Sulla banchisa antartica conosciuta col nome di Filchner-Ronne, sotto oltre 800 metri di ghiaccio, a una profondità dove lo sviluppo di ogni forma di vita è teoricamente impossibile, degli scienziati hanno fortuitamente scoperto l’esistenza di alcune strane creature.
L’eccezionale scoperta è avvenuta in maniera del tutto accidentale, durante una spedizione che ha visto coinvolti scienziati del British Antarctic Survey alla ricerca di detriti congelati sotto la massa di ghiaccio.
Mappa delle piattaforme dell’Antartide
Fotografia di Paleo nim – Own work condivisa via Wikipedia con licenza CC BY-SA 4.0
Scoperta per la prima volta nel 1912 dal geografo tedesco Wilhelm Filchner nel corso della spedizione che prese il suo nome, la piattaforma di Filchner-Ronne si trova nel mare di Weddell, in Antartide. La sua superficie di 425.000 chilometri quadrati – la seconda più grande, dopo la piattaforma nota come Barriera di Ross – è divisa in due dall’isola di Berkner con a est Filchner e a ovest Ronne. Da anni l’esistenza della barriera di Filchner-Ronne è a grave rischio a causa dei sempre più rapidi cambiamenti climatici. Recenti studi hanno dimostrato, infatti, che le temperature mai così elevate potrebbero presto sciogliere le enormi masse di ghiaccio e disperderle nell’Oceano, cancellando quell’instabile angolo del Polo Sud.
Un mondo a rischio, ma che ancora oggi riserva grandi sorprese.
Il geologo James Smith del British Antarctic Survey e la sua equipe internazionale hanno dovuto utilizzare circa ventimila litri d’acqua per trivellare e accedere al fondo ghiacciato di Filchner-Ronne, sotto ben mezzo miglio di ghiaccio, oltre ottocento metri, centimetro per centimetro, guidati forse dall’ignota consapevolezza di essere vicini a una straordinaria scoperta.
La piattaforma di Filchner-Ronne
Fotografia di National Ice Center/ NOAA report di pubblico dominio condivisa via Wikipedia
Grazie alla tecnologia, gli studiosi hanno calato nel condotto realizzato un contenitore con tanto di telecamera, ma dopo vari tentativi – durati almeno un’ora cadauno – la ricerca non aveva ancora dato alcun risultato: tutte le volte il contenitore faceva ritorno a livello senza alcun sedimento.
Interrotta la ricerca, però, i ricercatori hanno visionato le registrazioni delle telecamere.
È così che è giunta l’inaspettata scoperta.
Alla profondità di oltre ottocento metri, tra i sedimenti che i geologi si aspettavano di incontrare e raccogliere, è emersa una massa di colore più scuro che non corrispondeva a nuovi sedimenti, ma a una roccia ricoperta di una strana patina sulla quale hanno rilevato l’eccezionale in quelle speciosissime condizioni: la vita.
Colonia di idrozoi al microscopio
Fotografia di pubblico dominio condivisa via Wikipedia
Smith, il capo della spedizione antartica, ha mostrato il suo entusiasmo affermando che si è trattato di una scoperta assolutamente fortunosa, corrispondente addirittura una possibilità su un milione.
Seppur impossibilitati a raccogliere quanto visto dalla telecamera – almeno per il momento –, i biologi del British Antarctic Survey hanno esaminato accuratamente i filmati e hanno appurato che la pellicola attorno alla roccia – che ricorda una spugna marina o addirittura un idroide, ordine di cnidari idrozoi cui appartengono le meduse – non era altro che uno strato di batteri, quindi vita, mai incontrati all’esterno della banchisa, dove si conosce già l’esistenza di animali come pesci, krill e meduse.
Idroide sul Gulen Dive resort, Norvegia
Fotografia di Bernard Picton – Own work condivisa via Wikipedia con licenza CC BY-SA 4.0
A rendere ancora più stupefacente la scoperta è stato il fatto che la forma di vita sessile – vale a dire stazionaria, fissa al substrato – è stata rinvenuta in un punto del globo completamente al buio, in un punto dove il ghiaccio lascia definitivamente spazio al mare aperto e dove è impossibile procacciarsi ogni genere di cibo.
Come è possibile, dunque, che sotto l’immobile massa di ghiaccio di Filchner-Ronne, in un habitat tanto ostile, ci sia vita?
Gli scienziati hanno concordato che proprio il buio abbia favorito lo sviluppo della vita nel fondale. Gli esperti hanno spiegato che le creature e i batteri che vivono sul livello del mare, una volta morti, sprofondano inevitabilmente, decomponendosi; a questo punto, i loro resti vengono raccolti da altri batteri che, inghiottendoli, “rinnovano la vita” che fu in quelle spoglie. Spesso, in condizioni di estrema rigidità come nei fondali ghiacciati, queste spoglie vanno a formare quella che è definita “neve marina”.
Vige però un’altra questione: come riesce il cibo a raggiungere queste forme di vita bloccate sotto l’inaccessibile piattaforma di Filchner-Ronne?
Ghiacci dell’Antartide
Fotografia di NASA Goddard Space Flight Center da Greenbelt, MD, USA – Small Tabular Icebergs condivisa via Wikipedia con licenza CC BY 2.0
La spiegazione data dagli scienziati è che le correnti attorno a quella parte dell’Antartide siano abbastanza favorevoli da poter condurre nei pressi della piattaforma enormi masse di materiale organico, anche distanti più di quattrocento miglia. Un’impresa difficilissima, ma a quanto pare assolutamente possibile e che potrebbe, aggiungono i ricercatori, portare a Filchner-Ronne anche nuove forme di vita in futuro. Non solo attorno alla banchisa citata, però, ma anche in altri punti nelle vicinanze. Sicché ci si chiede se quanto scoperto sulla piattaforma di ghiaccio di Filchner-Ronne sia il frutto di un’alterazione fuori dall’ordinario o soltanto di un fortuito caso, oppure in quel punto impenetrabile della penisola dell’Antartide di simili ecosistemi ne esistano di altri.
Un’altra spedizione per raccogliere il sedimento che circonda la roccia è in fase di organizzazione, prima che il riscaldamento globale possa compromettere duramente l’intero mondo sommerso.