Biertan: il villaggio Transilvano diviso fra Atmosfera Bucolica e un Set da Film Horror

E’ nelle sale in questo periodo la pellicola The Nun “La Suora” e, con piacevole sorpresa, ho notato che il villaggio prescelto come base della trama è Biertan, in Romania. L’avevo visitato nel 2014 e, senza dubbio, è stata una scelta molto azzeccata. Non è un caso se questo paesino di 3.000 anime sia la sede del più famoso Festival del cinema Horror e Fantasy di Romania, Luna Plina, in virtù della meravigliosa natura circostante e delle sceniche architetture gotiche che lo caratterizzano.

Il regista di The Nun ha avuto il tocco magico di optare non solo per Biertan ma anche per la sua frazione Copsa Mare (praticamente tre case nascoste in un bosco) e anche per un lugubre castello del ‘300 a Hunedoara, attorno al quale si è provveduto a piantare alberi e una selva di croci e lapidi per rendere più terrificante un’atmosfera già di per sé inquietante.

L’antica Biertan (in sassone-tedesco Birthälm), dichiarata dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità, si comincia ad apprezzare già prima dell’arrivo vero e proprio. E’ in una sonnolenta valle della Transilvania, a metà tra le importanti arterie Sibiu-Brasov e Sighisoara (città natale di Vlad Tepes, il letterario Conte Dracula) – Medias. Io vi penetrai da sud, via Sibiu. Era estate e non c’era ovviamente un’atmosfera cupa anzi. Era un clima bucolico, grazie a una natura incontaminata, favorita dallo strano ordine del famigerato Ceausescu che proibiva l’ampliamento dei villaggi.

È chiaro perciò che il Tempo, qui, si sia fermato

Una cosa che mi incuriosì sin da subito furono i nomi tedeschi, non romeni, dei paesi che attraversavo, come Reichesdorf o Nochrich.

La Romania è uno stato nato recentemente, e il nucleo principale era la Valacchia, la pianura pianeggiante sotto i Monti Carpazi. La boscosa Transilvania era sì abitata da romeni e ungheresi, ma anche da Sassoni Tedeschi, chiamati nel XII secolo dal Re d’Ungheria per difendere i confini orientali. Arrivati ad essere circa a 200.000, cioè il 10% della popolazione della Transilvania (chiamata da questi Siebenbürgen “Le Sette Città”), sono poi diminuiti a causa dei disastri della Seconda Guerra Mondiale poiché Hitler, considerandoli “tedeschi etnici”, li arruolò nelle odiate SS decretando così l’associazione di questi tedeschi al Terzo Reich.

Tuttavia, la loro fine come comunità (ora ridotta a meno di 20.000 membri), venne da Ceausescu che “aiutò” il loro ritorno nell’antica madrepatria. Ciò è alla base della seconda stranezza che notai: la fortissima presenza di zingari-gitani.

Colori sgargianti e voluminosi scialli ravvivano la strada verso Biertan, molto più variopinti dei corrispettivi italiani – nel 2013 in Slovacchia Orientale, nella zona di Michalovce, passai per grosse enclavi gitane ma diversamente non vidi alcun tripudio di colori o di fogge orientaleggianti – tanto che ebbi davvero l’istintiva sensazione di trovarmi in India. Insomma il prequel di Biertan, si stava rivelando oltremodo interessante.

Un po’ Asia, un po’ Balcani, un po’ Foresta Nera

Giunto infine al villaggio sassone, venni colpito dalla potenza ascensionale dell’architettura gotica, che la faceva somigliare a un grazioso paesino della Romantische Strasse come Dinkelsbühl o la fiabesca Rothenburg ob der Tauber. Straordinario. Tetti spioventi e aguzzi, torri a mó di lama che s’innalzavano al cielo e, soprattutto, la peculiare Chiesa Fortificata dei Sassoni di Transilvania (nel villaggio se ne contano circa 300 e 7 sono Patrimonio UNESCO).

Sono roccaforti militar-religiose, edificate in seguito alle rovinose invasioni dei Mongoli. La Biserică Fortificată di Biertan è su una collina che campeggia sopra al villaggio. Vanta ben tre livelli concentrici di mura alte 10 metri, intervallate da porte e torri affusolate. Davvero una formidabile opera difensiva. La chiesa vera e propria è a tre navate – costruita tra fine ‘400 e inizio ‘500, negli anni in cui Michelangelo dipinse la Cappella Sistina – e possiede il più grande altare in legno di tutta la regione.

La porta della sagrestia, in particolare, è un capolavoro d’ingegneria, essendo dotata di un ingegnoso meccanismo di chiusura che, all’Esposizione Mondiale di Parigi ben 400 anni dopo, riuscì ancora a suscitare notevole interesse. Impressionante è, inoltre, il gigantesco organo a 1290 canne. Le torri più pittoresche sono quella dell’Orologio, del Campanile e la stranissima Torre della Prigione dove venivano chiusi in una stanza molto piccola le coppie che volevano divorziare.

L’interno:

All’interno:

Tale eccentricità ha reso ancor più rinomata Biertan. In questo angusto luogo “i due litiganti” erano costretti a dividersi tutto: un solo paio di posate, una sola coperta, un solo letto, una sola sedia, un solo tavolo.

Il tempo di riflessione per decidere se veramente volevano divorziare arrivava fino alle sei settimane

Tale stramberia, un autentico “carcere per coppie”, venne dall’originale idea di un religioso locale, nella speranza che ciò rinsaldasse il legame. Terapia d’urto che sembra aver avuto successo… visto che in 300 anni alla fine soltanto una coppia decise di divorziare!

Il letto singolo che dovevano dividere gli sposi:

Ora la stanza è allestita a museo e sono in esposizione il letto (molto piccolo) e manichini vestiti con abiti del tempo, dallo stile slavo-tedesco. Infine c’è la Torre dei Cattolici, sorta col permesso della maggioranza protestante in virtù della proverbiale tolleranza religiosa (molto inusuale per i tempi) di queste terre. Un qualcosa di cui può andare molto orgogliosa la Transilvania è proprio l’esser stato l’unico paese d’Europa – Francia e Germania, ad esempio, dovettero sopportare spaventose atrocità in materia di fede – a tollerare quasi tutte le confessioni del Cristianesimo (Luteranesimo, Cattolicesimo, Calvinismo, Ortodossia e Antitrinitarismo).

Biertan da lontano:

In conclusione, oggi, Biertan è un paesino attraversato da un’atmosfera di campagna senza tempo. Camminando per le sue strade, ho potuto ancora vedere contadini con carri trainati da cavalli e, lungo la strada Sibiu-Biertan, sono stato sorpreso nello scorgere sulle colline pastori con indosso giacconi di pelle di epoche passate. In sostanza non dico che il XXI secolo non sia ancora arrivato a Biertan ma, forse, nemmeno il Novecento.

Tutte le fotografie sono di Riccardo dal Monte, autore dell’articolo.

Sotto, il Trailer di “The Nun”:


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