È difficile immaginare cosa pensò quell’ufficiale tedesco che, nel 1940, in Francia, si ritrovò una freccia conficcata nel petto. Attorno a lui infuriava una delle più grandi guerre mai combattute dall’umanità, con armi e mezzi ben lontani dai moschetti, dagli archi o dalle spade di qualche secolo prima. Poteva aspettarsi di essere abbattuto da una raffica di mitra, da una granata, da una bomba… ma non da una freccia. Eppure, in una mattina di maggio, quell’ufficiale tedesco morì per colpa di un dardo scoccato da un eccentrico britannico di nome Jack Churchill.

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Facciamo un salto in avanti e spostiamoci in Italia nel 1943, ai tempi dello sbarco in Sicilia, quando l’imponente flotta degli Alleati si apprestava a toccare terra e iniziare la risalita della penisola. In sottofondo, c’era un’insolita melodia. Proveniva da una cornamusa che qualcuno stava suonando su una delle imbarcazioni… E indovinate chi era il musicista in questione?
Ancora lui: Jack Churchill

Questi sono solo due dei tanti, stravaganti, episodi legati al suo coinvolgimento nella Seconda guerra mondiale. Era un folle? Un cavaliere d’altri tempi? Difficile stabilire da che parte penda l’ago della bilancia, ma una cosa è certa: ovunque andasse, l’indomito Jack si batteva senza contemplare la resa. E, infatti, strano a dirsi, quella guerra combattuta all’insegna della modernità, la vinse con un equipaggiamento unico nel suo genere – spada, arco, frecce e cornamusa – tra l’altro, dettaglio non da poco, visto il personaggio, uscendone addirittura indenne e sulle sue gambe.

I primi anni
Jack Churchill nasce nella contea di Surrey, in Inghilterra, il 16 settembre del 1906. Suo padre è Alec Fleming Churchill, un alto funzionario britannico in servizio nelle zone coloniali del regno. Della prima infanzia di Jack si sa ben poco, tranne che la famiglia si trasferisce a Hong Kong nel 1910 e torna in patria solo nel 1917. Il giovane Jack studia prima alla Dragoon School di Oxford, poi al King William’s College, sull’isola di Man, e, infine, si laurea, nel 1926, alla Royal Military Academy di Sandhurst, nella contea di Berkshire.

Nello stesso anno, si arruola nel 2° battaglione del Manchester Regiment e presta servizio in Birmania, dove, nella città di Yangon, all’epoca nota come Rangoon, incontra un maggiore dei Cameron Highlanders, un altro reggimento britannico, che gli insegna l’arte della cornamusa. Quando torna in Inghilterra, finisce di stanza ad Ashton-under-Lyne e, probabilmente annoiato dalla vita miliare in tempi di pace, nel 1936 lascia l’esercito per girare l’Europa. Per un po’, lavora come redattore in un giornale di Nairobi, in Kenya, esibendosi anche come musicista professionista nei locali, e, nel 1939, rappresenta la Gran Bretagna ai Campionati mondiali di tiro con l’arco, disciplina in cui eccelle fin dai tempi del college.

La campagna di Francia
In seguito all’invasione della Polonia da parte della Germania nazista, viene richiamato nel Manchester Regiment e parte per la Francia, ma lo fa armato di arco, frecce, spada e cornamusa, facendo valere la sua celebre frase: “Ogni ufficiale che va all’azione senza spada è equipaggiato in modo inappropriato”.

In guerra, Mad Jack, come lo soprannomineranno i suoi uomini, si distingue per qualche stranezza di troppo, che, però, non ne intacca l’efficacia sul campo. Ad esempio, ai primi di maggio del 1940, la sua divisione individua una pattuglia tedesca nei pressi di Richebourg e, brandendo la spada come un qualsiasi condottiero d’altri tempi, ordina di tendere un’imboscata. L’attacco ha inizio con Jack che uccide un maresciallo nemico scagliando una freccia a centinaia di metri di distanza; evento che gli vale il singolare record di unico britannico ad aver abbattuto un tedesco con arco e frecce durante il conflitto.

Dopo il successo dell’offensiva, l’intrepido Jack si fa beffe di una vistosa ferita alla spalla e, di notte, guida i suoi uomini attraverso le linee naziste, portandoli a Dunkerque, dove prende parte alla battaglia contro la Wermacht e viene evacuato insieme agli altri superstiti del corpo di spedizione britannico.

L’operazione Archery
In patria, si offre volontario per i Commandos, una serie di unità di forze speciali del Regno Unito, e, in qualità di maggiore, il 27 dicembre del 1941, partecipa all’operazione Archery, sbarcando sull’isola di Vågsøy, in Norvegia, con l’obiettivo di ripulire la città di Måløy e raccogliere informazioni logistiche sui nazisti.

Quando il contingente britannico approda sull’isola, Mad Jack dà la carica ai suoi intonando con la cornamusa la canzone March of the Camerun Man; poi scaglia la prima granata contro gli avversari e si getta nella mischia a spada sguainata.
L’operazione è un successo e le sue gesta in Francia e in Norvegia – un po’ strampalate, ma comunque efficaci – gli valgono l’assegnazione della Military Cross e una promozione a tenente colonnello.

La campagna in Italia
Intanto, la guerra prosegue, l’Italia firma l’armistizio di Cassibile e, alla conferenza di Casablanca del 1943, gli Alleati decidono di aprire un secondo fronte nel sud della penisola. Ovviamente, Mad Jack si presenta allo sbarco del successivo 10 luglio armato di cornamusa, arco e spada, guidando la sua unità fino a Messina, per poi spostarsi sul lato continentale e unirsi alle operazioni nei pressi di Salerno.

Nel Cilento, riceve l’ordine di catturare un posto d’osservazione vicino Molina, da cui i nazisti controllano un passo che serve agli Alleati come testa di ponte.
L’intrepido Jack fa quanto chiesto… ma a modo suo

Prima di dare il segnale per l’inizio dell’incursione notturna, penetra di nascosto nell’accampamento nemico insieme a un caporale di nome Ruffell e, spada alla mano, minaccia e costringe singolarmente alla resa tutti i tedeschi nei posti di guardia. Così facendo, Mad Jack fa ben 42 prigioni, a cui impone di trainare, giù lungo il passo, dei carri con sopra i feriti e un’intera squadra di mortai. Alla vista di quell’immagine – a detta sua, “da guerra napoleonica” – il tenente colonnello Churchill si lascia andare a un commento molto sarcastico e denigratorio:
«Finché dici a un tedesco cosa fare in modo chiaro e a voce alta, se gli sei superiore di grado lui frignerà un jawohl e si metterà al lavoro con entusiasmo ed efficienza»

La Jugoslavia, la prigionia e la fuga
Dopo aver ricevuto anche la medaglia del Distinguished Service Order, la sua successiva avventura – sempre a metà fra il pazzo suicida e l’eroe romantico cavalleresco – è in Jugoslavia, nell’ambito della Missione Maclean.

Agli inizi di maggio del 1944, sbarca sull’isola di Brač, oggi a largo della Croazia, per liberarla insieme a 1.500 partigiani di Tito, ma, nonostante l’approdo senza colpo ferire, alla vista delle innumerevoli postazioni nemiche in lontananza, quest’ultimi si tirano indietro e decidono di rinviare l’attacco al giorno successivo. Jack, però, non ne vuole sapere e, incitando i commandos con la cornamusa, fa partire le operazioni belliche, che si interrompono quando, a metà giornata, un aereo della RAF, l’aviazione militare britannica, colpisce per errore una postazione inglese.

Jack sceglie di ritirarsi per la notte e riprendere all’alba, ma, anche questa volta, i partigiani optano per restare nelle retrovie. Gli uomini di Churchill, allora, ingaggiano una ferocissima battaglia frontale in solitaria contro i tedeschi e, sotto una pioggia di mortai e proiettili, solo in sette riescono a raggiungere le linee nemiche. L’ultima controffensiva nazista fa piazza pulita e l’unico a restare in vita è proprio Mad Jack, che, stoico e impavido anche nella sconfitta, prima di essere tramortito e messo fuori gioco da una granata, prende la cornamusa e intona la canzone Will ye no come back again?.
La fortuna del tenente colonnello è che di cognome fa Churchill e, credendolo un familiare del primo ministro di sua maestà, l’intelligence nazista lo mette su di un volo per Berlino, dove viene interrogato e spedito nel vicino campo di concentramento di Sachsenhausen.

A settembre, Jack e alcuni ufficiali della RAF scavano di nascosto sotto una recinsione di filo spinato ed evadono. Per un po’ attraversano a piedi l’intero territorio tedesco e si prefiggono di raggiungere la costa baltica, ma vengono catturati nei pressi Rostock, a pochi chilometri dal mare.

Ad aprile del 1945, il Terzo Reich è prossimo alla sconfitta e 140 detenuti d’élite di Sachsenhausen, incluso Jack, vengono trasferiti in un campo di prigionia in Val Pusteria, tra l’Alto Adige e il Tirolo. Il tenente colonnello dei Commandos freme per tornare in azione e approfitta di un blackout per scappare. Nei giorni successivi, attraversa il nord Italia a piedi e, dopo circa 150 km, arriva a Verona, dove si imbatte in un’unità corazzata statunitense che lo aiuta a rimpatriare.
La guerra, però, non è finita

Con la resa della Germania, c’è ancora da sconfiggere l’esercito nipponico e Jack si mette in viaggio per unirsi ai combattimenti in Birmania. Purtroppo per lui, arriva a destinazione quando le atomiche di Hiroshima e Nagasaki sono già state sganciate e il Giappone ha firmato l’armistizio. Deluso dalla notizia, pronuncia quella che, a conti fatti, è la sua frase più controversa:
«Se non fosse stato per quei maledetti yankee, avremmo potuto continuare per altri dieci anni»

Il massacro del convoglio di Hadassah
Nel dopoguerra, prende il brevetto da paracadutista e si unisce prima ai Seaforth Highlanders, poi agli Highland Light Infantry, un reggimento di fanteria leggera dell’esercito britannico, con cui parte per la Palestina in qualità di vicecomandante. Alle 9.30 del 13 aprile del 1948, nei pressi del Monte Scopus, le forze arabe tendono un’imboscata a un convoglio medico in viaggio verso l’Hadassah Medical Center di Gerusalemme e Jack è uno dei primi britannici a precipitarsi sul posto.

Offre fuoco di copertura e tenta di evitare che la situazioni degeneri, ma è tutto inutile. Dopo il cosiddetto massacro del convoglio di Hadassah, in cui perdono la vita ben 79 ebrei, Jack si occupa personalmente di supervisionare l’evacuazione dell’ospedale, mettendo in salvo, nel campo dell’Università Ebraica di Gerusalemme, circa 500 persone fra pazienti e personale medico.

Gli ultimi anni
Finito il mandato britannico in Palestina, presta servizio come istruttore in Australia e si appassiona al surf d’acqua dolce. Tornato in Inghilterra, chiude la carriera militare svolgendo un lavoro d’ufficio per l’esercito, da cui si ritira nel 1959. Negli anni della pensione, si diverte ad acquistare e riparare battelli a vapore, o creare e pilotare modellini di navi da guerra telecomandate, ma, eccentrico fino alla fine, con i suoi comportamenti bizzarri, non smette di stupire chi lo incontra, come, ad esempio, quegli ignari passeggeri che, ogni giorno, sul treno che da Londra lo riporta a casa, lo vedono alzarsi e buttare la sua valigetta fuori dal finestrino. In quelle occasioni, Jack torna a sedersi e sorride, mentre le persone lo guardano dandogli del pazzo. Poveri stolti…
Non sanno che ha centrato in pieno il giardino di casa sua

Dopo una vita a metà fra l’incoscienza e l’eroismo, intrisa di una pura follia romantica alla don Chisciotte, Mad Jack si spegne l’8 marzo del 1996, alla veneranda età di 89 anni. Chissà se nell’aldilà si è portato dietro la cornamusa…
Fonti:
- The amazing story of Mad Jack, the hero who took on the Nazis with a bow and arrow – Daily Mail
- Fighting Jack Churchill – Historik UK
- La storia del soldato inglese che uccideva i nazisti con l’arco e la spada – Vice
- Jack Churchill – Wikipedia italiano
- Jack Churchill – Wikipedia inglese