La figura di Catherine Parr, ultima consorte di Enrico VIII, è quella che risulta storicamente più sbiadita, forse perché, a differenza delle mogli precedenti (tranne Anne Cleves, di cui abbiamo parlato nell’articolo dedicato), sopravvisse al marito e non fu vittima di una sorte tragica.
In copertina: Catherine Parr (nel 1540) ed Enrico VIII (nel 1542) ritratti da Hans Holbein
“Cat”, come era chiamata in famiglia, era nata nel 1512 da Thomas Parr, un nobile originario dell’Inghilterra settentrionale e da Maud Green, dama di compagnia della regina Caterina d’Aragona. Non possedeva né la nervosa bellezza di Anna Bolena, né il fisico esile ed aggraziato di Jane Seymour; al contrario, piccola e robusta, con le guance paffute e l’espressione aperta e bonaria, Catherine evocava più l’immagine di una massaia benestante che quella di una gentildonna.
Sotto, Anna Bolena:
Eppure il re, che cercava moglie dopo l’esecuzione di Catherine Howard, colpito dalle sue qualità intellettuali, si innamorò di lei. Perché la Parr accettò di sposare Enrico VIII – un passo fatale, costato la vita a ben tre mogli su cinque prima di lei – resta uno dei grandi enigmi della storia. Se è vero infatti che la proposta di un sovrano dispotico e vendicativo come il Tudor non poteva certamente rifiutarsi a cuor leggero, è vero anche che Catherine era nota per essere una donna risoluta, dal carattere volitivo. Aveva seppellito, alle soglie della trentina, già due mariti: il primo, Lord Edward Burgh, che l’aveva lasciata vedova a soli 20 anni, ed il secondo, il ricco e potente Lord John Neville III Barone Latimer, morto nel 1543.
Sotto, John Neville:
Il barone di Latimer era stato un personaggio di spicco a corte, coinvolto in una rivolta religiosa scoppiata nell’Inghilterra del nord, che gli era valsa un’accusa di tradimento, dalla quale era miracolosamente riuscito a discolparsi.
Sotto, Catherine Parr nel ritratto al Melton Constable, in cui si vede una versione più giovanile rispetto a quella più famosa di Holbein. Forse il quadro è più realista, e non realizzato in modo da invecchiare la donna per farla somigliare, a livello di età, a Enrico VIII:
Nel corso dei disordini, la consorte e i figli erano stati presi in ostaggio dai ribelli. Questo episodio segnò profondamente Catherine, al punto che, una volta regina, intercedette spesso a favore delle vittime delle persecuzioni religiose, tristemente comuni all’epoca.
Il corteggiamento di Enrico VIII fu inizialmente accolto dalla Parr con franco sgomento: il sovrano mostrava ben più dei suoi 52 anni, soffriva di gotta, era obeso (era giunto a pesare 180 chili per un metro e ottantacinque di statura) ed in più la piaga purulenta ad una gamba, dovuta al diabete, non gli dava requie e lo obbligava a spostarsi con un bastone. Come se non bastasse, Catherine era innamorata di un altro uomo, uno dei gentiluomini di corte, l’affascinante lord Thomas Seymour, fratello della compianta regina Jane.
Sotto, Thomas Seymour ritratto da Nicholas Denizot:
Probabilmente erano in corso tra i due progetti di matrimonio, ma non appena si sparse la voce che il re mostrava interesse per Catherine, il prudente Seymour si ritirò dietro le quinte, sapendo per esperienza quanto fosse pericoloso contrastare il passo a sua maestà. Catherine si ritrovò pertanto sola, a meditare sul suo regale pretendente e, non avendo presumibilmente molta scelta, si risolse a sposarlo a poco più di un anno dalla decapitazione della precedente regina.
Le nozze, tra lo stupore generale, durarono fino alla scomparsa del sovrano
Molto colta, incline al protestantesimo nelle sue forme più autentiche di riforma dei costumi del clero – autrice di alcune opere devozionali, come “Prayers and Meditations” – la sovrana fu stimata e rispettata a corte. Esercitò un’ influenza positiva, per quanto le fu consentito, su Enrico VIII, rivestendo anche un delicato incarico istituzionale come reggente del regno durante l’assenza del sovrano, partito per la guerra in Francia, nel 1544.
Sotto, la copertina di “Prayers and Meditations”, il 1° libro pubblicato da una donna con il proprio nome in Inghilterra:
Fin dall’inizio seppe instaurare a corte un ambiente familiare caloroso ed accogliente, riunendo i principi suoi figliastri al padre. Per Edoardo (figlio di Jane Seymour), Maria (figlia di Caterina d’Aragona) ed Elisabetta (figlia di Anna Bolena) la Parr fu sempre una madre affettuosa e comprensiva, al punto che tutti e tre l’adorarono e le restarono legati per tutta la vita. Nelle relazioni con il suo difficile consorte non fu né capricciosa né acquiescente, ma semplicemente spontanea.
Solo su di un punto il re e la regina spesso furono in disaccordo: la teologia
Catherine, come si è visto, propendeva per il protestantesimo, mentre il re, a dispetto dello strappo consumato con il cattolicesimo romano, restava ancora, per molti versi, legato all’antica dottrina. A volte discutevano accalorandosi, e ci fu un’occasione in cui qualcuno avvertì la sovrana che aveva passato il segno. Senza scomporsi Catherine tornò da Enrico e lo pregò di non serbarle rancore: se a volte lo contraddiceva, lo faceva unicamente per il piacere di sentirsi confutare con tanta eloquenza.
E la sua posizione (e forse la vita) fu salva
O meglio, fu temporaneamente salva, perché gli ultimi anni di vita di Enrico VIII furono segnati da un inarrestabile declino e dalla paranoia, che culminò in atti di sanguinosa repressione verso nemici veri o presunti.
La stessa Catherine Parr fu accusata di eresia e di tradimento
La regina evitò in maniera fortunosa l’arresto, nell’estate del 1546, solo dopo aver ribadito la propria sottomissione al consorte. Presumibilmente la scomparsa di Enrico VIII, il 28 gennaio del 1547, salvò anche Catherine da una fine tragica.
Non appena il re ebbe chiuso gli occhi, la Parr si riunì all’unico uomo che avesse mai amato, Thomas Seymour, e si sposarono in segreto in maggio, a soli tre mesi dalla morte del regale consorte.
Sfortunatamente, però, la Parr non visse a lungo
Suo marito fu accusato di essersi preso delle libertà con la principessa Elisabetta – la futura Elisabetta I d’Inghilterra, che viveva all’epoca nel loro castello – e di aver progettato di sposarla, dopo averla compromessa. Per proteggerne la reputazione nonostante il dolore che le costò la decisione, visto che amava molto la giovinetta, Catherine fu costretta ad allontanarla.
Sotto, Elisabetta I d’Inghilterra ritratta da William Scrots:
Inaspettatamente poi – dai primi tre matrimoni non aveva avuto figli – scoprì di essere incinta all’età di circa 35 anni, all’epoca considerata avanzatissima. Morì di febbre puerperale il 5 settembre del 1548 nel castello di Sudeley, dopo aver dato alla luce la sua unica figlia Mary, destinata a perire in tenera età.
Il suo ambizioso e spregiudicato marito, Thomas Seymour, venne giustiziato subito dopo, nel marzo del 1549
Contrariamente alla convinzione, tutta ottocentesca, che la Parr avesse ricoperto un ruolo più da infermiera che da moglie per Enrico VIII – un’idea alimentata dalle opere della storica vittoriana Agnes Strickland – la storiografia contemporanea ha invece insistito sulle sue qualità come sovrana, evidenziandone l’equilibrio, la rettitudine morale, la compassione verso i deboli, l’appassionato impegno religioso e l’acuta sensibilità.
Meno nobile di Caterina d’Aragona, meno attraente di Anna Bolena, meno fertile di Jane Seymour, meno docile di Anna di Cleves, meno passionale di Catherine Howard, la Parr seppe comunque farsi amare da Enrico VIII, e seppe barcamenarsi con abilità e diplomazia in un mondo ricco di intrighi, come quello dei Tudor, ancora largamente dominato da figure maschili, in cui la distanza tra la vita e la morte poteva essere semplicemente legata ad un gesto, ad una parola e, al limite, ad un accento.