Il complesso di grotte chiamato Areni-1, in Armenia, si è dimostrato una “miniera” di reperti risalenti all’età del Rame, a partire dal V millennio avanti Cristo.
Sotto, le grotte Areni, fotografia di Serouj condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia:
Gli scavi, iniziati nel 2007, hanno portato alla luce una serie di sepolture risalenti al 5.000/4.000 aC. Tra i manufatti sono stati trovati alcuni vasi di terracotta, in due dei quali era contenuto il teschio di (due) giovani donne; sorprendentemente, uno dei crani aveva ancora un pezzo di tessuto cerebrale ben conservato, il più antico esempio di (pezzo) di cervello mai ritrovato.
Ma gli archeologi, nel 2008, hanno anche trovato la scarpa in pelle più antica del mondo, risalente a circa 5500 anni fa, quindi più vecchia di qualche centinaio di anni rispetto a quelle calzate da Ötzi, l’uomo del Similaun.
Fotografia condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia:
Il reperto, in ottimo stato di conservazione, suggerisce che l’uso delle scarpe iniziò in un periodo compreso tra i 40.000 e i 26.000 anni fa. La calzatura preistorica è stata ritrovata all’interno di una piccola buca profonda poco meno di 50 centimetri, sotto ai cocci di una ciotola di ceramica di epoca calcolitica. La pelle di bue con cui era stata confezionata la scarpa, si è mantenuta praticamente intatta grazie ad uno strato di escrementi di pecora che copriva il terreno, ed anche al clima freddo ed asciutto della grotta.
La scarpa, dalla forma sorprendentemente moderna, era tenuta in forma da un’imbottitura di erba secca posta al suo interno, forse usata anche come isolante, e calzava un piede relativamente piccolo, corrispondente ad un 37,5 odierno: misura che oggi sarebbe indubbiamente attribuita ad una donna, ma che migliaia di anni fa poteva essere anche portata da un uomo, considerata l’altezza media inferiore dei nostri progenitori.
Ma oltre alla scarpa e al cervello più antichi del mondo, Areni-1 ha conservato un’altra preziosa testimonianza sulla vita della sconosciuta popolazione che abitava anticamente l’Armenia: il primo sito accertato di produzione del vino.
Tutto sommato, gli uomini (o le donne) dell’età del rame usavano una tecnica di vinificazione non dissimile dalla nostra: pigiavano l’uva con i piedi, dentro una vasca di argilla, collegata con un tino, dove il succo d’uva veniva lasciato a fermentare.
Il vino veniva poi conservato in apposite giare dove, grazie al clima fresco e asciutto della grotta, del tutto simile a quello di una cantina, poteva “maturare”.
Fotografia di Kiwiodysee condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia:
Il vino tuttavia non era destinato ad un uso quotidiano, ma era probabilmente consumato solo durante cerimonie funebri o relative al culto dei morti, non a caso attorno alla cantina si trovano una ventina di sepolture, accanto alle quali sono state ritrovate delle coppe.
Fotografia di Sorouj condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia:
Ma ciò che rende ancora più importante questa scoperta, è la conseguente certezza che già in epoca così antica la vite fosse coltivata, e che l’uomo fosse in grado di controllare la necessaria quantità d’acqua, e di combattere gli insetti e i funghi dannosi della pianta: un’orticoltura complessa e sofisticata il cui inizio, secondo la Bibbia, si deve a Noè.
E’ suggestiva la coincidenza che Areni disti meno di 100 chilometri dal Monte Ararat, dove il mito dice che si arenò la mitica Arca dopo il diluvio, e dove Noè piantò il primo vigneto della storia del mondo…