Quando nel 1346 i mongoli del Khan Ganī Bek, decimati da una misteriosa epidemia durante il tentato assedio alla colonia genovese di Caffa (importante centro sulla Via della Seta in Crimea, oggi conosciuto come Feodosia), presero a lanciare con una catapulta i cadaveri in putrefazione dei loro soldati contro l’avversario genovese, non potevano certo immaginare che avrebbero contribuito alla diffusione in Europa della terribile Peste Nera; la loro fu infatti una forma di spregio che costerà carissima a tutto il Vecchio Continente.
Da quella che può essere definita, in realtà con molta fantasia, la prima guerra batteriologica della storia, i genovesi ritornarono sì vittoriosi ma con in grembo lo “Yersinia pestis”, il batterio causa della peste che, partendo da Messina, prese a diffondersi piano piano in tutta Europa, arrivando fino alla Scandinavia.
Fu un’epocale ecatombe
Popolazione e medici non sapevano come spiegare quella maledizione, perciò ci si rifugiò nel pregiudizio e nel cercare un capro espiatorio che fu facilmente individuato negli ebrei, rei di aver voluto attentare ai cristiani del mondo. La calunnia contro gli ebrei fu tale che nel 1349, dalla sua cattività avignonese, il papa Clemente VI fu addirittura costretto a promulgare, “quantunque li detestiamo”, due bolle in difesa degli ebrei tacciati di essere i responsabili della propagazione della misteriosa malattia.
Maestro del Trionfo della Morte
Fotografia dal libro di Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari “I tempi dell’arte” di Pubblico dominio condivisa via Wikipedia
La Peste Nera uccise nella sola Europa (per Africa e Asia non siamo in possesso di fonti credibili) tra i venti e i venticinque milioni di persone, un terzo della popolazione di allora, quasi tutti dei ceti più bassi. In pochissimi furono infatti i rappresentanti dell’élite – re, principi, prelati – a essere stroncati dal morbo. Le classi sociali più abbienti, chiaramente, avevano l’opportunità di attuare un isolamento ottimale – principale misura di prevenzione contro le epidemie – e quindi avevano meno possibilità di venire colpiti dal morbo.
Tra questi aristocratici, però, una vittima ci fu: Alfonso XI di Castiglia, l’unico monarca che morì a causa della “mortifera pestilenza”, come la chiamò nel suo “Decameron” Giovanni Boccaccio.
Alfonso XI di Castiglia era nato il 13 agosto 1311 a Salamanca, terzogenito, ma solo erede maschio, dei reali di Castiglia e León Ferdinando IV e Costanza del Portogallo.
Alfonso salì al trono ad appena un anno quando suo padre, sovrano dal 1295, morì nel corso della pianificazione del conquista di Algeciras, cittadina andalusa sotto il dominio dei Mori (o arabi o musulmani). Data la tenera età, fu scelta come tutrice del piccolo la nonna Maria di Molina, nota anche come Maria la Grande, che era stata già reggente anche del figlio qualche anno prima. A coadiuvarla nel compito l’altro figlio Pietro di Castiglia. La donna mantenne la reggenza fino alla morte (1321); questa poi passò a un altro figlio di Maria, Filippo di Castiglia, che fu tutore fino a che Alfonso non raggiunse la maggiore età per regnare – quattordici anni – nel 1325.
Ritratto di Alfonso XI (Museo del Prado)
Fotografia di Francesc Cerdá Villarestán di Pubblico dominio condivisa via Wikipedia
Nel medesimo anno, il nuovo re di Castiglia e León convolò a nozze con Constanza Manuel de Villena, consegnata al sovrano dal padre, il politico Giovanni Emanuele di Castiglia. Non si conosce l’anno di nascita esatto di Constanza, ma al momento delle nozze la bambina doveva avere tra i due e i cinque anni. Chiaramente il matrimonio non fu consumato in nessun aspetto, e Alfonso XI ripudiò la sua giovanissima consorte, facendo poi in modo di rendere nulle le nozze.
La sventurata Constanza finì per essere rinchiusa in un castello nella cittadella di Toro, fin quando il re non decise di farla sposare con l’altrettanto giovanissimo Pietro Alfonso di Borgogna, principe ereditario del Portogallo, fratello di Maria del Portogallo che lo stesso Alfonso XI decise di prendere in sposa. I due si sposarono nel 1328 e la principessa Maria (classe 1313, soli due anni più giovane dello sposo) diventò così regina consorte di Castiglia e León. Mantenne il ruolo fino alla morte di Alfonso.
Dal matrimonio nacquero due figli, Ferdinando, morto da bambino, e Pietro Alfonso, futuro re, ma di figli Alfonso XI ne ebbe molti di più: furono ben dieci quelli illegittimi avuti dalla nobildonna Eleonora di Guzmán, sua amante storica. Uno di questi, Enrico di Trastamara, salì sul trono nel 1369, succedendo al fratellastro Pietro Alfonso.
Immagine di Alfonso XI
Fotografia di sconosciuto – Eduardo Carrero di Pubblico dominio condivisa via Wikipedia
Sotto il dominio del re Alfonso XI, comunque, la Castiglia si ingrandì in modo considerevole, arrivando a conquistare Gibilterra, una delle celebri Colonne d’Ercole finita per l’ennesima volta in mani musulmane. Nel 1340, grazie ai rapporti finalmente buoni, dopo anni di conflitti, con il re di Aragona Pietro IV e il re di Portogallo, il suocero Alfonso IV attaccò i Mori nella battaglia del rio Salado (conosciuta pure come battaglia di Tarifa). Dopo una prima dura sconfitta navale, la coalizione castigliano-portoghese (aiutata da alcune navi genovesi) riuscì a piegare le resistenze dei Merinidi e dei soldati del sultanato di Granada che furono costretti ad abbandonare il territorio e far ritorno in Africa. Il sovrano entrò così vittorioso ad Algeciras.
In questo periodo di guerra, Alfonso fu soprannominato il Giustiziere, per la spietatezza che metteva in battaglia, anche contro la sua stessa cerchia di fedeli nobili, alla quale non permetteva il minimo errore.
Dall’altra parte del continente, a Caffa, intanto, terminarono le ostilità con i genovesi che avevano fatto ritorno nel Mediterraneo, accompagnati dallo sgradito ospite della “Yersinia pestis” che cominciò a propagarsi e a mietere le prime centinaia di migliaia di vittime.
Statua di Alfonso XI ad Algeciras
Fotografia di Falconaumanni condivisa via Wikipedia con licenza CC BY-SA 4.0
Nel 1350, quando la Peste era già duramente penetrata nella penisola iberica e Giovanni Boccaccio era già indaffarato con la scrittura del suo capolavoro, il re Alfonso era alle prese con l’assedio di Gibilterra. Non riuscì a portarlo a termine perché fu colpito dal morbo e, nella notte tra il 25 e il 26 marzo, all’età di trentanove anni, spirò.
Fu l’unico monarca che morì a causa della Peste Nera
Le sue spoglie furono condotte a Jerez de la Frontera, poi inumate a Siviglia, trasportate nella cappella reale della cattedrale di Cordoba e infine, nel Settecento, nella collegiata reale di San Hipólito, vicino Cordoba, fatta costruire dallo stesso regnante per celebrare la vittoria contro i Mori nella battaglia del rio Salado.
Sarcofago di Alfonso XI nella collegiata reale di San Hipólito
Fotografia di Lancastermerrin88 condivisa via Wikipedia con licenza CC BY 3.0
Dopo la morte di Alfonso XI, Gibilterra tornò spagnola solamente nel 1501, sotto la regina Isabella, mentre il regno di Castiglia e León, che in quegli anni a cavallo tra la prima e seconda metà del Trecento aveva traversato una fase di grande splendore, ripiombò in aspri decenni di guerre civili.