Bibi e Memsahib: il ruolo delle Donne indiane e inglesi nell’India coloniale

È possibile che anche le donne inglesi abbiano contribuito a tenere salda la morsa dell’impero britannico nel subcontinente indiano?

Molto probabilmente un ennesimo errore del colonialismo in India fu anche l’arrivo in massa delle Memsahib, donne inglesi che impedirono ai loro uomini di incontrare gli indiani come dei pari. Il divario tra indiani ed europei all’inizio dell’era coloniale fu meno accentuato.

L’uomo inglese, meno ristretto dai costumi sociali, era più libero di essere “avventuriero” curioso di scoprire società e culture diverse nei territori colonizzati, poteva “indianizzarsi” tranquillamente risultando tuttalpiù semplicemente un po’ eccentrico e soggetto al pettegolezzo.

I primi coloni in India, inoltre, non erano potenze statali o politiche ma la East India Company, quella che oggi definiremmo conglomerate o multinazionali. L’interesse principale era stringere rapporti commerciali vantaggiosi, e dalla seconda metà del diciassettesimo secolo, la Compagnia promuoveva politiche di “integrazione” con le popolazioni locali per aumentare la propria conoscenza delle usanze indiane, l’influenza sul territorio e il proprio esercito personale.

I matrimoni misti furono per anni una consuetudine in ogni colonia europea, tanto da creare nel tempo vere e proprie comunità e gruppi etnici di discendenti di coloni (i Mestizo in America Latina, i Creoli in Luisiana, i Burgher in Sri Lanka, gli Anglo-indiani in India, ecc.). Matrimoni tra diverse culture, società e religioni in India esistevano già in alcuni ambienti, Nawab sposavano principesse Hindu, Raja prendevano in moglie nobildonne provenienti da svariati stati indiani, costruendo alleanze politiche e legami commerciali, una relazione con un ricco uomo bianco non era poi così strana.

Le distanze che percorrevano le nobildonne indiane per sposarsi erano notevoli, come Chimnabai di Tanjore prima moglie di Sayajirao Gaekwad III, Maharaja dello Stato del Baroda, nell’odierno Gujarat che, prendendo in prestito una famosa battuta di Forrest Gump, “è tutto un altro paese” rispetto al Tamil Nadu.

Fu così che la Bibi divenne una figura centrale nella vita coloniale britannica.

Bibi in Hindi significa donna di alto rango, ma la parola fu storpiata dagli Inglesi e servì ad indicare le amanti e mogli indiane (per common-law o de facto) di ufficiali e gentiluomini della Compagnia. Avere queste amanti e una sezione del proprio bungalow dedicata a esse, il “Bibighar”, divenne una pratica molto comune.

Si è stimato, anche se non con troppa sicurezza, che fino alla metà del 1800 il 90% dei britannici in India abbia fruito di tali unioni. Più certo è che l’East India Company l’8 aprile del 1778 dichiarò che avrebbero fatto dono di 5 rupie per ogni bambino battezzato nato da matrimoni di soldati di grado con donne di Madras. Tutto questo nell’interesse di gonfiare i ranghi dell’esercito e di dipendenti con giovani Anglo-indiani.

Furono moltissimi quindi gli uomini che, se non si innamorarono, quantomeno rimasero affascinati da queste donne assai diverse da quelle europee. Furono fatti molti paragoni con le donne bianche e si possono riassumere tutti nel dire che la dolce Bibi è più raffinata e meno volgare di una prostituta britannica e più accomodante e meno capricciosa di una moglie inglese.

Ma l’India non era la Madre Patria, e per molti europei non divenne mai una casa dove stabilirsi e costruire una famiglia, era più che altro un luogo di lavoro, un’occasione di guadagno e di carriera, di esplorazione e avventura.

Charles Metcalfe (Governatore Generale dell’India 1835-36) ebbe una relazione con una donna Punjabi dalla quale nacquero tre figli cresciuti e educati in Inghilterra – fonte immagine Wikipedia

Come è facile immaginare non esistono molti resoconti provenienti dalle Bibi, non sappiamo se si innamorarono, se fossero in qualche modo costrette dagli uomini della loro famiglia, se fossero alla ricerca di qualche vantaggio sociale o altre circostanze. Non abbiamo idea se fossero consapevoli che molte di loro sarebbero state sedotte e abbandonate. Non si conoscono molti nomi di queste donne, non appaiono negli atti e negli annali ufficiali inglesi ma solo in corrispondenze private, in diari e svariati pettegolezzi. Anche nei registri dei battesimi di bambini Anglo-indiani il nome della madre indiana è riportato raramente.

I bambini non ebbero una vita migliore, e la maggior parte venne abbandonata insieme alle madri. Di questi quelli che erano stati battezzati e quindi riconosciuti dal padre fino al 1790 potevano entrare nei ranghi della East India Company e crearsi così una posizione, ma dal 1791 agli Anglo-indiani vennero precluse le posizioni civili e militari nella Compagnia, creando un ennesimo divario tra coloni e colonizzati.

Delle poche migliaia di bambini che invece furono obbligati a lasciare e a non rivedere mai più le madri e ad intraprendere il viaggio verso la Gran Bretagna e crescere con la famiglia paterna si può dire qualcosa di più.

Pur essendo riconosciuti dal padre e accolti dai loro parenti erano giuridicamente illegittimi, frutti di matrimoni non validi, ed ebbero molte difficoltà in società e ad entrare in possesso delle eredità di famiglia. Come spiega la professoressa Margot Finn, nell’articolo “Migrating home: ‘mixed’ children and the return of the nabobs of India” per i maschi era complicato crearsi una posizione sociale in Inghilterra a causa della loro “razza mista”, mentre per le ragazze, con la protezione paterna, era più facile fare buoni matrimoni e acquisire così lo stato sociale del marito.

Una curiosità: l’attrice Olivia Colman, giunta alla ribalta internazionale per aver interpretato la regina Elisabetta II nella serie “The Crown”, nella puntata a lei dedicata del programma BBC “Who do you think you are?” ha rintracciato le origini di una sua antenata Anglo-indiana nata a Kishanganj nel 1804 da un capitano dell’esercito della East India Company e da una madre quasi sicuramente indiana in quanto non identificata in nessun documento britannico.

Come già accennato le politiche della Compagnia riguardo i matrimoni con le Bibi e l’impiego degli Anglo-indiani tra i propri ranghi cambiò già sul finire del diciottesimo secolo.

Questo a causa di quella che viene chiamata “L’invasione cristiana” dell’India da parte di missionari Protestanti e soprattutto Evangelici. Malgrado ciò il Bibighar ospitò comunque la sua signora per ancora qualche tempo.

Dal 1858 l’India non fu più un monopolio privato della Compagnia delle indie Orientali ma entrò a far parte dei possedimenti imperiali della corona della regina Vittoria. Divenne sconveniente per un gentiluomo, civile o militare, convivere con una Bibi. Questo per due principali ragioni, la prima fu sicuramente la Prima Guerra d’Indipendenza o Ammutinamento dei Sepoy del 1857, la seconda fu il “Passaggio in India” e l’arrivo delle Memsahib (storpiatura tra il termine inglese ma’am e la parola indiana sahiba, signora).

Cos’è il passaggio in India?

Oltre ad essere il titolo di un romanzo di E. M. Forster che inizia, appunto, con l’arrivo in India di Mrs. Moore che accompagna la giovane Miss Adela Quested a conoscere il figlio Ronny Heaslop magistrato nella città immaginaria di Chandrapore per un probabile fidanzamento, è semplicemente l’apertura del canale di Suez nel 1869.

La Cerimonia d’inaugurazione del canale di Suez, dipinto di Alain Galoin

Si può ben capire come questo evento ribaltò ancora più profondamente i rapporti tra la corona britannica e i suoi possedimenti d’oltre Manica. Le navi da e per la Gran Bretagna non erano più costrette a dover circumnavigare l’Africa, diminuendo il tempo di traversata. Non erano molte, prima, le donne che decidevano di intraprendere un viaggio così lungo e scomodo.

I piroscafi a vapore cominciarono dunque a trasportare le mogli e la flotta di pescatrici, com’erano popolarmente note le giovani donne in cerca di un buon partito tra gli uomini nelle colonie.

Molti studiosi ritengono che le Memsahib abbiano allargato il divario tra i coloni e gli indiani avendo inconsapevolmente anche una funzione politica: quella di mantenere degli “standard civili”, anche sessuali, tra gli uomini inglesi e creare un distanziamento sociale tra classe dominante e dominati.

Le signore inglesi avevano bisogno della protezione dei loro uomini e non potevano certo vivere nelle città insieme ai lascivi indiani!

Cambiò quindi anche la struttura delle città, vennero create delle enclave “civili” ed europee lontane dai quartieri indiani e dove le Memsahib avevano un contatto quasi nullo con il vero mondo esterno, se non con la servitù, nei confronti della quale si sentivano ovviamente superiori e che comandavano utilizzando le poche parole che si degnavano di imparare della lingua locale.

Come scrive Ronal Hyam in “Empire and sexuality the British Experience” pochi gruppi di donne sono stati descritti così negativamente come le Memsahib. Probabilmente è vero che l’arrivo di donne e ragazze europee contribuì alla morsa coloniale della corona inglese, ma non fu né la più grave né la più decisiva.

Indubbiamente la figura della dolce Bibi sottomessa e compiacente è stata molto idealizzata dai loro amanti che se ne tornarono in patria abbandonandole e forse rimpiangendole un po’; così come la figura della tirannica Memsahib potrebbe essere stata usata come scusa per giustificare la perdita dei rapporti, di stima e fiducia anche solo come partner commerciali, con gli indiani.

Stima e fiducia già perse peraltro da anni e una voglia di rivalsa culminata con l’Ammutinamento dei Sepoy del 1857 e non del tutto sopita fino all’Indipendenza del 1947.


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