Berserkr: i Semi-Leggendari Guerrieri speciali dei Vichinghi

Ancor’oggi, in lingua inglese, per definire un uomo che perde il controllo e si scatena con spaventosa violenza si usa “go berserk”:

Entra nello stato di Berserkr

La parola viene da uno speciale guerriero vichingo, un combattente che, secondo i racconti semi-leggendari degli scaldi, riusciva in battaglia “a trasformarsi realmente in un Orso, incapace di provare paura e dolore, e con una forza sovrumana in grado di dilaniare qualunque avversario”. In sostanza, una furia omicida fuori controllo.

Trasformarsi in berserkr, si potrebbe dire, sarebbe il sogno di ogni uomo in procinto di entrare nella mischia dove il rischio di morte e menomazione è altissimo. Non essere più stessi, senza i pensieri che frenano, riuscire a non provare il sentimento più lacerante (cioè la paura) e non sentire più il terribile dolore fisico di orrende ferite, questi sono gli impossibili desideri di ogni combattente. Diventare berserkr, in pratica, era un modo per evitare il male e la disperazione del combattimento, rendendoti un divino essere che scende in battaglia come se andasse a una festa.

Berserkr stava per “maglia d’orso”, perché i combattenti vichinghi si rivestivano con la pelle dell’animale, e può anche tradursi in “maglia nuda”, dato che spesso ingaggiavano il nemico senza alcuna protezione. In tal modo si tramutavano in orsi, prendendone sembianze e caratteristiche. Figura paritetica era l’ulfhèdnar “maglia di lupo”, possedendo questi due feroci bestie nella mitologia nordica un valore simbolico analogo, quasi confondendosi, tanto che l’eroe anglosassone più celebre (proveniente dalla Svezia meridionale) Beowulf significava “Orso-Lupo”.

Paesaggio Scozzese, fotografia dell’autore dell’articolo Riccardo Dal Monte:

Storicamente i berserkr s’inserivano nel solco delle confraternite militari come i männerbunde germanici e i mairya indo-iraniani. Questi ultimi, sin dall’età della Pietra, erano giovani tra i quindici e i trent’anni che si organizzavano in bande guerriere ed erano legati in modo simbolico al lupo (erano chiamati anche “lupi a due gambe”), presumibilmente perché i pastori vedevano nei lupi e nei briganti, che uccidevano e rubavano, la medesima origine.

Sotto, Tavoletta di bronzo raffigurante un berserkr e un lupo mannaro:

Erano votati al Dio Odino (nome che, non per niente, deriva da odur-ódr “frenesia guerriera, smania, possessione”) che in cambio gli assicurava forza e protezione, inviandogli il berserkergang, la furia bellica. Venivano considerati gli avversari più temuti ed eccellevano nel maneggio dell’ascia da guerra. Erano uomini che, ponendo all’origine dell’agire l’istinto anziché la logica razionalità, si distinguevano per l’incontrollabile appetito sessuale, l’ebbrezza, l’assassinio rituale, l’amore per le tenebre e il colore nero (da cui l’accostamento ai lupi mannari), il furto. E, una volta defunti, sarebbero approdati nel Valhalla dove avrebbero costituito l’èlite dell’Armata dei Morti.

Gran parte dei racconti fioriti sul loro conto sono stati frutto della fantasia degli scaldi ma, sembra oramai certo, questi guerrieri-sciamani esisterono davvero. Varie rappresentazioni lo testimoniano, come un arazzo trovato nella nave di Oseberg e una scacchiera ritrovata nelle Ebridi scozzesi.

Il travestimento non era semplicemente un espediente per gettare nel panico il nemico, ma avrebbe dovuto essere una vera e propria metamorfosi nell’animale stesso. Nell’Ynglinga saga un certo Ingjaldr mangia un cuore di lupo e “il giovane divenne il più feroce di tutti gli uomini”. In pratica il berserkr cercava di liberare il suo spirito dal corpo (hugr) per assumere un’altra personalità con nuove sembianze (hamr). Tali trasformazioni portarono molti a reputarli lupi mannari. Ad esempio, nella Egils saga, il nonno di Egill è soprannominato Kveld-Ulfr “Lupo della sera” perché si diceva che tutte le sere si tramutasse in lupo.

Elmo Torslunda: due guerrieri con cinghiali sui loro elmetti:

Sussisteva la pretesa di un’invulnerabilità ai colpi da parte dei berserkr. In diverse saghe si narra che “nessuna arma poteva ferirli” o “il ferro non poteva penetrarli”, presupponendo che la pelle d’animale garantisse l’immunità, quasi fosse una sorta di corazza spirituale. Sembra che tale convinzione fosse il prodotto del berserkergang poiché questi guerrieri, a causa dell’intensa eccitazione, pur ricevendo ferite anche gravi potevano non curarsene affatto (almeno fino a quando non fosse svanito lo stato di percezione alterata).

L’aspetto del berserkr era attentamente studiato per proiettare sull’avversario un’immagine orripilante, inducendolo così alla fuga in preda al terrore. Lo storico Dumèzil mette in parallelo simile usanza con quella dei combattenti Arii, una tribù germanica citata da Tacito, che pitturavano di nero i loro corpi e scudi per il medesimo scopo.

Rappresentazione videoludica degli Arii:

Molti berseker, per ragioni magiche, si cambiavano il nome. Tra i più famosi c’era un certo Björn, con un chiaro e diretto riferimento all’orso. In tal modo sommando aspetto ferino, inaudita ferocia e nome d’animale, nacque la leggenda secondo la quale, durante i combattimenti, si trasformassero realmente in orsi e che fossero invincibili a meno che non gli venisse spaccata la testa (per uccidere l’Invulnerabile Aslakr, della confraternita dei Jómsvíking, si narra che si dovette prendere un incudine per schiacciargli il cranio).

Paesaggio Scozzese, fotografia dell’autore dell’articolo Riccardo Dal Monte:

Nella Hrolf’s saga si parla dell’eroe-berserkr Bjarki. In battaglia, improvvisamente, prende le sembianze di un orso “Re Hjorvarth e i suoi uomini videro come un gigantesco orso avanzare davanti agli uomini di re Hrolf, rimanendo sempre vicino al re. Uccise più uomini lui con la sua zampa che tutti insieme i cinque campioni del re. Colpi e giavellotti rimbalzavano sul suo corpo, abbatteva uomini e cavalli e addentava qualsiasi cosa fosse alla portata delle sue mandibole, al punto che l’allarme e il terrore si diffusero come lampo tra le truppe di re Hjorvarth”.

Ora spieghiamo in che cosa consisteva lo sconvolgente berserkergang.

Testualmente sarebbe “la Furia del Berserkr”

Si diceva che tale furore provenisse da Odino ma, più prosaicamente, sarebbe stato il prodotto di pratiche sciamaniche di controllo degli impulsi mentali e di particolari allenamenti (altre ipotesi sarebbero che alla base di simili comportamenti vi fossero malattie come l’epilessia o il morbo di Paget). Secondo lo storico delle religioni Mircea Eliade, nella sua opera “Lo sciamanesimo e le tecniche dell’estasi”, i berserkr riuscivano a padroneggiare con grande abilità le tecniche dell’estasi, che quindi sarebbe stata la pratica fondamentale di cui si servivano per esibire un coraggio sovrumano.

Sotto, un pezzo dai “Lewis Chessman”, degli scacchi nordici del XII secolo. fotografia di Rob Roy condivisa con licenza CC BY-SA 2.0 via Wikipedia:

Così, credere che questo furor fosse qualcosa di folle e incontrollato sembra azzardato poiché se fossero stati nient’altro che macchine omicide fuori controllo (incapaci di distinguere l’amico dal nemico), non si capirebbe per quale motivo numerosi comandanti desiderassero tanto averli tra i propri ranghi. Dal punto di vista fisico il berserkergang aveva un decorso singolare: incominciava con un leggero tremolio che via via sarebbe aumentato, a cui seguiva il battere dei denti, una sensazione generale di freddo e un marcato gonfiore facciale con conseguente cambiamento di colore. Infine, sopraggiungeva un’incontenibile rabbia mentale (che può essere classificata come una forma di trance), che faceva gridare come una bestia selvaggia e scatenava una fortissima smania di menar le mani.

In tale traumatizzante stato i berserkr si gettavano all’attacco incuranti delle ferite, della fatica, del freddo

Paesaggio Scozzese, fotografia dell’autore dell’articolo Riccardo Dal Monte:

I berserkr possono essere distinti in due categorie: solitari cacciatori di teste che assassinano indiscriminatamente e taglieggiano le popolazioni e guerrieri scelti inquadrati in eserciti. Uno dei berseker più famosi è stato il mitico Björn “il Pallido” della Gisla saga. Percorreva in lungo in largo la Norvegia ricattando e terrorizzando i villaggi che attraversava, esigendo terre e donne; e, se i suoi desideri non venivano esauditi, massacrava tutti gli abitanti.

In un poema del cantore Þorbjörn Hornklofi si riporta che il re norvegese Harald Fairhair (Aroldo Bellachioma), nel corso della battaglia navale di Hafrsfjord, schierò un gruppo di berserkr. Di solito, venivano impiegati come guardia personale o come truppe d’èlite di riserva da buttare nella mischia al momento opportuno per risolvere la situazione. Il poeta islandese Snorri Sturluson descrive un tipico e travolgente attacco berserkr “…gli uomini di Odino si lanciarono avanti senza armatura, invasati come cani o lupi, mordendo i loro scudi, forti come orsi o tori selvaggi, uccidendo tutti con un sol colpo ciascuno e, né fuoco né ferro potevano avere la meglio su di loro”.

Sotto, Re Harald riceve la Norvegia dalle mani del padre, illustrazione del Flateyjarbók, XIV secolo:

L’ultimo rintocco di campana per i semileggendari berserkr risuonò nel 1015, quando lo jarl Eirìkr Hàkonarson li mise fuorilegge (già in Islanda erano stati banditi, come riporta il codice medievale Gràgàs). Perciò, dal 1100, non si ha più notizia di bande organizzate.

Pur essendo morti da secoli, in un certo qual modo, sono rinati nel Novecento grazie a una fortunata serie di romanzi dall’omonimo titolo di Fred Saberhagen e di fumetti manga di Kentaro Miura.

Potremmo chiosare dicendo che, ogni uomo, trovandosi in situazione di mortale pericolo e non potendo fuggire, vorrebbe “trasformarsi” in un berserkr.


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