6 Terrificanti “Cure” Medioevali contro la Peste Nera

La Morte Nera, chiamata anche Peste Nera o Grande Morte, è stata una delle pandemie più devastanti che l’uomo abbia mai conosciuto. Quando la malattia si diffuse in Europa, tra il 1347 e il 1353, uccise circa 20 milioni di persone, un terzo della popolazione totale. La causa della peste sarà trovata solo nel 1894 da Alexander Yersin, che scoprì l’agente patogeno responsabile della malattia, oggi chiamato in suo onore Yersinia pestis.

La terribile pandemia partì dall’Asia, e più precisamente dalla Mongolia. Si diffuse in Europa grazie agli stretti legami commerciali fra Asia, Vicino Oriente ed Europa, arrivando, attraverso la via della seta, nei principali porti del Mediterraneo:

Da Costantinopoli e Alessandria d’Egitto a Messina, Genova, Marsiglia e Venezia

Le persone che contraevano la malattia solitamente morivano in brevissimo tempo. I loro ultimi giorni erano terribili, connotati da sintomi come febbre alta, vomito e sanguinamento dai polmoni, oltre che da dolorosi bubboni (macchie scure e livide) alle ascelle, inguine e collo.

La medicina di quell’epoca non era ancora una scienza in grado di fronteggiare una simile epidemia, e i metodi utilizzati dai medici erano discutibili e controversi. La gente, disperata, acconsentì a sottoporsi a tutti i tipi di cura, per quanto potessero sembrare folli. Alcuni di questi rimedi erano peggiori della stessa malattia.

Teriaca

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Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

La Teriaca fu uno dei rimedi più accettabili, gli altri erano sicuramente più sgradevoli. La melassa, uno sciroppo che si ottiene dalla lavorazione dello zucchero, entrava nella composizione di un farmaco di origine antichissima, la Teriaca appunto (dal greco θηριακή – antidoto), composto da innumerevoli ingredienti, e destinato a curare un’infinità di malattie. Fu considerata una cura anche per la Peste Nera, ma il preparato, per funzionare, doveva avere almeno dieci anni, perché lo sciroppo avesse il tempo di far maturare i lieviti che probabilmente lo rendevano efficace. per molte altre patologie. Il rimedio però non era in nessun modo efficace contro la cura della Peste.

Salasso da Sanguisughe

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Il salasso, un metodo comune per il trattamento dei malati, risale all’800 aC, ed è stato utilizzato per una vasta gamma di disturbi. Le sanguisughe venivano considerate un aiuto per i malati, ma il salasso è stato completamente rinnegato dalla medicina moderna. Il salasso con le sanguisughe è una tecnica relativamente indolore, ma all’epoca della Peste Nera non tutti potevano permetterselo. Ecco perché molte persone utilizzavano un metodo più pericoloso:

Tagliarsi le vene e drenare il sangue in una ciotola

Il dolore non era il problema maggiore che era in realtà rappresentato dal rischio di infezioni, amplificato anche dalle scarse condizioni igieniche dell’epoca.

Polvere di smeraldo

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La polvere di smeraldo era una cura destinata solo ai Re o agli Imperatori. Il metodo era semplice: sbriciolare questa pietra preziosa in un mortaio, miscelare con acqua e poi bere come una pozione. A volte la preziosa polvere veniva mescolata con il cibo o semplicemente ingoiata. Gli smeraldi sono una pietra preziosssima, ma il pensiero di mangiarli  non può essere certo così piacevole: probabilmente, anche se in pochi possono dirlo, sembra di mangiare frammenti di vetro sminuzzati.

Applicazione di pasta di escrementi umani

L’applicazione di pasta di escrementi era probabilmente un metodo fra i più disgustosi, una cura dall’inferno: si aprivano i linfonodi infiammati, sotto le ascelle o nell’inguine, per permettere alla malattia di “lasciare” il corpo, e poi veniva applicata, direttamente sulla ferita, una miscela composta da resina, radici di fiori ed escrementi umani. Le zone “trattate” erano poi avvolte da bende. L’intero processo fu probabilmente un buon punto di partenza per nuovi contagi e per la rapida morte da infezione.

Fare il bagno nelle urine

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L’urina è un’altra di quelle sostanze considerate una panacea per tutti i mali, utilizzata per il trattamento di qualsiasi tipo di problema di salute, anche durante l’epoca medievale. Le persone ammalate di peste credevano che fare il bagno nelle urine un paio di volte al giorno sarebbe stato utile per alleviare i terribili sintomi della malattia.

Ma anche berne un bicchiere o due era raccomandabile

Durante gli anni della Morte Nera, l’urina non infetta veniva raccolta e donata, oppure venduta, alle persone malate.

Strofinare il corpo della vittima con un pollo

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Può sembrare uno scherzo, ma fu un vero e proprio metodo spesso utilizzato dopo il 1500, quindi non durante il periodo (1347-1353) famoso come “Morte Nera”, ma in epidemie successive. L’intero rituale fu chiamato “il metodo Vicary” dal medico inglese che lo inventò, Thomas Vicary. In primo luogo, occorreva spiumare il sedere di una gallina, che veniva poi legato ai linfonodi gonfi della persona malata.

Il procedimento veniva fatto con un pollo vivo

Poi, quando anche l’animale si ammalava, bisognava lavarlo e riposizionarlo sul paziente, fino a quando solo il pollo o solo l’appestato guariva. Stranamente, questa tecnica era molto diffusa, così anche i polli divennero un veicolo della malattia. Vicary fu un medico molto famoso, al servizio dei Tudor, e ancor oggi si svolge ogni anno una lezione speciale in suo onore presso il Royal College of Surgeons, in Inghilterra.


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