Alla scoperta del nuovo lessico della Scuola partendo dall’Infanzia

Negli ultimi anni, il mondo della Scuola ha vissuto un grande cambiamento. Riforma dei Cicli, il susseguirsi di nuovi Ministri della Pubblica Istruzione, nuovi scenari, nuovi modi di pensare la Scuola, ma soprattutto, nuovo lessico.

Spesso, infatti, il mondo che circonda la Scuola risulta caotico, incomprensibile, a volte complicato… Perché? La risposta è piuttosto semplice.

In realtà, la difficoltà nel comprendere le questioni scolastiche è dovuto dai termini ad esse correlate. Nel corso degli anni molte parole sono cambiate, affrontando un profondo mutamento che, sovente, è solo apparente o terminologico. Di seguito proveremo ad analizzare alcune parole che sono cambiate nel corso degli anni e alcuni termini che, anche se lo diamo per scontato, risultano poco chiari e fanno capolino nei scritti della scuola come semplici sigle…

Partiamo dalla parola per eccellenza: scuola materna. Nel tempo siamo passati da: asilo – scuola materna – scuola dell’Infanzia. Queste tre parole vengono speso usate come sinonimi ma, e lo sappiamo bene, non è proprio così. Se oggi chiedessimo a un bimbo: “Vai all’asilo?”, probabilmente ci sentiremmo rispondere: “No! Io vado alla scuola materna!”. Sì, perché la maggior parte dei bambini e dei genitori riconoscono la scuola materna come primo fattore “scolastico”, mentre “scuola dell’infanzia” risulta un’espressione molto poco diffusa, almeno fra gli utenti. “Asilo”, invece, anche se termine piuttosto antico, viene frequentemente utilizzato nel gergo comune, ma poco apprezzato in primo luogo dai bambini (che si sentono più grandi per essere “additati” come bambini dell’asilo) e in seconda battuta dalle insegnanti che devono ricordare a genitori e non solo, che la scuola dell’infanzia è il primo gradino dell’ordinamento scolastico.

Passiamo ora alla parola maestra/o, insegnante, docente. Anche la figura dell’insegnante ha subito cambiamenti, nella terminologia, oltre che nel percorso di studi che bisogna intraprendere per insegnare. Certamente, un aiuto ci viene offerto dalle Nuove Indicazioni per la Scuola dell’Infanzia. Infatti, tra gli elementi di novità troviamo un richiamo esplicito alla figura dell’insegnante, con un apposito paragrafo che si affianca a quelli sul bambino e sulle famiglie, quasi a suggellare il patto educativo che deve intercorrere tra i tre soggetti, soggetto ed oggetto, della relazione educativa (bambini, genitori, insegnanti).

Oggi molto è cambiato nella scuola dell’Infanzia e le Nuove Indicazioni sottolineano l’importanza di un giusto equilibrio tra tempi, ritmi, spazi, attività educativo/didattiche, senza trascurare la padronanza da parte del docente dei sistemi culturali (i campi di esperienza) verso cui far convergere l’esperienza dei bambini. Ma questo non basta: bisogna anche considerare il nuovo panorama delle classi, o meglio, sezioni, delle nostre scuole.

Queste ultime si presentano sempre più ricche di diversità, di multiculturalità, di storie ed esperienze che fino a poco tempo fa non immaginavamo e che rappresentano una sfida educativa e sociale che, a nostro avviso, avrebbe bisogno di maggiore spazio, approfondimento e riflessione. Il ruolo del docente avrebbe bisogno di maggiore delucidazioni e, per questo, rimandiamo al contributo che seguirà questa riflessione, aggiungendo il termine Etica che non guasta…

Ora vediamo cosa si intende con Progetto Educativo: documento che ha costituito la carta distintiva delle singole scuole prima dell’adozione del P.O.F. o P.T.O.F (il P.T.O.F è semplicemente il Piano dell’Offerta Formativa Triennale) e contiene le scelte educative, pedagogiche e curricolari.

Il POF o PTOF, si può paragonare ad una sorta di carta d’identità della scuola. Il P.O.F è “ il documento fondamentale costitutivo dell’identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche” (questa è la definizione secondo il Regolamento sull’autonomia didattica, organizzativa e di ricerca, sperimentazione e sviluppo, del 1997).

Per comprendere ancora meglio cos’è un P.O.F. analizzeremo ogni singola parola:

piano: significa progetto in cui devono essere presenti tutti gli aspetti dell’offerta formativa, ovvero quello educativo, curricolare, didattico ed organizzativo.

Offerta: si in tende un servizio che la scuola dichiara di voler realizzare, dopo aver considerato ed analizzato le necessità e le potenzialità del territorio e del momento.

Formativa. E’ l’aggettivo che pone l’attenzione sulle caratteristiche che l’offerta desidera perseguire e, conseguentemente, della scuola stessa rispetto all’educazione e alla formazione.

Triennale: negli ultimi anni, è parso opportuno aiutare la scuola con un Piano dell’Offerta Formativa da aggiornare ma non rifare ogni anno, ecco perchè l’aggiunta della parola triennale, per consentire una certa stabilità agli Istituti e al personale della scuola.

Il P.O.F. o P.T.O.F viene elaborato dal collegio dei docenti, tenendo conto della realtà in cui la scuola è inserita, della storia della scuola stessa e della gestione amministrativa (scuola paritaria, statale, se è fondazione, associazione, ecc…).

Unità didattica – progetto – progettazione. Nel corso degli anni è cambiato moltissimo anche il modo in cui si pensa alla parte didattica oltre che educativa. La “vecchia” unità didattica è stata sostituita dal progetto. Ma cosa si intende con questo termine? Se consultassimo un qualsiasi dizionario della lingua italiana alla voce “progetto” troveremmo che tale parola indica un’idea, un proposito, ma anche un piano di lavoro utile ad eseguire qualcosa e che deve essere ordinato e particolareggiato. Ma come si conciliano questi aspetti con la vita scolastica e con la sua pratica in sezione? La terminologia non nasce a caso. Ecco la prima risposta. Infatti, se l’unità didattica veniva assimilata come qualcosa di chiuso fra le mura della scuola, il “progetto” apre le porte ad aspetti di lavoro in team e che agiscono con il territorio in cui la stessa scuola è inserita. Quello che desideriamo dire è che il progetto diventa uno strumento fondamentale per co-creare un percorso nella scuola che va oltre la semplice didattica. La scuola diviene, in questo modo, un veicolo per coinvolgere le famiglie, in prima battuta, ma anche la società stessa. Ecco che, allora, si parla di “Progetto di Continuità con la scuola primaria” o di “Progetto con e per le famiglie”.

Per organizzare tutto questo, però, abbiamo bisogno di un primo progetto che riguarda l’osservazione. Grazie a un progetto di osservazione, riusciremo a declinare tutto ciò che necessita per realizzare un concreto progetto educativo e didattico. Di seguito proponiamo una sorta di percorso per progettare.

Primo step fondamentale: riunione in collegio docenti per decidere insieme le modalità di progettazione e definire tutti gli aspetti del lavoro. Successivamente, osservazione ed analisi dei bisogni, poi, primo piano di lavoro per definire, in team. In questa fase i docenti iniziano la stesura più concreta del progetto e definiscono l’attuazione dello stesso. Successivamente:

– Introduzione del progetto in sezione.

– Analisi in itinere dell’iniziativa e continua osservazione…

– Osservazione finale e valutazione

Stesura definitiva del progetto.
Come si evince da quanto sopra descritto, dalla nostra “Unità didattica” all’attuale “Progetto”, sono cambiate non solo le modalità, ma soprattutto l’idea di bambino che frequenta la nostra attuale scuola dell’infanzia.

Passiamo ora a un altro termine. Curricolo implicito ed esplicito. Ecco una parola “difficile” e spesso usata a sproposito. Iniziamo a definire il Curricolo in generale. Esso: risponde alle caratteristiche culturali della società contemporanea, alla domanda formativa del territorio, oltre che alle specifiche esigenze di educazione ed apprendimento delle nuove generazioni. Inoltre è caratterizzato dalla molteplicità degli stimoli educativi e dalla specificità degli obiettivi, dei contenuti e dei metodi. Ora definiamo cosa si intende per Curricolo Esplicito ed Implicito.

Curricolo Esplicito: è definito dalle Norme dello Stato e delinea un itinerario degli apprendimenti. Organizza il “fare” in campi di esperienza all’interno dei quali il bambino comincia ad avere consapevolezza di ciò che fa e di ciò che è, cogliendo, in questo modo, il delinearsi dei saperi disciplinari e dei loro alfabeti.

Curricolo Implicito: è definito dall’ambiente formativo – sociale della specifica Istituzione scolastica e deve tenere presente del contesto sociale, strutturale e professionale in cui opera. Curricolo Esplicito ed Implicito mirano alla creazione di un ambiente favorevole all’apprendimento, nel quale i bisogni dell’infanzia sono ampiamente tutelati e sorretti dalla competenza dei “professionisti dell’educazione”.

Collegio docenti. Rappresenta l’organo collegiale per eccellenza che riunisce la totalità del personale docente (raccomandiamo di includere anche gli esperti e i docenti di sostegno). E’ presieduto dal dirigente scolastico (per le scuole private e paritarie dal coordinatore delle attività educativo – didattiche) che stabilisce anche il calendario delle riunioni. Le sue competenze riguardano il campo educativo, didattico e della valutazione. E’ il collegio che definisce ed approva il P.O.F. o P.T.O.F.

Competenze. Abilità necessarie per svolgere specifici compiti, anche attraverso l’attuazione delle proprie conoscenze. Sono intese come il “sapere” e il “saper fare”.

Continuità orizzontale e verticale. “La Continuità Educativa e Didattica ha lo scopo di promuovere un percorso formativo unitario in grado di contribuire ad uno sviluppo organico dell’esperienza educativa dell’alunno…” (Articolo 11 della legge 12 Febbraio 1998 n.21)

La continuità orizzontale tra scuola e famiglia.

La continuità verticale tra sistemi formativi, quali asilo nido e scuola primaria.

Concludendo questa panoramica riferita al “nuovo lessico” possiamo evincere che il cambiamento dei termini o la loro specificità andrebbe accompagnata da un altrettanto innovativo modo di intendere la scuola nella sua globalità. La scuola non ha bisogno solo di un nuovo lessico ma di una nuova mentalità. Se non cambierà un certo modo di vedere e vivere la scuola e la sua utilità, introdurre termini “innovativi” è alquanto inutile. Questo non significa affatto che non ci siano scuole che già mettono in pratica una nuova “vision” per dirla con un termine molto “trendy”, ormai in voga, ma non dimentichiamo che il primo cambiamento lo operiamo quotidianamente, con il nostro modo di agire l’educazione e il “fare scuola” concreto ed attivo, fatto di dialogo, riflessione, confronto ed idee, non solo di nuove parole che, senza i fatti, rimangono contenitori vuoti. Cogliamo l’occasione di riflettere su questo, soprattutto oggi che ci accingiamo ad iniziare un nuovo anno scolastico. Buon lavoro a tutti dunque: genitori, personale scolastico ma soprattutto ai nostri bambini e ragazzi.


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