Atlante: il Titano che regge il peso del mondo sulle spalle

Quando Omero parla di lui nell’Odissea, sembra che questo Titano porti con animo leggero quelle colonne che reggono la volta celeste.

Immagine di copertina di Gabriel Seah condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia.

Atlante è una divinità antica, intorno alla quale si intrecciano molte storie, ma certamente quella dove si narra della sua condanna a portare il peso del cielo sulle spalle è la più conosciuta.

Atlante regge la Volta Celeste, intorno a lui 12 donne rappresentano i segni zodiacali

Immagine da un manoscritto di Calderon de la Barca

Omero narra che abita in un mare lontano, a occidente, e che nessuno dei segreti di quelle profonde acque gli è sconosciuto. E’ forte e sapiente, personificazione del mare, quel fluido elemento dal quale bisogna anche sapersi guardare.

Esiodo nella Teogonia racconta che vive all’estremo confine occidentale della Terra, là dove hanno casa le Esperidi e la Notte, proprio dove il giorno e la notte sempre si incontrano, nel perenne alternarsi di buio e luce. Secondo Esiodo Atlante regge il cielo con le mani e con la testa.

Atlante Farnese – particolare

Atlante è figlio di Giapeto e Clitene, un’ascendenza complicata nel Caos di quell’inizio primordiale della storia del mondo: Giapeto è figlio di Urano e Gea, il Cielo e la Terra (entrambi figli della Notte) che si incontrano e danno vita alla stirpe dei Titani. E’ anche fratello di Crono, e insieme a lui castra il padre, su istigazione della madre stanca di vedere i propri figli rinchiusi nel Tartaro, ovvero nel ventre stesso della Terra.

Climene è invece un’oceanina, figlia di Oceano quindi, che oltre ad Atlante genera Prometeo, Epimeteo e Menezio. Sono i Titani di seconda generazione, come si direbbe oggi, che subiscono tutti una punizione da Zeus (tranne Epimeteo) perché ribelli.

Sono i tempi della Titanomachia, della guerra tra Crono e i suoi stessi figli, quelli che aveva il vizio di divorare per paura di essere spodestato. La moglie Rea riesce a nascondere la nascita di Zeus, che poi riuscirà a far “vomitare” i suoi fratelli e sorelle al padre, e a sostituirsi a lui come re dell’Olimpo.

Rea porge a Crono un mattone al posto del neonato Zeus

I titani (tranne Prometeo ed Epimeteo), che vivono sul monte Otri (in Tessaglia) si schierano dalla parte di Crono, e conducono una guerra lunga duecentocinquantamila anni, dieci “grandi anni”, durante i quali le due fazioni rimangono in lotta, senza riuscire a prevalere una sull’altra. Solo quando Zeus si allea con i Ciclopi e i Giganti centimani arriva alla vittoria. Atlante viene condannato a reggere sulle spalle la volta del cielo, mentre Menezio e gli altri Titani sono incatenati e cacciati nel Tartaro.

“Per duro fato Atlante sostiene l’amplissimo cielo, di fronte alle Esperidi, voci soavi, ai confini della terra: facendo forza con la testa lo regge, con infaticabili braccia; tale destino per lui stabilì l’accorto Zeus.” (Esiodo, Teogonia)

Così si compie il destino di “Atlante dal cuore violento” e del fratello Menezio, punito “per via della sua arroganza e forza senza pari”.

La caduta dei Giganti – Jacob Jordaens, 1636/1638


Dopo Esiodo, ci sono poeti e scrittori che aggiungono storie al mito di Atlante.

Il poeta romano Ovidio racconta, nel suo libro “Le Metamorfosi”, di come l’eroe greco Perseo un giorno incontri il Titano. Dopo aver ucciso la Gorgone Medusa, Perseo sorvola il deserto della Libia e raggiunge i confini del mondo, là dove ci sono Atlante e le Esperidi.
Il titano non si fida degli estranei, perché una profezia lo aveva avvertito che un giorno un figlio di Zeus avrebbe distrutto il suo regno. Perseo poi gli racconta di avere origini divine, così Atlante gli nega ospitalità. Nasce una lotta fra i due, e quando il titano sta per avere la meglio, Perseo tira fuori dalla bisaccia la testa di Medusa e lo pietrifica: nasce così la catena montuosa dell’Atlante (nel nord ovest dell’Africa), sulla quale poggia il cielo.

Atlante ed Eracle (particolare) – Stich von Heinrich Aldegrever, 1550 circa

Atlante, all’interno del mito delle 12 fatiche di Eracle, cade in un tranello dell’eroe che lui stesso voleva ingannare. Eracle, per soddisfare le richieste del re di Micene Euristeo deve portagli tre mele d’oro, colte nel magico giardino custodito dalle Esperidi, le bellissime figlie di Atlante e di Espero, la stella della sera. Le ninfe del tramonto dalla voce soave sono aiutate nel loro compito da un drago: impossibile quindi che un estraneo possa superare un così terribile guardiano. Una divinità marina, Nereo, suggerisce ad Eracle di far cogliere ad Atlante le mele d’oro. L’eroe arriva ai confini del mondo, ed espone il suo problema al titano, che acconsente sì a risolverlo, ma come può farlo visto che regge la volta celeste? Eracle si offre di sostituirlo e così si accolla quell’incredibile peso, mentre Atlante va a raccogliere i pomi d’oro.

Al ritorno, leggero e sollevato, dice all’eroe che non ha nessuna intenzione di tornare a sostenere il Cielo, almeno per un po’, giusto il tempo di portare lui stesso le mele a Euristeo. Eracle finge di acconsentire, e chiede ad Atlante di sostituirlo solo per qualche attimo, in modo che possa accomodare meglio sulle spalle il peso della volta celeste. Il Titano cade nel tranello ed Eracle fugge veloce con le tre mele d’oro.

Da allora Atlante è ancora lì, nelle terre del tramonto, a reggere tutto il peso del Cielo, per l’eternità. Lui, e tutti i suoi fratelli Titani, sono “caduti”, simboli di quel fallimento destinato a chi osa sfidare i limiti umani, ma anche di chi ha il coraggio di sacrificarsi per il bene comune.


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