Ahi la chimica, che materia arida e poco affascinante è, per tanti studenti! Non la pensava così lo svizzero Albert Hofmann (1906-2008), che a vent’anni abbandona l’idea di dedicarsi a studi umanistici, e forse anche artistici, per immergersi nel meraviglioso mondo della chimica. Molti anni dopo spiegherà questa scelta con una motivazione che ha un sapore filosofico: “Le esperienze mistiche dell’infanzia, in cui la Natura veniva alterata in modi magici, avevano provocato interrogativi sull’essenza del mondo materiale esterno, e la chimica era il campo scientifico che poteva offrire intuizioni in merito.”
Albert Hofmann nel 1993
Immagine di Philip H. Bailey via Wikipedia – licenza CC BY-SA 2.5
A quali “esperienze mistiche” infantili si riferisse non è ben chiaro, ma certo è che poi, grazie ai suoi studi, il chimico ne collezionò altre nel corso della sua lunghissima vita. Eh sì, perché Hofmann è il papà della più conosciuta sostanza psichedelica, nota come LSD (acido lisergico).
Sotto, il video racconto dell’articolo sul canale Youtube di Vanilla Magazine:
Chiamate acidi nel linguaggio comune, le sostanze psichedeliche hanno il potere di alterare la percezione di sé e della realtà circostante, e indurre la mente in viaggi talvolta vissuti come esperienze mistiche.
La scoperta dell’LSD arriva per caso, per una banale disattenzione di Hofmann, che lavorava come ricercatore nei laboratori della casa farmaceutica svizzera Sandoz.
Alla fine del 1938 il chimico sta conducendo delle ricerche su due piante, la scilla marina e la segale cornuta, per isolarne alcuni principi attivi da cui ricavare dei farmaci. Riesce così a sintetizzare la dietilammide-25 dell’acido lisergico, una sostanza che in natura si trova nel fungo ergot, micete parassita della segale cornuta.
Claviceps purpurea, del gruppo dei funghi ergot
Immagine di pubblico dominio
La ricerca è volta a ricavare uno stimolante della respirazione, destinato quindi a persone che soffrono di ipoventilazione. Ciò che Hofmann ottiene non dà i risultati sperati, e così quella sostanza viene accantonata per cinque anni, finché l’ostinato chimico non decide di tornare a lavorarci sopra.
Il 16 aprile 1943, durante un nuovo esperimento, una goccia di acido gli cade su una mano (forse lo assorbe così, attraverso la cute, o forse lo lecca via) e Hofmann avverte uno strano effetto, come uno stato alterato della coscienza così descritto:
“…una notevole irrequietezza, unita a un leggero capogiro. A casa mi sdraiai e sprofondai in una non spiacevole condizione di ebbrezza, caratterizzata da un’immaginazione estremamente stimolata. In uno stato onirico, con gli occhi chiusi (trovavo la luce del giorno sgradevolmente abbagliante), percepivo un flusso ininterrotto di immagini fantastiche, forme straordinarie con giochi di colori intensi e caleidoscopici. Dopo circa due ore questa condizione svanì.”
Tre giorni dopo, il 19 aprile, Hofmann decide di sperimentare su se stesso gli effetti dell’LSD, ingerendone una dose da lui ritenuta congrua: 250 microgrammi, pari a 0,25 milligrammi. Inizia così quello che poi è passato alla storia, almeno nel mondo degli psiconauti, come “il giorno della bicicletta”.
Cartoncino imbevuto di LSD che raffigura “il giorno della bicicletta”
Immagine di DarkGreyCat via Wikimedia Commons – licenza CC BY-SA 4.0
Hofmann esce dai laboratori della Sandoz con 250 microgrammi di LSD in corpo (una dose veramente esagerata), per tornare verso casa in bicicletta: quattro chilometri da percorrere mentre quella potentissima droga si impadronisce della sua mente. Visto che non si sente proprio in gran forma, il chimico, che avverte già i primi effetti (ansia, difficoltà ad articolare le parole, visione distorta), chiede al suo assistente di laboratorio di fare il tragitto con lui.
“ Lungo la strada, la mia condizione ha cominciato ad assumere forme minacciose. Tutto nel mio campo visivo oscillava ed era distorto come se fosse visto in uno specchio curvo. Ho avuto anche la sensazione di non poterci muovere dal posto. Tuttavia, il mio assistente in seguito mi ha detto che avevamo proceduto molto rapidamente”.
Arrivato a casa, gli effetti dell’acido si intensificano:
“Il mio ambiente ora si era trasformato in modi più terrificanti. Tutto nella stanza ruotava e gli oggetti e i mobili familiari assumevano forme grottesche e minacciose. Erano in continuo movimento, animati, come guidati da un’inquietudine interiore”.
Hofmann beve due litri di latte, gentilmente portato dalla vicina di casa, che ai suoi occhi si trasforma in una “strega malvagia e insidiosa con una maschera colorata”.
Ma non sono solo questi gli effetti dell’LSD:
“Anche peggio di queste trasformazioni demoniache del mondo esterno, sono state le alterazioni che ho percepito in me stesso, nel mio essere interiore. Ogni sforzo della mia volontà, ogni tentativo di porre fine alla disintegrazione del mondo esterno e alla dissoluzione del mio ego sembrava uno sforzo sprecato. Un demone mi aveva invaso, si era impossessato del mio corpo, mente e anima. Sono balzato in piedi e ho urlato, cercando di liberarmi di lui, ma poi sono ricaduto e sono rimasto inerme sul divano. La sostanza che avevo voluto sperimentare mi aveva vinto. Era il demonio che trionfava con disprezzo sulla mia volontà”.
Ma una volta passato il peggio (dato che temeva di essersi avvelenato e quindi di rischiare la vita) Hofmann si rende conto che la “sua” droga, assunta in quantità molto minore, ha effetti benefici:
“Mi ha dato una gioia interiore, una mentalità aperta, una gratitudine, occhi aperti e una sensibilità interiore per i miracoli della creazione… Penso che nell’evoluzione umana non sia mai stato così necessario [come ora] avere questa sostanza LSD. È solo uno strumento per trasformarci in ciò che dovremmo essere.” Queste parole Hofmann le pronuncia in occasione dei festeggiamenti per il suo centesimo compleanno…
Albert Hofmann nel 2006 (a 100 anni), durante una discussione “sulla bellezza” alla Helmhaus di Zurigo
Immagine di Stepan via Wikipedia – licenza CC BY-SA 2.0 de
Hofmann continua a fare ricerche nei laboratori della Sandoz, e sintetizza altre sostanze allucinogene presenti nei “funghi magici”, detti anche funghi psilocibina, usati fin dall’antichità per i loro effetti psicotropi, in particolare dalle civiltà precolombiane.
Psilocybe mexicana
Immagine di Alan Rockfeller via Wikipedia – licenza CC BY-SA 4.0
Tenta anche – senza riuscirci – di isolare il principio attivo di una pianta del Messico meridionale, nota come Foglie di Maria Pastorella (la Salvia divinorum), usata dagli sciamani locali per auto-indurre stati di coscienza visionari.
Funghi magici in rappresentazioni litiche precolombiane
Immagien di pubblico dominio
In realtà il grande amore di Hofmann rimane l’LSD, che lui definisce “una medicina per l’anima”. In effetti la sostanza viene usata, prima in Svizzera e poi negli Stati Uniti, nel trattamento di alcune patologie psichiatriche come schizofrenia e depressione, ma anche nella cura degli alcolisti cronici.
Poi l’uso della “droga sacra” – Hofmann la considera utile per “fornire un aiuto materiale alla meditazione finalizzata all’esperienza mistica di una realtà più profonda e completa” – si diffonde al di fuori del campo medico e diventa la sostanza allucinogena preferita da molti esponenti della controcultura americana degli anni ’50 e ’60, per dilagare poi tra i figli dei fiori. Nel 1967 gli Usa vietano l’uso dell’LSD, anche in campo medico. Solo nel 2009 sono ricominciate in Svizzera le sperimentazioni per un uso controllato dell’LSD su malati terminali di cancro.
In effetti Hofmann era consapevole che l’uso improprio della droga aveva portato al suo divieto, ma rimase comunque sempre convinto della sua utilità in psicoanalisi e nella filosofica ricerca di esperienze mistiche, per aprire “Le porte della percezione”, definizione che è anche il titolo di un libro del filosofo Aldous Huxley (non per nulla amico di Hofmann) che in punto di morte chiede un’iniezione di LSD e affronta il trapasso accompagnato dalla lettura di alcuni brani del Libro tibetano dei morti.
Questa commistione tra uso di allucinogeni e riti sacri porta Hofmann a condurre uno studio sui misteri eleusini e il relativo culto segreto, che si protrasse per oltre duemila anni (fino al 400 d.C.). Durante la celebrazione dei riti, con ogni probabilità veniva fatto uso di sostanze psicotrope ricavate dalla segale cornuta e forse anche da funghi magici. Almeno questa è la conclusione a cui giunge Hofmann, che sull’argomento scrive anche un libro, I Misteri di Eleusi, pubblicato nel 1978.
Bassorilievo di Farsalo conservato al Museo del Louvre: secondo un’interpretazione dell’opera, Demetra e Persefone (le due dee celebrate nei misteri eleusini) si scambiano dei funghi magici
Immagine di pubblico dominio
Nel 1971 Hofmann aveva lasciato il suo lavoro alla Sandoz, per avere il tempo di viaggiare, tenere conferenze e soprattutto approfondire le sue ricerche filosofiche e religiose. Una strada tracciata da quella casuale scoperta di tanti anni prima, perché, come amava dire lui “non ho scelto l’LSD; l’LSD mi ha trovato e mi ha chiamato.”