Anna “Ans” van Dijk nacque ad Amsterdam nel 1905, figlia di due genitori di religione ebraica. La storia della sua vita si intreccia in modo drammatico con l’occupazione tedesca dei Paesi Bassi e con le deportazioni nei campi di concentramento dei cittadini ebrei, perpetrate dai nazisti fra il ’42 e il ’45 in tutta l’Europa occupata.
La sua vicenda umana termina il 14 Gennaio del 1948, quando viene fucilata dopo esser stata riconosciuta colpevole di crimini contro l’umanità
Sotto, il video racconto dell’articolo sul canale Youtube di Vanilla Magazine:
La storia personale della van Dijk è decisamente particolare, e fa comprendere quante sfaccettature possa aver avuto, in tutta Europa, la persecuzione degli ebrei e degli omosessuali.
Ans van Dijk durante il processo nel 1947. Fotografia condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia:
Per capire come e perché si sia arrivati alla sua fucilazione partiamo da principio. Ans van Dijk era figlia di genitori ebrei, Aron van Dijk e Kaatje Bin. Nel 1927 sposò un tale di nome Bram Querido, dal quale si separò nel 1935. Dopo la fine del matrimonio iniziò una relazione omosessuale con una donna di nome Miep Stodel, e aprì un negozio di modisteria chiamato Maison Evany, ad Amsterdam. Gli affari andavano bene, ma il negozio venne chiuso dopo l’occupazione tedesca nel 1941, come parte del sequestro di attività e proprietà condotte da olandesi di fede ebraica.
Della compagna di Anna, Miep Stodel, non sappiamo praticamente nulla, se non che nel momento dell’occupazione fuggì in Svizzera, e quindi scompare dal nostro racconto. La van Dijk invece rimase nei Paesi Bassi e, nella domenica di Pasqua, del 1943 venne arrestata dal detective della Sicherheitsdienst (SD; il servizio di intelligence nazista), Peter Schaap, dell’Ufficio degli affari ebraici della polizia di Amsterdam.
Alla donna fu fatta un’offerta:
Aver salva la vita in cambio della collaborazione con la SD
Anna van Dijk accettò la proposta, e iniziò a fornire informazioni su dove trovare gli ebrei nascosti. Il modo in cui operava era semplice. La van Dijk, ebrea e omosessuale, si fingeva membro della resistenza e si proponeva di aiutare le famiglie ebree a trovare un nascondiglio sicuro dai rastrellamenti tedeschi.
In realtà, una volta capita la posizione dei correligionari, trasmetteva le loro posizioni alla Sicherheitsdienst
In questo modo riuscì a far catturare (si stima) almeno 145 persone, tra cui suo fratello e diversi membri della sua famiglia. Tra coloro che furono arrestati grazie alle segnalazioni della van Dijk ben 85 morirono nei campi di concentramento, ma una stima più recente indica in almeno 700 il numero di morti totali legate al lavoro della donna, se così possiamo definirlo.
Il più recente libro uscito sull’argomento, The Backyard of the Secret Annex, scritto dal figlio settantenne di Gerard Kremer, indica nella van Dijk la colpevole della segnalazione, tra le altre, della famiglia Frank.
Sotto, Anna Frank, fotografia di pubblico dominio condivisa via Wikipedia:
Secondo quanto affermato nel libro, Gerard Kremer, scomparso nel 1978, era il custode di un edificio nel centro di Amsterdam utilizzato dalle autorità tedesche e dal movimento nazionalsocialista dei Paesi Bassi. Il libro spiega che l’uomo (quindi il padre dell’autore) vide spesso entrare la Van Dijk nell’edificio, con una sorta di travestimento.
L’aveva osservata più volte usare il telefono negli uffici occupati dai tedeschi, e in un’occasione, a pochi giorni dall’arresto della famiglia Frank, la sentì parlare del “Prinsengracht” con il personale della polizia segreta delle SS. Il Prinsengracht è un canale adiacente ad una strada di Amsterdam (che porta lo stesso nome), dove Anna Frank e i suoi sette compagni rimasero nascosti per più di due anni, fino a quando furono scoperti.
Fu quindi Anna Van Dijk a rivelare la posizione della famiglia Frank? Ormai è difficile scoprirlo, e probabilmente non sarà più possibile visto i circa 80 anni trascorsi, però questa è una possibilità più che concreta.
Sotto, il Prinsengracht oggi. Fotografia di Michiel1972 condivisa con licenza Creative Commons 3.0 via Wikipedia:
Mi sento però di fare una precisazione: nonostante le circostanze possano suggerire che Anna van Dijk abbia segnalato la posizione della famiglia Frank alla polizia tedesca, la semplice menzione del Prinsengracht non può essere assurta a prova “certa” della colpevolezza della donna
Dopo la guerra Anna van Dijk si trasferì a L’Aia, dove fu arrestata a casa di un amico il 20 giugno del 1945 e imputata per 23 capi d’accusa connessi con la colpa di tradimento. Il 24 febbraio 1947 fu condotta nel tribunale speciale di Amsterdam.
L’accusata ammise tutto quanto le era contestato, asserendo di aver agito soltanto per difendere la propria vita
Nonostante la confessione e la più che circostanziata prova che Anna fosse davvero in pericolo di vita, vista la sua omosessualità e l’appartenenza alla religione ebraica, il tribunale procedette a comminarle la massima pena. La donna venne condannata a morte, e nel settembre del 1947 la Corte speciale d’Appello confermò la sentenza. Il 14 gennaio del 1948 fu giustiziata a Fort Bijlmer. La notte prima della sua esecuzione fu battezzata e si unì alla Chiesa cattolica romana.