Il 31 dicembre del 1993 a Humboldt, cittadina di circa duemila anime nel Nebraska, ha luogo un atroce triplice omicidio, destinato a diventare uno degli episodi più noti di transfobia dell’ultimo trentennio negli Stati Uniti.
Tutte e tre le persone assassinate sono giovanissime, e due pagano con la vita l’essere scomodi testimoni dell’omicidio della vittima predestinata. Questa si chiamava Brandon Teena, e aveva appena compiuto 21 anni.
Chi era Brandon Teena e perché era stato ucciso in modo così efferato, dopo essere stato violentato e picchiato brutalmente qualche giorno prima della morte dai suoi carnefici, prova a spiegarlo il New York Times di Humboldt, con questo commento, che oggi ci pare assurdo, ma che ci restituisce la cifra della mentalità dell’epoca:
È stata assassinata una donna che fingeva di essere uomo e che dava appuntamenti alle ragazze
Una frase sprezzante. Una frase che non ha nulla dell’indignazione che ci si sarebbe aspettati verso un episodio di tale ingiustificata violenza.
Purtroppo alla violenza della discriminazione Brandon era stato abituato durante tutto il corso della sua breve vita. Nato a Lincoln, capitale del Nebraska, come Teena Brandon, nel 1972, quindi anagraficamente di sesso femminile, Brandon scopre sin dall’adolescenza di essere prigioniero in un corpo cui non sente di appartenere. Se da bambino – a detta della madre – si era comportato “da maschiaccio”, quei comportamenti, nel corso dell’adolescenza, si trasformano in qualcosa di più profondo, in una vera e propria crisi di identità di genere. Anatomicamente è una donna, ma Brandon si sente psicologicamente un uomo e prova attrazione verso le ragazze, nonostante l’incomprensione e l’ostracismo della madre e del suo ambiente di provenienza, un’America rurale, di provincia, ancora schiava di antichi pregiudizi contro ogni forma di diversità.
Intorno ai 18 anni, il ragazzo trova il coraggio di vivere in accordo con il suo modo di sentire: imbottisce i pantaloni con dei calzini e, appropriandosi dell’identità cui sente di aver intimamente diritto, inverte i suoi nome e cognome, presentandosi a tutti come Brandon Teena, sfruttando il fatto che “Brandon” in inglese corrisponda proprio ad un nome proprio maschile.
É attraente. Ha sì un fisico minuto, ma agile e scattante, ed i tratti del viso sono gentili, illuminati da intensi occhi azzurri. Finisce per diventare popolare tra i suoi nuovi amici, ha fascino e piace alle ragazze con cui intesse storie e cui cela la sua identità anagrafica, o dice di essere un ermafrodita in attesa di sottoporsi ad un intervento risolutivo. Ha un bisogno disperato di farsi accettare per quello che sente di essere. E’ generoso, troppo. Fa regali alle sue amiche, regali che non può permettersi, che compra falsificando assegni e finendo in carcere per truffa. L’arresto lo sbatte in prima pagina sulle testate giornalistiche locali: la nuova identità, faticosamente conquistata, crolla miseramente sotto i colpi delle rivelazioni della cronaca.
Molte ragazze, intervistate dopo la sua morte, dichiareranno di non essersi nemmeno accorte che Brandon fosse biologicamente una donna, altre, con cui raggiunge una maggiore intimità, a volte lo accettano, ma più spesso lo respingono, umiliandolo; altre ancora, incredule, si spingono persino a casa sua alla ricerca di una spiegazione, finché la madre mostra loro le foto di Brandon da bambina.
Il ragazzo ha un crollo psicologico, cade in depressione, tenta il suicidio
Viene condotto dalla sua migliore amica in un centro per assistenza a persone con crisi di identità, si sottopone ad alcune sedute di psicoterapia, poi pian piano risale la china, decide di procedere ad un intervento per cambiare sesso.
Purtroppo per lui non ne avrà mai il tempo
Abbandona la sua città e va a Falls City, un centinaio di chilometri più a sud, dove finalmente tutti lo conosceranno solo per chi sente di essere: Brandon Teena.
Le cose vanno bene, inizialmente.
Il giovane attira subito l’attenzione e l’affetto di Lana Tisdel, una delle ragazze più belle del luogo. Anche Lana sosterrà di non essersi accorta dell’identità di Brandon. Diventano inseparabili, si innamorano. La giovane però ha un passato difficile, frequenta cattive compagnie ed è stata fidanzata con John Lotter, una testa calda, un violento che ha conosciuto il carcere come Tom Nissen, il balordo che si trascina dietro. In un primo momento i due fanno amicizia con Brandon, non sospettano nulla, vanno a bere insieme, parlano di donne.
Poi la situazione si ripete e precipita. Brandon viene nuovamente arrestato per truffa, finisce sui giornali. La sua vera identità è nuovamente rivelata e stavolta le conseguenze sono fatali.
Gli amici di Lana sono furibondi: si sentono ingannati, vogliono fargliela pagare, dargli una lezione di quelle che si ricordano, di quelle che, nelle loro intenzioni, dovrebbero “metterlo a posto per sempre”.
Alla vigilia di Natale i due assalgono Brandon e lo denudano di fronte a Lara, mostrandole che il ragazzo è biologicamente una donna, poi trascinano via il giovane e, in un luogo isolato, lo massacrano di botte e lo violentano a turno, imponendogli il silenzio. Ma Brandon non tace e, sostenuto da Lara che sta con lui, denuncia tutto alla polizia.
Lo sceriffo Charles Laux, pur conoscendo bene i due stupratori, perché dei violenti già noti alle forze dell’ordine, li rilascia dopo un breve interrogatorio. Si era mostrato ben più interessato agli orientamenti sessuali del ragazzo che non alla violenza che gli stata perpetrata. Per questa condotta, Laux sarà condannato a seguito di un processo che lo giudicherà colpevole di aver sottovalutato i pericoli ai quali Brandon e le altre due vittime si sarebbero trovate esposte a causa del mancato arresto degli aggressori.
I due bulli, temendo di ritornare in prigione a causa della testimonianza del giovane, intanto, gli danno una caccia spietata. Alla fine lo trovano.
Gli sparano due colpi di pistola, finendolo a pugnalate a casa dell’amica presso la quale aveva trovato rifugio, Lisa Lambert, madre di un bimbo di soli nove mesi che sarà l’unico superstite della strage. Nissen e Lotter assassinano anche Philip DeVine, un giovane ragazzo nero, fidanzato della sorella di Lana. In pratica fanno una strage, il tutto per “dare una lezione” a una persona che voleva cambiare sesso.
Per la strage i due criminali stanno scontando rispettivamente la condanna all’ergastolo e la condanna alla pena di morte. La storia di Brandon ha ricevuto visibilità planetaria ispirando il documentario The Brandon Teena Story (1998), ed il film Boys Don’t Cry (1999), per il quale Hilary Swank ha ricevuto il Premio Oscar alla miglior attrice , nel 2000.
Anche a causa di questo episodio dal 1993 i diritti e la visibilità dei transgender sono aumentati notevolmente negli Stati Uniti.
Ci sono eventi che talvolta, per il loro impatto emotivo, hanno il potere di scuotere le coscienze. La morte terribile di Brandon e delle altre vittime ha richiamato all’attenzione dei media e dell’opinione pubblica l’importanza della tutela del diritto all’uguaglianza sociale, indipendentemente dall’appartenenza etnica, religiosa o di genere.
La storia dell’identità negata di Brandon resta ancora oggi una storia sul coraggio di essere se stessi e sul prezzo da pagare per tale coraggio. La storia di un ragazzo di 21 anni cui è bastato invertire un nome ed un cognome per andare incontro all’intolleranza ed all’abuso, fino all’ultimo atto del suo tragico destino.
Sotto, il trailer del film del ’99: