Al Capone: la Mafia e le Tasse per il Nemico Pubblico N°1

Durante il Proibizionismo Chicago aveva un re. La sua banda gestiva le bische clandestine e le case di piacere, influenzava le elezioni e riforniva di alcolici gli speakeasy (i locali sotto copertura). Nessuno poteva comprarli altrove: a Chicago si bevevano solo i liquori di Al Capone.

Al Capone nel 1929 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Un nome, una leggenda del Novecento, ma anche un personaggio che amava far parlare di sé. Indossava abiti gessati, in testa aveva un cappello Fedora bianco e fra i denti stingeva il suo caratteristico sigaro cubano. Non voleva che la gente lo vedesse come un gangster. Si considerava più un uomo d’affari che dava alle persone ciò che volevano; un gentleman d’altri tempi. Poi arrivò il governo e la musica cambiò.

Al Capone – Immagine di Ralph Dickey condivisa con licenza CC BY-ND 2.0 via Flickr

Da New York a Chicago

Alphonse Gabriel Capone, detto “Al”, nacque a Brooklyn il 17 gennaio del 1899, dal barbiere Gabriele Capone, di origini castellammaresi, in provincia di Napoli, e dalla sarta Teresa Raiola, originaria di Angri, in provincia di Salerno.

Al Capone e sua madre – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

I genitori erano emigrati nel 1895 e il giovane Al visse la sua prima infanzia in un quartiere povero e malfamato. Frequentò una scuola cattolica, ma a undici anni fu espulso per aver dato un pugno a un insegnante, e si diede alla criminalità minorile.

Ralph (a sinistra) e Alphonse Capone (a destra), nel 1904 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Da adolescente si unì alla famigerata Five Points Gang di Johnny Torrio, che lo pose sotto la sua ala protettiva.

Membri della Five Points Gang di New York City – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Nel 1919, Torrio si trasferì a Chicago in qualità di vice di Giacomo Colosimo, boss della Chicago Outfit, e affidò i suoi affari newyorkesi a Frankie Yale. Al Capone passò al servizio di quest’ultimo e lavorò come barista e buttafuori in una casa di piacere di Coney Island, l’Harvard Inn.

Frankie Yale – Immagine condivisa con licenza Fair use via Wikipedia

Si narra che un giorno fece delle avances molto spinte a una ragazza e il fratello di lei, Frank Galluccio, gli sfigurò parte della guancia sinistra con un coltello. L’episodio gli valse una cicatrice, che nascose con il trucco per tutta la vita, e l’odiato soprannome di “Scarface”, lo sfregiato.

Johnny Torrio – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Il primi anni del proibizionismo

Negli Stati Uniti i tempi stavano cambiando e il proibizionismo era alle porte, ma a Colosimo non interessava il contrabbando di alcolici e Torrio, che invece lo voleva sfruttare eccome quel nuovo business, decise di mandarlo in pensione.

Retata della polizia in una birreria clandestina durante il Proibizionismo – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Alla fine del 1919 chiamò Al Capone a Chicago e gli affidò la gestione del Four Deuces, dove contrasse una sifilide che, anni dopo, lo porterà alla morte. Il 1920 si aprì con due eventi cruciali. Il 16 gennaio il Volstead Act inaugurò l’era del proibizionismo e l’11 maggio Frankie Yale uccise Colosimo su ordine di Capone e Torrio, con quest’ultimo che divenne il nuovo boss della Outfit.

Giacomo Colosimo – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Gli affari andavano a gonfie vele. Gli speakeasy proliferavano e i camion di alcolici erano sempre in viaggio, ma la Outfit controllava solo la parte sud di Chicago, e le varie organizzazioni criminali erano spesso in competizione fra loro. Torrio promosse una coesistenza pacifica che durò fino al 1922, quando l’irlandese Dean O’Banion, a capo della North Side Gang, cominciò la cosiddetta “guerra della birra”.

Dean O’Banion – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Anche sul fronte politico c’erano problemi. Il sindaco di Chicago era William Thompson, il cui nome era sul libro paga di Torrio e Al Capone, e la sua posizione garantiva alla Outfit ampie libertà di manovra, ma, nel 1923, Thompson perse le elezioni e fu eletto William Dever, che impose il pugno di ferro contro la malavita.

William Emmett Dever, sindaco di Chicago dal 1923 al 1927 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Torrio e Al Capone spostarono le operazioni della Outfit a Cicero, un piccolo sobborgo di Chicago, e si insediarono nell’Hawthorne Hotel. Il 1° aprile del 1924, il loro candidato corrotto, Joseph Klenha, vinse le elezioni a sindaco dopo una escalation di sparatorie, omicidi, pestaggi e intimidazioni.

La città era nelle loro mani

Al Capone nel 1930 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

La faida con la North Side Gang

La faida con la North Side Gang continuò e il suo primo atto, col senno di poi quello meno sanguinoso, si concluse solo il 10 novembre del 1925, quando Frankie Yale e altri due sicari uccisero O’Banion nel suo negozio di fiori. Gli succedette il famigerato Hymie Weiss, anche noto come “l’unico uomo che Al Capone abbia mai temuto”.

Al Capone – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Weiss designò Bugs Moran come suo vice, e decise di vendicare la morte di O’Banion a tutti i costi. Capone e Torrio non erano nuovi alle imboscate, ma Weiss aveva un cancro in fase terminale e ciò lo rese un avversario imprevedibile. Dopo un sacco di tentativi a vuoto, il 24 gennaio del 1925, lui e Moran intercettarono l’auto di Torrio e gli spararono alla mascella, al petto, all’inguine, alle gambe e all’addome, ma non riuscirono a dargli il colpo di grazia. Torrio sopravvisse, lasciò il comando a Capone e si ritirò in Italia con la moglie.

Johnny Torrio dopo un arresto nel 1936 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Il 20 settembre del 1926, dieci automobili, con a bordo gli uomini di Weiss, passarono accanto all’Hawthorne Hotel e scatenarono una pioggia di proiettili contro le finestra del primo piano, dove c’era il ristorante in cui Al stava pranzando. La sua guardia del corpo lo gettò a terra e lo salvò, ma l’episodio lo convinse a eliminare il rivale una volta per tutte. Ci riuscì in un’imboscata del successivo 11 ottobre.

Hymie Weiss – Immagine condivisa con licenza Fair use via Wikipedia

Guerra totale a Chicago

Restava da sbarazzarsi del suo successore, Bugs Moran, e, nel frattempo, nel 1927, l’ex sindaco di Chicago, William Thompson, si ricandidò con il sostegno di Al Capone, che gli staccò un assegno di 250.000 mila dollari per la campagna elettorale. Thompson vinse di misura su Dever e, dopo quattro anni d’assenza, la Outfit riottenne il controllo politico della città.

William Thompson – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Sempre nel 1927, Capone entrò in conflitto con Joe Aiello, che voleva la carica di Antonio Lombardo, socio in affari della Outfit e presidente dell’Unione Siciliana di Chicago, un’associazione fantoccio che controllava i voti della comunità italo-americana.

Joe Aiello – Immagine condivisa con Fair use via Wikipedia

La controversia si inseriva all’interno della guerra castellammarese di New York City. Da una parte c’era la fazione di Salvatore Maranzano, alla quale era associato Aiello, e dall’altra quella di Joe Masseria, che appoggiò Capone e scatenò le ire di Aiello.

Joe Masseria – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Quest’ultimo portò dalla sua Frankie Yale e Bugs Moran e, nel maggio del 1927, convinse tre sicari della Outfit, Albert Anselmi, John Scalise e Joseph Giunta, a rovesciare Capone, ma il boss scoprì la congiura e invitò a cena i traditori. Quella che sembrava una bella serata, a base di alcool, donne e buon cibo, si trasformò in una carneficina quando Al e i suoi uomini pestarono gli ospiti con delle mazze da baseball, infierirono a colpi di pistola e lasciarono i cadaveri in dei cespugli.

Il messaggio era chiaro, ma Aiello rispose a tono e offrì una taglia di 50.000 dollari a chiunque avesse ucciso Capone

Al Capone intorno al 1935 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

La Strage di San Valentino

La situazione precipitò in un bagno di sangue. Il 1° luglio del 1928, la Outfit eliminò Frankie Yale con il beneplacito di Joe Masseria, Aiello si sbarazzò di Lombardo il 7 settembre e, il 14 febbraio del 1929, ebbe luogo la Strage di San Valentino.

Al Capone nel 1931 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Alle 10.30, i sicari della Outfit, due in borghese e due travestiti da poliziotto, irruppero nel magazzino al 2122 di North Clark Street, nel North Side di Chicago, finsero una perquisizione e massacrarono a suon di mitra sette uomini di Moran.

Bugs Moran – Immagine condivisa con licenza Fair use via Wikipedia

Non ci fu alcun superstite e, anche se mancava all’appello il bersaglio principale, che era arrivato poco dopo l’inizio dell’operazione ed era scappato in tempo, la Outfit vinse su tutti i fronti, perché la North Side Gang subì un pesantissimo ridimensionamento. Il 23 ottobre del 1930 sparì anche Aiello e per Al Capone si chiuse un decennio di grandi successi.

Il muro contro il quale i sicari di Al Capone allinearono e uccisero gli uomini di Moran – Immagine di APK condivisa con licenza CC BY-SA 4.0 via Wikipedia

Da Robin Hood a “Nemico pubblico n°1”

A livello pubblico, Al Capone era un beniamino del popolo, un Robin Hood che elargiva mance generose e sfidava l’impopolarissima legge sul proibizionismo. Parliamo di un uomo da prima pagina, di un gangster che sapeva stare sotto i riflettori, che aveva sempre la risposta pronta.

Al Capone nel 1930 sulla copertina di Time Magazine – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

A eccezione di brevi pene detentive per reati di poco conto, nessuno era mai riuscito a incastrarlo, e tutti i testimoni delle scene del crimine soffrivano di “strane amnesie”. Se qualcuno lo accusava di omicidio o di estorsione, indiceva una conferenza stampa e, con la sua solita nonchalance, diceva ai giornalisti che non c’entrava niente…

E la gente gli credeva

Al Capone (al centro) all’Havana, Cuba – Immagine di pubblico dominio via Picryl

Una sua celebre massima fu:

Mi si accusa di tutte le morti violente del mondo. Mi meraviglio come non mi addossino anche le vittime della Grande Guerra

La Migrant Mother di Dorothea Lange, foto-simbolo della Grande Depressione – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Ma i Ruggenti anni ’20 erano finiti e avevano lasciato il posto alla Grande Depressione. Le persone si erano stufate di vedere i morti per strada o di sopportare le sue ostentazioni in un periodo in cui si pativa la fame. All’alba del nuovo decennio, Al Capone non era più un Robin Hood, e il capo del Bureau of Investigation, John Edgar Hoover, lo inserì nella lista dei criminali più pericolosi in circolazione.

Per la stampa, invece, era il “Nemico pubblico n°1”

John Edgar Hoover nel 1940 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

La fine del regno di Al Capone

Il neo-eletto presidente Herbert Hoover chiese ai Dipartimenti del Tesoro e di Giustizia di elaborare un’operazione congiunta per porre fine al suo strapotere aprendo due fronti.

Herbert Clark Hoover, 31° presidente degli Stati Uniti d’America – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Il Dipartimento di Giustizia affidò a Eliot Ness il comando di una squadra, poi soprannominata gli “Intoccabili”, perché tutti i membri erano incorruttibili, che doveva tallonare la Outfit con raid e perquisizioni.

Eliot Ness. Fu a capo degli “Intoccabili” – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Dall’altra parte l’investigatore del Dipartimento del Tesoro Frank Wilson avviò un indagare sulla contabilità del boss. A dispetto di quel che il cinema ha lasciato intendere, non furono gli Intoccabili a incastrare Al Capone; in un certo senso, fu lui stesso che facilitò il compito ai federali.

Al Capone in tribunale – Immagine di oneredsf1 condivisa con licenza CC BY-NC-SA 2.0 via Flickr

Nel 1930, suo fratello Ralph e altri membri di spicco della banda ricevettero delle brevi condanne per evasione fiscale e Capone corse ai ripari. Inviò una lettera al giudice James Wilkerson in cui ammetteva che, fra il 1928 e il 1929, aveva avuto un reddito non dichiarato di circa 100.000 dollari e proponeva di ripagare le tasse in cambio di una pena ridotta. Il patteggiamento andò in porto e il 16 giugno del 1931 si dichiarò colpevole, ma, a sorpresa, Wilkerson invalidò gli accordi.

Il giudice James Herbert Wilkerson – Immagine di Bscheerer condivisa con licenza CC BY-SA 4.0 via Wikipedia

La reazione di Al Capone fu immediata: ritirò la dichiarazione di colpevolezza, ottenne l’elenco dei giurati e li comprò uno ad uno. Tutto stava andando secondo i piani, ma il primo giorno del processo ci fu un nuovo colpo di scena. Un informatore del Dipartimento del Tesoro seppe della corruzione dei giurati e avvisò Wilkerson, che ordinò all’usciere di scambiare la giuria con quella dell’aula a fianco. Il 17 ottobre del 1931 ci fu la sentenza. Il giudice condannò Al Capone a 11 anni di carcere per aver evaso le tasse dal 1925 al 1929.

Al Capone ad Alcatraz nel 1934 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Le autorità lo rinchiusero ad Atlanta fino al 1934; poi lo spostarono ad Alcatraz, dove i sintomi di una sifilide mai curata e l’astinenza da cocaina lo resero sempre meno lucido. Il 23 giugno del 1936, il prigioniero James Lucas lo colpì alla schiena con un paio di forbici, ma si salvò e trascorse l’ultimo anno di detenzione in infermeria.

James Crittenton Lucas, il detenuto di Alcatraz che aggredì Al Capone – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Il 16 novembre del 1939 ottenne il rilasciato anticipato e si ritirò nella sua villa a Palm Island, in Florida. Morì per un attacco apoplettico il 25 gennaio del 1947.

La tomba di Al Capone nel Mount Carmel Cemetery di Chicago – Immagine di JOE M500 condivisa con licenza CC BY 2.0 via Wikipedia

Se ne andò con la coscienza sporca e le mani pulite. Agli occhi della legge è stato solo un evasore fiscale, un uomo d’affari spregiudicato… Nient’altro. Per la storia, invece, Alphonse Gabriel Capone è stato uno dei gangster più famosi, furbi e spietati, il re di Chicago, il Nemico Pubblico n° 1.


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