Il 1968 è l’anno delle contestazioni: studenti e lavoratori scendono in piazza rivendicando i propri diritti, opponendosi al conservatorismo di un sistema che non risponde più alle loro esigenze e l’onta di proteste, violenze e scontri tra fazioni opposte scuote il paese, che ne uscirà profondamente segnato.
In questo momento di caos sociale si alternano tanti personaggi diversi che, in un modo o nell’altro, hanno segnato la storia del nostro paese, e Aldo Braibanti è uno di questi.
La sua storia è stata dimenticata da tanti e, purtroppo, rimasta sconosciuta a molti. Soltanto negli ultimi tempi il suo nome è tornato in auge grazie a “Il signore delle formiche” film del 2022 diretto da Gianni Amelio, in cui il regista ripercorre la vita di Braibanti e la vicenda giudiziaria che lo vede coinvolto.
Nato a Fiorenzuola d’Ardua il 17 settembre del 1922 sin da piccolo Aldo si interessa al mondo rurale e animale, rivolgendo particolare attenzione agli insetti sociali, come le formiche, da qui il titolo del film di Amelio.
All’amore per la natura si unisce la passione per la poesia: Aldo legge Dante, Petrarca, Foscolo e Leopardi e lui stesso compone i primi versi poetici a soli otto anni.
Siamo in pieno conflitto mondiale e durante gli anni della giovinezza l’impegno politico diventa la sua priorità. Nel 1940, dopo essersi iscritto alla facoltà di filosofia presso l’Università di Firenze, si unisce alla lotta Partigiana e nel 1943 entra a far parte del Partito Comunista Italiano. Durante questo periodo di militanza il giovane viene arrestato per ben due volte e tutti i suoi scritti fino al 1940 vengono distrutti dai nazisti.
Al termine della guerra Aldo termina gli studi laureandosi in Filosofia teoretica e nel 1947 lascia il PC e la politica attiva per dedicarsi interamente ai suoi interessi culturali che trovano libera espressione all’interno del torrione Farnese di Castell’Arquato dove assieme ai fratelli Bussotti fonda un laboratorio artistico, meraviglioso concentrato di arte, teatro e poesia frequentato da tanti giovani.
Gli interessi di Aldo sono molti e spaziano dalla poesia, alla saggistica, al teatro, alla mirmecologia, ma l’uomo non ama darsi definizioni, non vuole conformarsi a nessuna etichetta. Carmelo Bene lo definisce “un genio straordinario”, basta questo per descrivere lo spessore di Braibanti.
Nel 1960, quando l’amministrazione decide di non rinnovare il contratto d’affitto del torrione, l’avventura del laboratorio termina, e poco dopo Aldo decide di trasferirsi a Roma, dove si dedica principalmente alla regia teatrale e alla sceneggiatura cinematografica, collaborando con numerosi artisti.
Ma a Roma Aldo non va da solo, è accompagnato da Giovanni Sanfratello, un ragazzo conosciuto nel torrione, a cui si era legato sentimentalmente.
Giovanni ha 18 anni, è un giovane intelligente, appassionato di pittura e quando incontra Aldo, nel 1958, rimane affascinato da quest’uomo di 36 anni mite, calmo e dalla mente brillante. Basta poco tempo perché i due si innamorino l’uno dell’altro.
Ma la famiglia di Giovanni è cattolica e ultraconservatrice, e non aveva mai visto di buon occhio il rapporto tra i due. Così, nel 1961 Giovanni, appena maggiorenne, decide di scappare dalla pressione dei genitori per seguire l’amante a Roma.
Giovanni impara da Aldo, condivide con lui la passione per la pittura. È finalmente libero di amare.
I Sanfratello però non si arrendono: rintracciano il ragazzo e il 12 ottobre del 1964 il padre di Giovanni, Ippolito, sporge denuncia alla Procura di Roma accusando Braibanti di plagio. L’uomo avrebbe influenzato negativamente Giovanni imponendo i suoi pensieri e i suoi gusti sessuali.
L’idillio romano termina definitivamente in una mattina di novembre, quando alcuni parenti di Giovanni irrompono nella casa dei due amanti e lo portano via, caricandolo su una macchina dove è presente anche il padre. Il ragazzo viene portato al manicomio di Verona dove viene isolato e costretto a subire numerosi elettroshock per “guarire” da quella tremenda malattia chiamata omosessualità. Giovanni viene dimesso 15 mesi dopo, costretto a firmare una serie di clausole che lo vedevano obbligato ad aver domicilio a casa dei genitori e, assurdo a dirsi, a non leggere libri che avessero meno di cento anni.
Aldo invece viene processato, il suo nome viene sbattuto su tutte le prime pagine e l’uomo subisce un vero e proprio linciaggio mediatico.
Braibanti, omosessuale e comunista, diventa il perfetto capro espiatorio per quell’ala conservatrice e tradizionalista del paese, che si scaglia contro di lui definendolo una minaccia all’ordine costituito.
L’omosessualità non è considerata reato e per questo Braibanti viene portato a processo con l’accusa di plagio, un reato inserito nel codice penale durante il periodo fascista e per il quale Braibanti è stato il primo, e fortunatamente l’unico, ad essere processato e successivamente condannato.
Il clamore provocato dall’assurda accusa scuote la società, spaccando l’opinione pubblica. Colleghi come Moravia, Eco e Pasolini prendono le difese dell’intellettuale contro la gogna a cui viene esposto, primo fra tutti Marco Panella che segue la vicenda giudiziaria definendola un “Processo dell’Inquisizione”.
“Ladro d’anime”, così viene chiamato Braibanti dal Pm Antonino Loiacono che per tutta la durata del processo si accanisce contro l’accusato. “I negri, sono una razza che te la raccomando…Chiedo una pena esemplare, affinché nessun professoruncolo possa venire a togliere domani la libertà a un innocente”. Sono queste le parole rivolte ad Aldo, parole becere, umilianti e prive di umanità, simbolo di un’Italia ancora impantanata nel fango del moralismo e dei pregiudizi.
È la stessa vittima, Giovanni Sanfratello che, chiamato a testimoniare, dichiara di non essere mai stato manipolato da Aldo, di avere avuto rapporti sessuali con lui per volontà.
Ma nonostante questo, nel 1968 Braibanti viene comunque condannato.
La pena è di nove anni di carcere, il presidente della Corte d’Assise Orlando Falco definisce Braibanti “un diabolico, raffinato seduttore di spiriti, affetto da omosessualità intellettuale”. La condanna viene successivamente ridotta a quattro anni per “meriti resistenziali”.
Queste le parole di Pierpaolo Pasolini successivamente alla condanna:
“Se c’è un uomo «mite» nel senso più puro del termine, questo è Braibanti: egli non si è appoggiato infatti mai a niente e a nessuno; non ha chiesto o preteso mai nulla. Qual è dunque il delitto che egli ha commesso per essere condannato attraverso l’accusa, pretestuale, di plagio? Il suo delitto è stata la sua debolezza. Ma questa debolezza egli se l’è scelta e voluta, rifiutando qualsiasi forma di autorità: autorità, che, come autore, in qualche modo, gli sarebbe provenuta naturalmente, solo che egli avesse accettato anche in misura minima una qualsiasi idea comune di intellettuale: o quella comunista o quella borghese o quella cattolica, o quella, semplicemente, letteraria… Invece egli si è rifiutato d’identificarsi con qualsiasi di queste figure – infine buffonesche – di intellettuale”
Durante gli anni di detenzione Aldo non smette mai di scrivere: realizza un’opera teatrale e numerosi saggi. Riesce ad uscire dal carcere dopo due anni e decide di rimanere a Roma per continuare la propria carriera, dividendosi tra letteratura e teatro.
“Caro Aldo, dopo una lunga interruzione ho ricominciato a disegnare, ma non sono molto soddisfatto, vorrei vedere i disegni che avevo fatto a Roma, perché da quando mi hanno fatto gli elettroshock ho un fenomeno di amnesia e non mi ricordo più le tecniche che usavo. Qui per passare il tempo avevo chiesto una lista di libri, ma vige una censura severissima e ideologica. Da alcune conversazioni avute col direttore ho l’impressione che se non mi fossi piegato alle condizioni della mia famiglia (andare ad abitare con loro sotto la tutela di mio padre) non me la sarei cavata, almeno per qualche anno. Appena esco mi farò vivo”.
Questa è una lettera di Giovanni indirizzata ad Aldo, l’unica mai pervenutagli durante la detenzione. Per molto tempo infatti Giovanni aveva scritto all’uomo, ma tutte le lettere gli erano state sequestrate.
Nelle migliori storie a lieto fine, i due amanti avrebbero dovuto incontrarsi di nuovo e passare il resto della vita insieme, ma non è questo il caso.
Aldo e Giovanni non si sono mai più rivisti.
Intanto, nel 1981, la Corte Costituzionale abolisce finalmente il reato di plagio, contestando “l’imprecisione e l’indeterminatezza della norma, l’impossibilità di attribuire ad essa in contenuto oggettivo, coerente e razionale”.
L’anziano Braibanti vive con la pensione sociale minima e, quando nel 2005 gli viene comunicato uno sfratto dalla sua casa a Roma, la costituente Teresa Mattei, ex compagna partigiana di Aldo, propone la formazione di un “Comitato pro Braibanti” grazie al quale gli viene assegnato un vitalizio in base alla Legge Bacchelli.
Nel 2008 Aldo si trasferisce a Castell’ Arquato dove, nonostante la vecchiaia e le ristrettezze economiche, continua a fare ciò che più ama fino al 6 aprile 2014, quando muore per arresto cardiaco all’età di 91 anni.
Aldo Braibanti è stato tante cose, ma prima di tutto è stato un uomo libero. La forza della sua autodeterminazione risiede nelle sue opere, dove contesta la religione, il conformismo, il razzismo in tutte le sue forme e, in anticipo rispetto ai colleghi, affronta il tema del consumismo.
La sua è una vicenda non può e non deve essere dimenticata perché quella di Aldo Braibanti è la storia di un uomo che, dissidente per natura, nemmeno per un attimo si è piegato alla repressione di una società che avrebbe voluto spezzarlo.
“Quel processo, a cui mi sono sentito moralmente estraneo, mi è costato due nuovi anni di prigione, che però non sono serviti a ottenere quello che gli accusatori volevano, cioè distruggere completamente la presenza di un uomo della Resistenza, e libero pensatore, ma tanto disinserito dal mondo sociale da essere l’utile idiota adatto a una repressione emblematica.”
(Emergenze. Conversazioni con Aldo Braibanti, 2003)
Bibliografia:
https://thevision.com/cultura/aldo-braibanti/
https://www.artribune.com/professioni-e-professionisti/who-is-who/2022/06/i-dimenticati-dellarte-aldo-braibanti-scrittore/
https://www.huffingtonpost.it/cultura/2014/06/09/news/aldo_braibanti_il_processo_all_omosessualita_-6370154/
https://www.lastampa.it/spettacoli/2022/08/26/news/dalle_lettere_inedite_di_braibantiil_ritratto_di_unitalia_omofoba-7332840/