Absorbed by Light: la Scultura che mostra la nostra ossessione per la Tecnologia

Tre persone siedono su una panchina, lo sguardo basso verso un display acceso. Non è una scena che osserviamo tutti i giorni in metropolitana, o nelle panchine dei parchi cittadini, ma la nuova scultura concepita dal designer Gali Lucas, realizzata nell’ambito del Festival delle Luci di Amsterdam.  Lucas, descrivendo l’esperienza, commenta: “In inverno, quando fa buio presto, si vedono le persone delle città illuminate dalla luce dei loro telefoni cellulari. Nei parchi, nei caffè e persino sulle biciclette. E’ qualcosa di piuttosto lugubre. Questa luce che governa le nostre vite è a volte il nostro unico mezzo di connessione, eppure ci isola completamente, ci aliena dal mondo reale“.

Gali, che solitamente è un artista di grafiche bidimensionali, ha collaborato con la scultrice berlinese Karoline Jinz, che ha costruito le diversi parti della scultura e poi le ha inviate ad Amsterdam.

L’opera ci manda un potente messaggio e ci fa riflettere sulle nostre abitudini

Di particolare interesse è la neutralità dell’opera. I tre soggetti scolpiti non hanno espressioni che possano suggerire una visione negativa o positiva della loro attività, ma il solo fatto che questo comportamento ormai tanto diffuso sia divenuto una scultura fa fermare a riflettere. Quasi chiunque, osservando i tre sconosciuti assorti dal loro telefono, pensa che questo sia un modello sbagliato di fruizione della tecnologia, una tecnologia che dovrebbe connettere gli esseri umani gli uni con gli altri ma che non fa che separarci, anche quando ci troviamo a poca distanza l’uno dall’altro. Quasi chiunque, però, è stato su una panchina con altre due persone, osservando il display del proprio smartphone, completamente avulso dal contesto sociale in cui si trovava.

Matteo Rubboli

Sono un editore specializzato nella diffusione della cultura in formato digitale, fondatore di Vanilla Magazine. Non porto la cravatta o capi firmati, e tengo i capelli corti per non doverli pettinare. Non è colpa mia, mi hanno disegnato così...