Tra tutte le protagoniste delle tragedie greche, sempre moderne da 2.500 anni a questa parte, Antigone è forse quella che più simboleggia l’eterno perdurare del conflitto tra autorità e diritto, tra leggi divine, nel senso ampio del termine, e leggi umane. Nessuna come lei può attraversare la storia dall’antica Grecia fino ai giorni nostri, rimanendo sempre il simbolo di una lotta personale contro la tirannia di un potere ingiusto.
Antigone – Frederic Leighton
Tutto comincia con Edipo, proprio quello del famoso complesso freudiano, fortemente voluto dalla madre Giocasta, e rifiutato dal padre Laio, che appena nato lo fa abbandonare perché un oracolo gli ha predetto la sciagura di tutta la famiglia per mano dell’erede.
Ma l’uomo non può contrastare il Fato, in un concatenarsi di eventi dalle tragiche conseguenze: Edipo viene salvato e allevato dal re e dalla regina di Corinto, ma si allontana volontariamente da loro perché un’inorridita Pizia dell’Oracolo di Delfi gli predice che avrebbe ucciso il padre e sposato la madre. Decide allora, per amore di quelli che lui crede i suoi genitori, di non tornare a Corinto, e si incammina verso Tebe.
Lungo il viaggio, per un diverbio da strada, uccide il padre Laio, poi arriva a Tebe, dove risolve l’indovinello della Sfinge, la mostruosa creatura che divorava (per una vendetta della dea Era) uno a uno i tebani, finché qualcuno non fosse riuscito a dare risposta al suo enigma.
Qual è l’animale che di mattina cammina a quattro zampe, a mezzogiorno con due e alla sera con tre?
Edipo e la Sfinge
In segno di riconoscenza Creonte, nuovo re di Tebe e fratello di Giocasta, offre in sposa la sorella all’eroe, insieme al trono della città. Ecco che il tremendo oracolo si è compiuto, all’insaputa di Edipo, che mette al mondo quattro figli incestuosi: Eteocle e Polinice, i due maschi destinati alla successione al trono, e due femmine, Antigone e Ismene.
E’ un regno felice, finché l’inevitabile castigo per una colpa così mostruosa non arriva sotto forma di una pestilenza. In un susseguirsi di oracoli, profezie, rivelazioni e comprensione degli eventi del passato, tutto si svela. Nell’apprendere la verità Giocasta si suicida, Edipo si acceca e va in esilio, accompagnato dalle figlie, non prima di aver maledetto gli eredi maschi, che avevano preteso il suo allontanamento da Tebe.
Edipo e Antigone
Edipo e Antigone di Franz Dietrich
La storia di Edipo si conclude a Colono, dove il vecchio re muore assistito dalle figlie.
Edipo a Colono
Edipo e Antigone Di Aleksander Kokular (1825–1828)
E qui comincia la storia di Antigone, una catena di drammatici eventi per tutti i protagonisti della tragedia.
Antigone, con la sorella, torna a Tebe proprio quando i suoi due fratelli, Eteocle e Polinice, si sono uccisi a vicenda lottando per il trono della città. Eteocle, il maggiore, è il legittimo erede, ma Polinice non ci sta, e chiede aiuto alla città di Argo, diventando agli occhi di tutti un traditore. La maledizione di Edipo si compie, i suoi due figli sono morti l’uno per mano dell’altro.
Creonte, nuovo re di Tebe, decide di dare degna sepoltura a Eteocle ma di lasciare il corpo di Polinice là fuori le mure di Tebe, a disfarsi come quello di una carogna, mangiato da cani e uccelli rapaci.
Nessuno può opporsi a quest’ordine, pena la morte. Ma il suo è un ordine iniquo, che contravviene a una legge ben più alta, quella degli dei. Antigone, e solo lei (la sorella Ismene si sottomette al volere del tiranno), non ci sta. Decide di dare comunque una sorta di sepoltura al fratello cospargendolo di terra. Creonte non può accettare che qualcuno si opponga al suo volere, ancor meno se questo qualcuno è una donna (che nell’antica Grecia era totalmente sottomessa all’uomo).
Ecco perché Antigone non è solo il simbolo di una ribellione contro il potere ma, peggio ancora, anche contro le convenzioni sociali, indispensabile tessuto connettivo della polis greca
Antigone di fronte al corpo del fratello Polinice, dipinto di Nikiforos Lytras del 1865
Creonte non può accettarlo, e fa rinchiudere la giovane in una grotta. Questo è, per lui, l’inizio della fine: sotto la pressione di terribili profezie dell’indovino Tiresia acconsente che suo figlio, promesso sposo della ragazza, vada a liberala.
Troppo tardi:
Antigone si è impiccata
Il ragazzo, dopo aver tentato, senza riuscirci, di uccidere il padre, si toglie la vita, e dopo di lui la madre e moglie di Creonte. Al re non resta che togliersi a propria volta la vita.
Antigone, dal 442 a.C. (anno della sua prima rappresentazione) e fino ai giorni nostri, è assurta a simbolo della lotta privata contro ogni forma di potere ingiusto e tirannico, metafora del diritto dei singoli individui di contrastare leggi amorali.
Perché, nonostante Sofocle (autore della tragedia) non prenda le parti di nessuno dei protagonisti, Antigone diviene l’archetipo della ferma volontà di mantenersi umani, anche a costo della propria vita:
Non sono nata per condividere l’odio, ma l’amore