Capitano Jack: il nativo americano sconfitto solo grazie a un tradimento dei suoi uomini

I nativi americani della California non avevano le tradizioni guerriere delle grandi nazioni indiane ad est delle montagne rocciose. Gli spagnoli prima e gli anglosassoni poi, ebbero pertanto vita facile nell’assoggettare e convertire queste pacifiche tribù.

In particolare dopo la corsa all’oro del 1848 migliaia di migranti, disperati e avventurieri di ogni risma, provenienti dall’est in cerca di fortuna, si riversarono in California depredando e sterminando intere popolazioni, ormai dimenticate, come i Chilula, i Chimariko, gli Urebure Ohlone e molte altre.

L’unica eccezione la fecero i Modoc, stanziati sotto il rigido clima del lago Tule, nel nord della California, che verso la seconda metà dell’800 si opposero duramente alla colonizzazione europea, dando parecchio filo da torcere all’esercito degli Stati Uniti.

Il Capo Modoc Kintpuash, meglio conosciuto come Captain Jack

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Anche se le cronache governative datano la guerra dei Modoc attorno al 1870, le ostilità con questa fiera tribù nacquero molto prima, quando nel 1852 un certo Ben Wright, spietato “cacciatore di scalpi indiani”, alla guida di una milizia di volontari dell’Oregon, attaccò e massacrò un pacifico gruppo di indiani Modoc sul Lost River.

Proprio in quegli anni, due bambini Modoc crescevano praticamente insieme: Kintpuash era il figlio del capo tribù e aveva circa sei anni in più della cugina Nonooktowa, appellativo liberamente tradotto come “strana bambina” (termine con il quale oggi si definirebbe un “maschiaccio”), a causa delle sue passioni poco femminili, come cacciare e combattere. Da adolescente Nonooktowa si guadagnò il nome di Winema, che significa “capo donna”, dopo che all’età di 14 anni guidò una canoa piena di bambini in sicurezza attraverso le rapide del fiume Link, salvandoli da morte sicura. Alcune fonti confermano che, intorno alla stessa età, Winema capeggiò addirittura alcuni giovani guerrieri Modoc durante un attacco a sorpresa da parte di una banda di indiani Achomawi del Pit River.

Winema, in piedi al centro della foto – 1873

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Il cugino Kintpuash, in quel periodo, stava già raggiungendo l’età adulta e si interrogava sul perché i Modoc e la gente bianca non potessero vivere insieme senza cercare di uccidersi a vicenda. Il verdeggiante territorio del lago Tule era infatti sconfinato e ricco di selvaggina, talmente variegata e abbondante da poter soddisfare chiunque. Tale visione del mondo era però contrastata dal padre, il quale diffidava totalmente dei bianchi, adoperandosi con forza per combatterli.

Quando egli fu ucciso in uno scontro con i volontari dell’Oregon, Kintpuash divenne capo dei Modoc.

Capitan Jack – illustrazione del 1919

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Il giovane capo era incuriosito dagli europei e dal loro diverso stile di vita: i vestiti occidentali lo affascinavano; pensava che i carri, gli attrezzi agricoli, il bestiame, potessero rivelarsi utili a migliorare le condizioni di vita del suo popolo.

Alcuni minatori che si erano stanziati nei pressi di Yreka – una “boomtown” di fetide baracche sorta in fretta e furia nel 1851 dopo che Abraham Thompson, un mulattiere, aveva scoperto l’oro vicino a Rocky Gulch – avevano dato nuovi nomi a questi indiani che venivano a trovarli, nomi che i Modoc trovavano divertenti e che spesso usavano anche fra loro.

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Kintpuash era per i bianchi Capitan Jack. Altri giovani guerrieri erano chiamati Uncino Jim, Battello a Vapore Frank, Boston Charley. Anche Winema apprezzava e condivideva le idee innovative del cugino e, contro il volere degli anziani genitori, incontrò e si innamorò di Frank Riddle, un giovane minatore bianco proveniente dal Kentucky. I due si sposarono e lei assunse il nome di Toby Riddle; la coppia si stabilì nella zona del Lost River, poco lontano dal villaggio Modoc.

Nel 1869, quando il governo degli Stati Uniti riorganizzò la “politica indiana” rimuovendo la supervisione militare sulle riserve indiane a favore di enti civili – in particolare istituzioni religiose – il ministro metodista Alfred Meacham divenne sovrintendente per gli affari indiani in Oregon, collaborando per alcuni anni con Toby e diversi leader tribali, nel tentativo di risolvere i problemi delle tribù.

Anche se con la giovane guida di Capitan Jack le ostilità erano ufficialmente cessate, le premesse per una migliore convivenza tra i due popoli si rivelarono fallimentari.

Le frenetiche e crescenti attività dei bianchi disturbavano infatti i percorsi degli animali selvatici, fonte di sostentamento per i nativi ai quali, tra l’altro, il senso di proprietà tipico degli europei era completamente sconosciuto.

Accadeva quindi spesso che i cacciatori Modoc, quando non riuscivano a trovare selvaggina da portare al villaggio, uccidessero le vacche che gli allevatori avevano liberato nei pascoli. Se ad un guerriero serviva un cavallo, era per lui normale andarselo a prendere tra i branchi di appaloosa, raggruppati nei corrals dai cowboys per la marchiatura.

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Ben presto i coloni protestarono attraverso i loro esponenti politici, i quali prepararono un trattato per allontanare forzatamente i Modoc dal territorio del lago Tule.

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La promessa era che se gli indiani si fossero spostati più a nord, in una riserva nell’Oregon, ogni famiglia avrebbe avuto la sua terra, branchi di cavalli, carri, attrezzi agricoli, utensili, abiti e cibo in quantità. Il tutto fornito dal governo.

Non senza una certa riluttanza Kintpuash firmò il trattato e accettò di trasferire la propria gente a nord, nella riserva della tribù Klamath. Appena giunti là iniziarono però i guai: i Klamath trattavano i Modoc come intrusi e le provviste promesse dal governo non arrivavano.

Quando Kintpuash, con l’inverno alle porte, vide che il suo popolo era sempre più affamato, prese la decisione di condurlo fuori dalla riserva per tornare nella valle del fiume Lost, dove la sua gente aveva vissuto un tempo, in cerca di selvaggina.

Alla notizia della fuga dei Modoc dalla riserva, l’Ufficio di presidenza per gli affari indiani allertò immediatamente l’esercito.
Il 28 novembre 1872, il maggiore John Green alla testa di una quarantina di uomini della Compagnia B del 1° Reggimento Cavalleria di stanza a Fort Klamath, sorprese l’accampamento dei Modoc lungo il Lost River e, sotto una pioggia gelata, ingaggiò con i guerrieri un breve scontro a fuoco. Quattro soldati e otto indiani rimasero uccisi, i militari bruciarono il villaggio e, facendo qualche prigioniero, si ritirarono in attesa di rinforzi.

I quasi duecento Modoc, tra uomini donne e bambini, fuggirono a sud del lago Tule, diretti al leggendario santuario della tribù: i “Letti di Lava”.

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L’aspro e inaccessibile territorio chiamato “Letti di Lava”, è formato da antichi vulcani raffreddatisi nei secoli, le cui formazioni laviche si snodano in infiniti anfratti, crepe, caverne e crepacci rocciosi, profondi anche un centinaio di metri. Quello era il luogo ideale che “Capitan Jack” aveva scelto come roccaforte.

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I soldati americani ispezionano la caverna del capitano Jack nei “Letti di Lava” – 1873, Foto di Edward Muybridge

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Durante la fuga la banda di Uncino Jim, prima di ricongiungersi al grosso della tribù nei Letti di Lava, attaccò alcune fattorie isolate uccidendo dodici coloni maschi. L’azione rappresentava per quegli indiani la giusta rappresaglia, visto che durante lo scontro a fuoco i soldati avevano catturato alcune loro donne.

Uncino Jim

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Tuttavia, quando Kintpuash venne a saperlo si infuriò con Uncino Jim e i suoi guerrieri.

Egli conosceva i proprietari delle fattorie attaccate e sapeva che si trattava di persone estranee ai disordini. Per Capitan Jack tutto questo non avrebbe fatto altro che peggiorare la già difficile situazione.

Il 16 gennaio 1873, fra il gelo e le folate di nebbia, giunsero ai Letti di Lava diversi contingenti armati, oltre trecento tra soldati regolari e volontari dell’Oregon e della California. Il 17 mattina le forze in campo si scontrarono, la cruenta battaglia lasciò sul campo oltre trenta soldati morti e quasi altrettanti feriti, mentre nessuno dei circa sessanta guerrieri Modoc risultò essere caduto quel giorno negli scontri.

Evidentemente la scelta di Capitan Jack era tatticamente azzeccata, i Letti di Lava si erano rivelati la roccaforte ideale per una difesa a oltranza. I soldati non poterono far altro che restare a presidio dell’area vulcanica e assediare i Modoc, in attesa di altri ordini dal Dipartimento della Guerra.

I Modoc nella loro fortezza, in un’incisione xilografica del 1873

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L’umiliante sconfitta convinse il segretario alla Guerra William Belknap a tentare la carta della trattativa. Il 28 febbraio nell’accampamento Modoc giunse Winema, la cugina di cui Kintpuash si fidava ciecamente. Era una giovane donna, allegra ed energica, viaggiava con il marito Frank Riddle e portava con sé alcuni uomini bianchi inviati da Washington: una commissione di pace il cui intento era quello di calmare gli animi e pervenire ad un accordo che, militarmente, non appariva facilmente raggiungibile.

La squadra era composta da Alfred B. Meacham, già agente dei Modoc nell’Oregon, Eleazar Thomas, un pastore della California e L. S. Dyar, un subagente della riserva Klamath. Il compito di sovrintendere all’operato della commissione era stato demandato al comandante delle truppe riunite ai margini dei Letti di Lava, generale di brigata Edward R. S. Canby.

Il Generale E.R.S Canby

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Il compito di quest’ultimo si presentava tutt’altro che semplice e gli ordini del dipartimento della Guerra inoltre erano contrastanti: negoziare ma prepararsi a combattere.

Fortunatamente per l’alto ufficiale, Winema ed il marito erano stati assegnati alla commissione come interpreti e, vista la parentela nonché il forte ascendente della donna con il capo dei ribelli, forse la soluzione pacifica poteva concretizzarsi. Il vero nodo della trattativa era cosa fare della banda di Uncino Jim, responsabile del massacro dei coloni: Kintpuash premeva per un’amnistia ma le voci provenienti dalle stanze di Washington – insistenti anche se non ufficialmente confermate – imponevano di trattare il rientro dei Modoc nella riserva, solo dopo aver impiccato gli indiani responsabili.

Kintpuash aveva anche proposto, durante i vari colloqui, di costituire una riserva Modoc proprio lì, nei Letti di Lava. Egli pensava che un territorio così inospitale non avrebbe mai attirato gli interessi dei bianchi e la sua gente avrebbe forse potuto vivere tranquilla. L’ipotesi però venne subito scartata dalla commissione, poiché un’area così impenetrabile avrebbe sicuramente costituito una perenne spina nel fianco del governo.
Capitan Jack si trovava così tra l’incudine ed il martello, doveva prendere tempo e fidarsi della mediazione di Winema.

A fine marzo Canby fece convergere altre Compagnie di soldati del 1° cavalleria e del 21° fanteria, appoggiate dal 4° artiglieria. L’imponente schieramento raggiungeva il migliaio soldati e si trovava ora a una distanza tale da cui era possibile colpire i rivoltosi con varie batterie di cannoni. Gli indiani sotto assedio erano allo stremo, la leadership di Kintpuash era messa sempre più in discussione dai guerrieri di Uncino Jim, che arrivò a minacciare pubblicamente di uccidere qualunque Modoc avesse provato ad arrendersi ai colonizzatori. Egli temeva infatti che Capitan Jack alla fine avrebbe ceduto, consegnando lui e la sua banda al generale Canby, per essere giustiziati.

Durante un consiglio della tribù il giovane capo fu deriso davanti a tutti, apostrofato come vigliacco, donnicciola venduta ai bianchi. L’unico modo per riprendere il controllo sulla sua gente era accettare pubblicamente la sfida lanciatagli da Uncino Jim: dimostrare di essere un vero condottiero uccidendo il generale Canby, per poter poi trattare l’impunità di tutti i suoi guerrieri con i civili della commissione.

Anche se Winema fu ufficialmente tenuta all’oscuro di tutto, nei giorni successivi venne in qualche modo a sapere che qualcosa di pericoloso sarebbe accaduto. Si prodigò con forza affinché la commissione non accettasse la richiesta di un incontro con Capitan Jack. Alcuni storici ritengono che possa essere stato lo stesso Kintpuash a metterla in guardia sul complotto, per poter svicolare dalla grave situazione in cui si era cacciato. Gli inviati però, pressati da Washington, non diedero retta alla ragazza e accettarono di parlamentare. Decisero anche di andare all’incontro disarmati, in segno di buona fede.

L’11 aprile 1873, venerdì santo, era una giornata chiara con una fresca brezza che agitava il telone della tenda del consiglio, montata a metà strada tra il campo dei soldati e la roccaforte dei Modoc.

Durante i colloqui ci furono diversi interventi e proposte, che tuttavia non portarono a nessun accordo. Le parti rimanevano entrambe su posizioni distanti. Nel corso della trattativa Uncino Jim si comportava con insolenza distraendo i bianchi seduti, che diventavano sempre più nervosi. Capitan Jack ad un certo punto girò intorno alla commissione, parlando in lingua Modoc: “Ot-we-kau- tux-e!” (Tutti pronti!).

Estrasse la pistola dalla giacca puntandola subito su Canby: fece fuoco ed il generale cadde all’indietro, morto sul colpo. Quasi nello stesso momento Boston Charley sparò al reverendo Thomas, uccidendolo. Winema si lanciò prontamente su Meacham per proteggerlo, riuscendo così a deviare il tiro della pistola di Schonchin John. Nella concitazione Winema ottenne da Capitan Jack che il ministro metodista, ferito gravemente, fosse risparmiato e portato in salvo nell’accampamento dei soldati.

Anche Dyar e Riddle fuggirono.

Schonchin e il Capitano Jack

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Canby, morendo quel giorno, entrò nella Storia diventando l’unico ufficiale Generale dell’esercito degli Stati Uniti ucciso durante le guerre indiane (il più famoso G.A. Custer, morto nella battaglia di Little Big Horn, era in realtà colonnello, anche se viene sempre chiamato “generale”).

Tutto era ormai compromesso.

Il 15 aprile le batterie di mortai bersagliarono i Letti di Lava e ondate di soldati di fanteria caricarono a ripetizione oltrepassando le rocce che circondavano il cratere. Ogni avanzata era però contrastata da un fitto fuoco dei Modoc. Il combattimento durò per tutto il giorno successivo e le truppe rimasero in posizione al calare della sera, pronte a nuove iniziative. Quella notte alcuni incursori di fanteria riuscirono a tagliare fuori gli avversari dalla riserva d’acqua. La mattina del 17 aprile tutto era pronto per l’assalto finale, ma quando i soldati irruppero finalmente nella roccaforte, la trovarono vuota.

I Modoc erano fuggiti attraverso le caverne e i crepacci.

Nei giorni seguenti l’imponente contingente di soldati, guidati da una settantina di esploratori indiani Tenino, inseguirono e intercettarono i fuggitivi prima a Sand Butte e poi a Dry Lake. La cinquantina di guerrieri Modoc erano braccati ma resistevano eroicamente con le loro famiglie. I vecchi ed i bambini cominciavano a morire di stenti e la tribù dovette macellare i cavalli per nutrirsi, restando anche per alcuni giorni senz’acqua. Quando la possibilità di fuga divenne insostenibile, Uncino Jim e la sua banda abbandonarono Kintpuash, voltando le spalle al capo che aveva dato loro asilo e si era poi rifiutato di consegnarli a Canby. Capitan Jack rimase con trentasette guerrieri a combattere più di un migliaio di soldati.

Scout indiani ai Letti di Lava

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Uncino Jim andò ad arrendersi al nuovo comandante militare, generale Jefferson C. Davis, offrendogli il proprio aiuto per catturare gli altri Modoc, in cambio dell’amnistia. Il 27 maggio Uncino Jim e tre membri della sua banda si presentarono davanti a Capitan Jack vicino al lago Clear. I soldati erano nascosti poco lontano. Il capo dei Modoc fu arrestato insieme a Schonchin John, Boston Charley e Nero Jim. I restanti sopravvissuti Modoc (39 uomini, 64 donne e 60 bambini) furono deportati in Oklahoma, nella riserva Quapaw.

Boston Charley nel 1873

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Il processo per omicidio si svolse a Fort Klamath nel luglio 1873. Nessun avvocato difendeva i tre Modoc, mentre tra i testimoni dell’accusa c’erano Uncino Jim e la sua banda, ai quali l’esercito aveva concesso la libertà in cambio del tradimento.

Capitan Jack ed i suoi tre compagni furono impiccati il 3 ottobre.

La notte successiva all’esecuzione il corpo del capo indiano fu trasportato a Yreka e imbalsamato. Poco tempo dopo comparve senza testa nelle città dell’Est, come attrazione nelle fiere, prezzo d’ingresso dieci cents.

Il cranio fu spedito inizialmente ad arricchire le collezioni dell’Army Medical Museum di Washington e successivamente presso lo Smithsonian Institute, dal quale solamente nel 1970 è potuto rientrare, previo pagamento, nelle disponibilità dei discendenti del giovane condottiero Modoc. I medesimi parenti hanno tuttavia dovuto attendere fino al 1984 per poter ricevere e seppellire degnamente nella terra dei padri anche i resti del corpo di Capitan Jack.

Il ministro Meacham, quale riconoscimento del ruolo svolto da Winema nel tentativo di salvare i commissari dall’agguato dei Modoc, chiese e ottenne dal Congresso degli Stati Uniti che alla donna venisse assegnata, in via eccezionale, una pensione militare. Winema, dopo un soggiorno nell’est, tornò in Oregon con il marito ed il figlioletto, dove visse in silenzio fino a tarda età, morendo il 30 maggio 1932.

“La mia vita mi appartiene ancora per poco. Voi bianchi non mi avete sconfitto; a piegarmi sono stati i miei uomini… gli uomini di cui vi parlo oggi sono liberi. Il prezzo della loro libertà è la mia vita” Kintpuash (Capitan Jack) Modoc


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