giorno gli era concesso suonare


Proprio la sua dipendenza da droghe aveva convinto Baker a lasciare gli Stati Uniti (dove aveva trascorso diversi mesi in carcere nel 1959) alla fine degli anni ’50, ma anche in Europa, oltre alla disavventura Italiana, finì espulso da Regno Unito e dalla Germania Ovest.

Nel 1966, quando era ormai tornato negli Stati Uniti, Baker smise di suonare: aveva perso i denti davanti, indispensabili a un trombettista. Su come li avesse persi, ancor oggi aleggia il mistero: forse erano già compromessi per l’uso di eroina, ma pare che qualcuno glieli fece sputare fuori durante una rissa, almeno a detta del musicista. Un’altra versione parla di una punizione per un mancato pagamento al suo fornitore di droga (Baker arrivava a impegnare i suoi strumenti per pagarsi le dosi), ma comunque fossero andate le cose, Chet finì a lavorare in un distributore di benzina.

Finché Dizzie Gillespie, capitato proprio in quel distributore, lo riportò a suonare, aiutandolo economicamente anche a rifarsi i denti

Negli anni ’70 quindi Baker tornò a suonare, ricominciando la sua carriera da New York, ma nell’ultimo decennio della sua vita trascorse quasi tutto il suo tempo in Europa, registrando per piccole case discografiche, senza raggiungere più un ampio pubblico, ma con un buon successo di critica.

Baker con Stan Getz – 1983

Immagine di pubblico dominio

Dopo un esaltante tour in Giappone, nel 1987, dove Baker fece solo uso di metadone (per aggirare le rigide leggi nipponiche sul consumo di eroina), ritornò in Europa, dove poteva più tranquillamente continuare ad autodistruggersi. La causa della sua morte non è mai stata chiarita: ci fu chi parlò di suicidio, ma per altri fu del tutto accidentale. Chet amava suonare seduto sul davanzale delle finestre, ma quando si è imbottiti di cocaina ed eroina (come risultò dall’autopsia) può diventare un’abitudine molto pericolosa.

Sono trascorsi più di trent’anni dalla sua morte, ma Chet Baker rimane nella memoria di tutti gli amanti del jazz come l’artista che trasformava la musica in poesia, la voce d’angelo di un uomo che non seppe mai vincere i suoi demoni.

Per conoscere meglio Chet Baker:

Nel 1988 uscì un documentario, realizzato dal fotografo di moda Bruce Weber, “Let’s get lost”: dal grande successo dei primi anni ’50 al declino dovuto alla tossicodipendenza.

Nel 2015 è poi uscito il film Born to Be Blue, interpretato da Ethan Hawke.

Sulla disavventura giudiziaria di Baker in Italia, è stato pubblicato qualche anno fa Il mio amico Chet, di Domenico Manzione.

Annalisa Lo Monaco

Lettrice compulsiva e blogger “per caso”: ho iniziato a scrivere di fatti che da sempre mi appassionano quasi per scommessa, per trasmettere una sana curiosità verso tempi, luoghi, persone e vicende lontane (e non) che possono avere molto da insegnare.