Dicono che la pace nel mondo abbia in mano un aperitivo. Al Cimitero Monumentale di Milano è esattamente così. In questo museo a cielo aperto, dal 1866 ad oggi, a spezzare una lancia a favore della “vita”, sono stati in diversi. I fratelli Campari in primis, che con la loro tomba che si erge “alticcia” tra le tante possono vantare di essere entrati a far parte della hit parade dei sepolcri più in voga della necropoli milanese. “Questa è ora senza pari, questa è l’ora del Campari” sembra essere il tormentone che assilla vivi e morti non appena si giunge nei paraggi della sepoltura dei fratelli Campari (1935), la tomba in bronzo, “diversamente sobria”, che ha destato non poche maldicenze.
Se al Monumentale l’alcool si fa prosa di versi biblici, il cibo si fa prosa di dolci tentazioni. A prendere per la gola i commensali in visita è infatti l’edicola di Angelo Motta, un enorme panettone completamente ricoperto da “deliziosi” santi, realizzati dallo scultore Giacomo Manzù. Peccato manchino i canditi.
Si può ben intuire come il Pantheon ambrosiano sia quindi inteso, già a partire dal Famedio (entrata principale del cimitero), non come mortorio bensì come sepolcreto dei poeti e degli artisti più celebri della città. Insomma un potpourri di arte la cui esuberanza cromatica è il riflesso della vivacità intellettuale di tutti i personaggi che sono lì ricordati.
Al Monumentale “dove tutto è un equilibrio sopra la follia”, pazzia, bizzarria, estrosità, genialità si intersecano e si rincorrono tra le 170.000 sepolture disseminate in 250.000 metri quadrati di spazio cimiteriale. Spazio che accoglie in grande stile le firme di punta non solo del cinema ma anche della scienza, della storia, della filosofia e della letteratura italiana. Da Salvatore Quasimodo ad Alda Merini, da Dario Fo a Mike Bongiorno, da Arturo Toscanini (direttore d’orchestra al Teatro alla Scala), a Francesco Hayez. E che dire del sarcofago di Alessandro Manzoni collocato al centro del Famedio insieme alla statua di Giuseppe Verdi e a quella di Carlo Cattaneo. Nella fattispecie, Verdi, morì il 27 gennaio 1901, con un funerale fra i più grandi mai visti in città. Si narra infatti che i milanesi, preoccupati che il maestro non sentisse il rumore degli zoccoli dei cavalli, avessero cosparso via Manzoni di paglia per limitare il frastuono udibile dalla suite 105 del Grand Hotel et de Milan.
La domanda legittima è, chi può alloggiare in questo grande salone del lutto? Nella fattispecie Twitter risponde: “I benestanti. Il Monumentale è il cimitero dove i ricchi dormono”. Tra un cinguettìo e l’altro bisbigliano ironiche anche utili raccomandazioni “al Monumentale se ci andate da morti mettetevi in lista d’attesa, se ci andate da vivi altrettanto”. L’espressione si riferisce con tutta probabilità al traffico della città meneghina, che solo una briosa guida turistica può far dimenticare, trasformando una semplice visita folcloristica in un’esperienza da vivere e da raccontare. Gabriella di Milanoguida, per esempio, è la responsabile per quanto riguarda il cimitero più in auge di sempre. Lei, con la spigliatezza di chi l’arte ce l’ha nel sangue, non passa certo inosservata, soprattutto quando alle porte del Famedio esorta scherzando la quarantina di persone accorse in visita alla domenica culturale dal cantare una canzoncina per omaggiare i 150 anni del camposanto milanese.
A proposito di numeri, quelli del Monumentale non sono di certo un segreto di stato. Alcune cifre, con tanto di listino prezzi, è lo stesso Comune di Milano a fornirle. Per chi possedesse già una cappella di famiglia, e volesse solo sostituire il corpo, i prezzi variano da un minimo di 7.422 ad un massimo di 13.702 euro. Una cifra assai dispendiosa se si tiene conto che lo stesso servizio al cimitero Maggiore di Milano è pari a 3.425 euro. Per quanto riguarda invece i colombari di fascia a concessione quarantennale non sono di certo più economici: i prezzi oscillano dai 12.768 euro (in prima fila) ai 16.306 euro (in seconda fila). Verrebbe quasi da dire: o si liofilizza la nonna o conviene fare bene i propri conti.
Fonte: Comune Milano
Dopo più di due ore a spasso nella milanesità messa a punto dall’architetto Carlo Maciachini, in fondo all’asse centrale, a circa seicento metri dal cancello d’ingresso, ecco sorgere il tempio crematorio voluto dall’imprenditore della seta, Alberto Keller, la prima persona in Italia ad essersi fatta cremare. Siamo nel 1876, dopo di lui per circa cento anni tutte le cremazioni milanesi si allestiranno in questo luogo. (Attualmente si eseguono a Lambrate con modernissimi forni a gasolio).
E’ curioso pensare che, oggi come cent’anni fa, dietro a quelle porte marroni in stile moderno si trovino ancora le stanze dove i cadaveri venivano spogliati e fatti scivolare su delle barelle verso il fuoco vivo dei forni antistanti. Questi ultimi sono progettati come delle grandi bocche di fuoco, sopra le quali fiammeggia l’ormai spento motto latino “Polvere sei e polvere ritornerai”.