Insegna filosofia il professor Andrej Romanovič Chikatilo. Ma nel suo curriculum più che gli onori accademici, saranno le 53 persone uccise e mutilate a dargli la notorietà. È la storia del Mostro di Rostov.
Mostro di Rostov, Cittadino X, lo Squartatore Rosso e il Macellaio di Rostov: tanti i soprannomi attribuiti dalla polizia e dalla stampa ad Andrej Chikatilo, il professore di filosofia che tra il 1978 e il 1990 si macchiò di almeno 53 omicidi tra donne e bambini, di entrambi i sessi. Per raccontare la sua storia è bene tornare indietro nel tempo.
Andrej Romanovič Chikatilo nasce nel 1936 nel villaggio di Jabluchne, nella Repubblica Socialista Sovietica di Ucraina, non troppo distante dal confine russo. La sua infanzia è segnata dalla Seconda Guerra Mondiale e da tutti gli orrori che essa porta con sé: bombardamenti, morti, rastrellamenti, ma anche gli atti di cannibalismo che si susseguono con frequenza nell’Unione Sovietica, attanagliata dal freddo e dalla fame.
Chikatilo da giovane:
Pare che durante il conflitto suo fratello maggiore, uscito in cerca di qualcosa da mangiare per la famiglia, sia stato rapito da alcuni vicini di casa e divorato vivo per la tremenda carestia. Immagini da film dell’orrore che accompagnano la mente del giovane Andrej.
Poi, la guerra finisce. Chikatilo riprende gli studi e riesce a conseguire il diploma. Prova anche a entrare all’Università di Mosca, senza successo. In questo periodo si affaccia anche alla vita sessuale: i primi incontri però sono drammatici. Chikatilo in realtà ha problemi sessuali e relazionali con l’altro sesso causati dall’impotenza e dall’incontinenza che lo accompagnano sin dalla tenera età.
Un giorno succede che si apparta con una ragazza, ma questa scoppia a ridergli in faccia quando si rende conto dell’impossibilità del giovane di avere un rapporto. Chikatilo è tremendamente umiliato dall’evento e nella sua mente già fragile inizia a svilupparsi un odio verso le donne e delle catene che associano il sesso alla violenza.
Ha 18 anni quando ha una nuova occasione di intimità: Andrej Chikatilo aggredisce un’amica della sorella di appena 13 anni. Questa cerca di divincolarsi dalla sua presa; è terrorizzata. Quello stato di panico esalta la mente distorta del ragazzo che riesce a eiaculare addosso alla povera giovinetta.
Nel 1963, quando ha 27 anni, Andrej Chikatilo si sposa – avrà, non si sa bene come, anche due figli – e riesce a entrare alla Libera Università di Arte di Rostov, città di un milione di abitanti sul Mar Nero. Qui nel 1971 ottiene la laurea in Lettere e Filologia marxista e comincia a insegnare.
Il liceo professionale numero 33 della città di Shakhty, luogo di lavoro Chikatilo fra il 1978 e il 1981:
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Il professor Chikatilo però non è un insegnante come gli altri. Il suo aspetto ridicolo e bizzarro lo porta a essere oggetto della derisione degli studenti, che non ascoltano le sue lezioni. Viene inoltre additato come omosessuale (un reato in Unione Sovietica) a causa di vecchie voci sul suo conto.
Chikatilo, dal canto suo, reagisce a questi comportamenti tentando più volte approcci intimi con i suoi alunni. È in questo periodo che il professore viene spostato di scuola in scuola con l’accusa, lasciata colpevolmente all’interno dell’ambiente scolastico, di abusi sugli studenti.
Ben presto però nessuna scuola desidera più avere come insegnante un uomo con quei trascorsi, e così Chikatilo si rimbocca le maniche e trova un nuovo lavoro: diventa un commesso viaggiatore.
È l’inizio della sua carriera di serial killer
Šachty è una cittadina a circa 75 chilometri da Rostov. Qui nel 1978 si trova Andrej Chikatilo. È il 22 dicembre. Elena Zakotnova è una bambina di 9 anni, e sta tornando a casa dopo esser stata a pattinare con delle amichette. È carina Elena nel suo cappottino. Chikatilo la nota. La attrae a sé con qualche scusa e la conduce in una cascina poco distante dalla strada, ma abbastanza lontana da occhi indiscreti.
Dopo due giorni il corpo di Elena viene ritrovato nel fiume Gruščëvka
È il primo omicidio del Mostro.
Sotto, le rovine della capanna di Shahty Mezhevoy Pereulok. Nell’edificio diroccato, il 22 dicembre 1978 avvenne l’omicidio di Elena Zakotnova, prima vittima di Chikatilo:
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La morte della bambina sconvolge la cittadina di Šachty. Le autorità si muovono per trovare l’assassino, che viene identificato in Aleksandr Kravčenko, un amico della famiglia della povera vittima. L’uomo, innocente, è arrestato e condannato a morte per l’orrendo delitto. Indirettamente il Kravčenko può essere considerato la seconda vittima dell’ex professore.
Il ponte Grushevsky, luogo della scoperta del corpo di Elena Zakotnovoy:
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Passano alcuni anni, è il 1981 e Andrej Chikatilo ritorna a colpire. Larisa Tkačenko è una giovane prostituta di 17 anni. Si trova alla fermata dell’autobus nei pressi della biblioteca di Rostov quando viene avvicinata da Chikatilo. Dopo alcuni minuti sparisce. Il corpo di Larisa verrà trovato il giorno dopo straziato con decine di coltellate.
Il 12 giugno 1982 il killer si trova a Donskoj, oblast’ di Tula. Qui incontra la tredicenne Ljubov’ Birjuk. Dopo due settimane di ricerche la polizia la troverà con circa 40 coltellate sparse per il corpo.
L’Unione Sovietica ancora non se ne è accorta, ma nel suo immenso territorio si aggira un pericolosissimo serial killer. Krasnodar, Adygejsk, Novošachtinsk: Chikatilo di mese in mese aggiunge sempre una nuova città alla sua mappa degli orrori. Ricordiamo che Chikatilo è un commesso viaggiatore, e il lavoro ne agevola l’opera criminale.
Il 13 agosto 1982 si aggiunge all’elenco ancora ristretto la prima vittima di sesso maschile: si tratta del piccolo Oleg Požidaev, di soli 9 anni, scomparso dal suo villaggio e mai più ritrovato. In futuro Chikatilo confesserà di averlo fatto a pezzi e aver portato con sé i suoi genitali.
Ha invece 7 anni Igor’ Gudkov. Scomparso il 9 agosto 1983, il suo corpo viene ritrovato venti giorni dopo al Parco degli aviatori di Rostov, luogo che diventerà un po’ il simbolo degli omicidi di Chikatilo per il gran numero di cadaveri ritrovati nei suoi pressi.
Sotto, due vittime di Chikatilo:
L’assassinio di Igor’ Gudkov è importante perché è in quell’agosto 1983 che per la prima volta le autorità giudiziarie cominciano a collegare una possibile unica mano ai tanti omicidi di giovani e bambini che stanno sconvolgendo il paese.
Si inizia a parlare di un Mostro, di un Cittadino X che adesca giovani donne e ragazzini nei pressi dei boschi per violentarli e poi ucciderli e mutilarli a colpi di arma da taglio, specialmente nella zona di Rostov.
Il modus operandi di Chikatilo è sempre lo stesso: atrae a sé le vittime con i suoi modi gentili, offrendo da mangiare o aiuto, le porta in un luogo appartato dove il suo atteggiamento si trasforma e tenta di avere un rapporto sessuale con esiti alterni, data la sua impotenza. Poi, furioso per la sua impossibilità di raggiungere l’erezione, colpisce le vittime con il coltello e ne asporta dei pezzi; azioni tipiche dei killer seriali. In quest’ultima fase, inoltre, in molti casi riesce a raggiungere il piacere sessuale.
Questo però il popolo russo non lo sa: in quegli anni, difatti, l’Unione Sovietica tende a tenere ben nascosti i crimini brutali come quelli attuati dal professor Chikatilo. Perciò genitori e bambini ignorano che attorno a loro si aggiri un mostro, anzi, iniziano a circolare voci che Rostov sia stata raggiunta da un branco di lupi mannari che escono dai boschi per nutrirsi di giovani creature.
Intanto altre persone continuano a cadere nella trappola dell’omicida.
Il 21 febbraio 1984 a perire sotto i colpi dell’ex professore di filosofia è Marta Rjabenko, vagabonda di 44 anni. È la vittima più anziana del killer. Il 25 maggio arriva il primo omicidio multiplo quando uccide Tat’jana Petrosjan e sua figlia Svetlana, accorsa per difendere la madre. Il 1984 sarà l’anno con più assassinii per Chikatilo, ben 15.
Le autorità sovietiche, pur non comunicando la notizia al popolo, indagano in maniera serrata sui continui delitti. Tra Rostov e Šachty vengono inviate decine tra investigatori e agenti, e le ricerche si svolgono a 360 gradi.
Nello stesso autunno del 1984 un gruppo di agenti in borghese sta tenendo sott’occhio un uomo nei pressi di una fermata degli autobus a Rostov. È Andrej Chikatilo.
L’uomo si comporta in maniera sospetta, va su e giù per il marciapiedi. Gli agenti lo fermano e scoprono che su di lui pendono alcune denunce per furti. Perciò viene arrestato. Il suo profilo e gruppo sanguigno vengono analizzati dagli inquirenti, ma risultano differenti dalle tracce di liquido seminale lasciate dall’ignoto assassino cerca l’Unione Sovietica. Così, dopo tre mesi di galera, Chikatilo viene rilasciato.
Andrej Chikatilo non lo sa, ma è un raro individuo nel quale il tipo di sangue risulta di gruppo diverso se analizzato in un campione ematico o in uno di liquido seminale
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Una circostanza che ora è stata risolta, ma che con i test del DNA degli anni 80 poteva verificarsi. Il serial killer è di nuovo libero, e si sposta di qualche chilometro lontano da Rostov, nella città di Novočerkassk. Qui si tiene lontano dalle azioni criminose fino al 31 luglio 1985 quando, in viaggio a Mosca, uccide la diciottenne Natal’ja Pochlistova.
Gli omicidi di Chikatilo cominciano ad allontanarsi da Rostov, ormai sotto il controllo delle autorità.
L’uomo uccide a Revda, nella regione degli Urali, poi a Zaporižžja e nella regione di Leningrado. Il 14 luglio 1988 Chikatilo ritorna a colpire anche nella sua Rostov: a morire sotto le sue mani è Jevgenij Muratov. Anche il suo corpo verrà ritrovato senza genitali.
La caccia al killer non ha più confini geografici. La polizia sovietica indaga a tappeto ma le uccisioni del Mostro si ripetono senza sosta. Il numero dei sospettati cresce giorno dopo giorno, vengono fermati chirurghi, macellai, pregiudicati, ma lo smascheramento del serial killer sembra ancora distante.
Chikatilo alterna mesi di pausa a mesi di ripetuti delitti, come gli 8 che commette nel 1990, l’anno in cui il cerchio attorno a lui si chiude.
Il 6 novembre 1990 Andrej Chikatilo sta guadagnando l’uscita da un bosco di Šachty. Ha appena ucciso Svetlana Korostik, una giovane prostituta: è la sua vittima numero 53, l’ultima
Degli agenti della squadra omicidi di Rostov di pattuglia nella vicina stazione ferroviaria di Donleschoz lo notano. Lo avvicinano e gli chiedono cosa stia combinando. L’ex insegnante appare agitato e risponde che è andato a raccogliere dei funghi nel bosco, ma il suo abbigliamento non è quello adeguato, inoltre sul volto ha degli strani schizzi di sangue.
Gli agenti controllano i documenti dell’uomo, ma anche questa volta lo lasciano andare
Pochi giorni dopo due cadaveri vengono trovati nella zona del bosco. Chikatilo viene messo sotto sorveglianza dalla polizia. È il pomeriggio del 20 novembre 1990. L’ex professore esce dalla sua dimora di Rostov: non se ne accorge ma ha una pattuglia che lo tallona a breve distanza. L’uomo ha con sé un contenitore di birra e ciondola con aria svagata per le strade della città fermando tutti i bambini che incrocia.
Gli agenti lo bloccano e lo arrestano per comportamento molesto. Non si trovano prove per incriminarlo: c’è il rischio di doverlo rilasciare un’altra volta come era stato nel 1984. Così, la polizia attua una mossa che si rivela estremamente efficace e fortunata: un agente conversa con lui circa il serial killer che uccide donne e bambini e di quanto ormai fosse famoso. Il funzionario asserisce che si deve trattare di una persona molto malata che compie queste azioni perché ha bisogno di aiuto e che le autorità sovietiche vogliono appunto fare questo, aiutarlo.
L’ingresso della casa della famiglia Chikatilo a Novocherkassk, dove viveva l’assassino al momento del suo arresto:
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Il professor Chikatilo ci casca a pie’ pari: speranzoso che l’ammissione dei delitti gli avrebbe potuto assicurare l’infermità mentale durante il processo. Confessa tutto l’ex docente: i rapimenti, le sevizie, le uccisioni, le mutilazioni e il cannibalismo. Anche più di quello che gli viene imputato.
Le mosse successive alla confessione di Chikatilo sorprenderanno anche le autorità. L’assassino diventa collaborativo e conduce gli inquirenti a una sorta di “tour” nei luoghi in cui ha ucciso, sepolto o nascosto parti delle sue vittime. Il conteggio delle uccisioni del Mostro di Rostov salirà così a 53 vittime, molte più delle 36 che fino a quel momento la polizia era riuscita a mettere in connessione.
In carcere Chikatilo ha il terrore di essere aggredito da altri detenuti o dalle guardie. Decide perciò di trascorrere le giornate in solitudine leggendo e scrivendo lettere a famiglia e ufficiali di governo.
Il processo si chiude nel 1992 con Andrej Chikatilo che viene riconosciuto in pieno possesso della facoltà di intendere e di volere, nonostante le molte scene di follia manifestate in aula e rese note da molte foto e video rintracciabili in rete – celebri la sua calata di calzoni durante il processo atta a testimoniare l’impotenza di cui soffriva e di conseguenza l’impossibilità di violentare le vittime dei delitti che la giuria gli attribuiva – e la richiesta a non essere processato poiché non esisteva, a suo dire, una giustizia adeguata per il suo caso.
Il Cittadino X sarà condannato alla pena di morte per 52 dei 53 omicidi a lui ascritti
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Alcuni istituti di ricerca si mossero per salvare il serial killer dalla condanna, offrendo somme cospicue per studiarne la mente. Le appetitose offerte furono però rifiutate dalle autorità sovietiche.
Sotto, un video mostra alcune fasi del processo di Andrej Chikatilo:
Andrej Chikatilo, il Mostro di Rostov, venne giustiziato nel carcere di Novočerkassk il 14 febbraio 1994 con un colpo di pistola alla nuca. Il mese prima il presidente della Federazione Russa Boris Eltsin aveva respinto la sua estrema richiesta di grazia. Si chiuse così il sanguinoso capitolo del killer seriale che terrorizzò l’Unione Sovietica per 12 anni.
La parabola criminale di Andrej Chikatilo ha ispirato registi e scrittori in tutto il mondo.
Tra i film citiamo il celebre “Il silenzio degli innocenti” del 1991 di Jonathan Demme, “Cittadino X” del 1995 diretto da Chris Gerolmo ed Evilenko del 2004 con la regia di David Grieco. Tra i libri sul serial killer sovietico il romanzo “Il comunista che mangiava i bambini” (Elle U) dello stesso regista David Grieco e “Il giardino delle mosche” (Ponte alle Grazie) di Antonio Tarabbia.