5 motivi del Disagio scolastico e dello svantaggio Socio-Culturale

“…Non si conoscono che le cose che si addomesticano… Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami! (…)”

Antoine de Saint-Exupéry – “Il piccolo principe”

Comunemente diciamo che il disagio è un fenomeno ampiamente diffuso e difforme di malessere, prodotto da cause diverse: sociali, culturali, emozionali, istituzionali, familiari. “Genericamente con il termine disagio ci si riferisce alle difficoltà che ha un soggetto ad usare le proprie capacità in relazione conseguentemente con una certa quota di sofferenza emotiva sul piano dei rapporti interpersonali“. (Barone).

Il disagio scolastico va inteso come insieme di difficoltà relazionali e di apprendimento, in stretta interdipendenza. Vanno abbandonate le idee dell’eccezionalità del disagio a scuola, per assumere un nuovo paradigma, che, dato il cambiamento avvenuto di società e scuola, comprenda costanza e ricorsività.

Pur essendo usata frequentemente, l’espressione “disagio scolastico” dovrebbe essere sostituita con “il disagio che si esprime a scuola”; nel senso che difficoltà di natura diversa, che originano da problemi nella vita di un bambino anche profondi e remoti, si esprimono e/o si acuiscono a fronte delle richieste della nuova situazione rappresentata dalla scuola. “Più correttamente si può dire che (il disagio che si esprime a scuola) è frutto della relazione intercorrente tra un bambino che vive un’esperienza di disagio e l’adulto, l’insegnante, l’operatore che entra in rapporto con lui, sentendosi a disagio a sua volta” (Bucciarelli).

In relazione all’eziologia del disagio scolastico, pare applicabile anche a questo contesto un ragionamento su una serie di fattori favorenti:

  • ascrivibili alle dinamiche del sistema sociale globalmente inteso;
  • rilevabili nel contesto relazionale più prossimo all’individuo, nella famiglia in particolare;
  • rintracciabili in problemi delle funzioni cognitive e strumentali e/o della sfera affettiva e relazionale e/o in eventi imprevedibili/scatenanti;
  • riferibili alle condizioni di funzionamento della scuola, al «clima» ed alle relazioni interne.

Disagio, Malessere, Insuccesso

Quel che è necessario sottolineare è che il processo formativo oggi, rispetto al passato, è caratterizzato da un modello policentrico, cioè da una molteplicità di interventi posti in atto da soggetti formativi diversi.

E’ opportuno evidenziare che il successo scolastico è una parte del successo formativo, ma che il primo contribuisce al secondo, ma  non lo sostituisce.

Disagio ed insuccesso scolastico non sono sinonimi. Certamente non possiamo negare una stretta relazione tra agio-disagio/successo-insuccesso scolastico, ma il senso di appartenenza, la disponibilità a identificarsi e a spendersi nell’istituzione, cambiano radicalmente di intensità, a seconda del tipo delle situazioni di tipo affettivo, sociale e intellettivo che vengono vissute.

Può sembrare banale ricordare che un bambino-ragazzo che non sta bene, che soffre, non può imparare bene; le sue energie, la sua attenzione, saranno distratte e disturbate dallo sforzo per il controllo di sé e della sua situazione.

Diventa necessario, perciò, capire cosa succede nella testa di un  bambino o di una bambina che si sente  obbligato/a a  frequentare la scuola… La frequenza scolastica può essere vissuta in modo più o meno positivo o negativo, in relazione al vissuto della propria condizione, fortemente influenzato dalla percezione che il bambino ha di essere considerato. Il concetto di accettazione è davvero molto importante: se il bambino/a si sente accettato/a, si sente bene e, conseguentemente, ne scaturisce gioia e benessere e, poiché, dal benessere nascono le motivazioni per capire, informarsi, investire energie ed idee nel gruppo classe, che allora diventerà non solo un aggregato di individui nello stesso spazio, ma un riferimento per la propria crescita individuale.

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Non dobbiamo dimenticare, inoltre, il ruolo determinante degli insegnanti: a loro spetta il difficile compito di valorizzare le diversità individuali, esaltando le potenzialità di ciascuno, facendo scaturire dall’esperienza la competenza.

Infine, una correlazione che va ancora evidenziata è quella fra disagio scolastico e forme di insuccesso non scolastico, sul piano affettivo, familiare e sociale.

Da qui il richiamo alla necessità di un impegno condiviso tra i diversi attori ed enti o agenzie educative, nella ricerca dei giusti raccordi interistituzionali.

I Fattori del disagio

Di seguito vengono elencati e descritti in forma sintetica i principali fattori del disagio.

Lo svantaggio socio – culturale ed economico

Cause di tipo prevalentemente sociale e culturale influiscono sul processo di interiorizzazione della cultura, e sono alla base di carenze nella capacità linguistica e di concettualizzazione, così come nelle motivazioni allo studio, provocando piuttosto spesso anche fattori psicologici secondari che aggravano il quadro (frustrazione, sensi di colpa, auto – svalutazione, …). In estrema sintesi, succede che una forma di svantaggio socio-culturale, presente già all’ingresso di questi bambini a scuola, sia causa di difficoltà, che a loro volta possono causare un accrescimento dello svantaggio stesso, e del disagio conseguente. Si rischia così un circolo vizioso, in cui le disuguaglianze tendono spontaneamente ad aumentare nel corso degli anni della frequenza scolastica.

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Ci si riferisce soprattutto: a famiglie troppo numerose; a diversi nuclei conviventi in situazioni di sovraffollamento; alla rottura di nuclei familiari con assenza di una delle figure adulte di riferimento; alla presenza di patologie organiche e/o psichiche e a frequente ospedalizzazione civile o psichiatrica di un membro della famiglia; alla presenza di una madre depressa/esaurita; a scarsa o errata alimentazione; a stato di povertà economica.

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Problematiche emozionali

Parlare di disagio esclusivamente causato da svantaggio socio-culturale sarebbe tuttavia riduttivo. Ci sono bambini e bambine che esprimono un disagio di tipo emozionale, che sembrerebbe provocato da squilibri, carenze, frustrazioni affettive sofferte nell’ambiente familiare.

Il riferimento è alle disarmonie familiari che disturbano il processo di identificazione coi genitori; a incoerenza educativa fra un genitore e l’altro; ad un clima familiare caratterizzato dall’aggressività; a iperprotezione del bambino, cui viene evitato il contatto con la realtà e negate anche le normali frustrazioni, incrementando i sentimenti di dipendenza e rendendo difficile ogni tentativo di socializzazione. A genitori troppo esigenti e perfezionisti, che chiedono ai figli prestazioni sproporzionate al patrimonio intellettivo e all’età, inducendo sentimenti di colpa ed inferiorità negativi in ambito scolastico.

In queste situazioni i bambini esprimono difficoltà a convivere con compagni ed adulti, ad accettare un minimo di regole di convivenza. Emergono forme di isolamento e/o aggressività, cambiamenti improvvisi di umore, ecc…

Difficoltà ad apprendere

Un disagio che potremmo definire cognitivo, è tipico di quei bambini che incontrano soprattutto difficoltà nell’apprendimento. Ci sono bambini con piccoli danni a carico del sistema nervoso, in cui vi è una maturazione cerebrale disarmonica, che si traduce in difficoltà di apprendimento in particolari settori; per questi bambini esistono non pochi problemi di individuazione e diagnosi, prima ancora che di intervento; dovrà essere messo in campo, in un indispensabile lavoro interdisciplinare, anche un forte impegno di professionalità specialistiche di tipo neuropsichiatrico e psicologico.

Ci sono bambini con un disturbo funzionale dell’apprendimento. Si tratta di bambini intelligenti, che spesso hanno avuto separazioni frequenti e precoci dalla famiglia e che all’entrata nella scuola materna, elementare e media, presentano delle notevoli difficoltà ad apprendere il linguaggio parlato, scritto, letto, ed il calcolo aritmetico.

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Possono apparire ben adattati alla vita sociale, anche se spesso sono definiti timidi o turbolenti, inibiti o aggressivi, sempre comunque in seria difficoltà per un buon inserimento scolastico … Sono quegli alunni che non presentano seri disturbi psicopatologici, né problemi socio–economici–culturali importanti, ma piuttosto un disturbo funzionale, senza lesioni organiche evidenziabili.

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Ci sono bambini che incontrano troppe difficoltà ad apprendere, più direttamente connesse con l’organizzazione dei saperi proposta dalla scuola. Il linguaggio e gli strumenti utilizzati in essa sono scarsamente adeguati ai cambiamenti di talune strutture del pensiero infantile odierno, la scarsa abitudine all’uso di risorse logiche base dell’argomentazione, ecc… Rispetto all’apprendimento, il confine fra “difficoltà” e “patologia” in alcuni casi è molto incerto, labile, aleatorio, discutibile e discusso; ma si è fatta strada l’idea della pericolosità di una “sanitarizzazione” del problema nella scuola. È ormai universalmente accettata una logica che non legge più le difficoltà o diversità come incompatibili con la vita della scuola e/o come carenze o disturbi da curare, sicché si possono aiutare gli alunni in difficoltà senza concepirli necessariamente come “malati”.

Essere bambini stranieri

Si è quasi costretti a trattare separatamente il possibile disagio dei bambini stranieri, figli di emigrati da paesi extracomunitari, che si trovano a fare i conti con problemi che possono originare dalla somma di diversità con i loro coetanei, legate ad aspetti culturali, etnici, linguistici, religiosi.

Questi alunni che tipo di situazioni di disagio vivono? La loro presenza, e la multiculturalità che si crea di fatto nelle scuole, rappresenta anche una risorsa, un’opportunità, o è soprattutto un problema? Il problema evidenziato dalla presenza di alunni stranieri è come nella scuola si possono garantire pari opportunità educative a tutti i bambini e le bambine.

Soprattutto nella scuola di base, diverse culture entrano in contatto e si confrontano su aspetti intimi, quali i problemi relativi all’accudimento e all’educazione dei bambini; aspetti importanti per l’identità di ciascuno e di ciascun gruppo, delicati sul piano emotivo, che chiamano in causa le diverse interpretazioni del ruolo genitoriale e le rappresentazioni dell’infanzia.

La necessità, comune peraltro a tutti i bambini e le bambine, di trovare nella scuola un posto “caldo”, affettivamente valido, che fornisce concreti appigli di realizzazione e valorizzazione umana e culturale, non è ostacolata solo da difficoltà linguistiche. Al nostro livello di ragionamento, l’apprendimento della lingua può assumere una particolare problematicità, per esempio quando il bambino si trova ad essere eccessivamente responsabilizzato con improprie richieste di diventare un facilitatore di relazioni, su problemi la cui mediazione, più che linguistica, è culturale in senso lato.

Sempre a livello di insegnamento della lingua italiana, un tema emergente che riguarda tutti, pur essendo nel caso specifico più accentuato, è la motivazione alla comunicazione, cioè sapere “cosa, perché e a chi comunicare”.

Un altro tema fondamentale nella riflessione sulla qualità del sistema scuola, riproposto dalla presenza di alunni stranieri, è quello della condivisione educativa fra famiglie e istituzione. Si può far riferimento alle diversità di quadri normativo-valoriali, che sono importantissimi per tutto il quadro del funzionamento mentale e delle performance di ciascun individuo.

Tutto ciò assume una grande importanza, perché nella comunicazione interculturale è fondamentale non dimenticare che ci sono regole e modalità diverse, oltre che diversi strumenti: ci si confronta con “parole”, si dà un nome alle cose del mondo e si “mette in parola” il proprio vissuto in modo differente. Si devono tenere presenti questi problemi, se si vuole che le scuole rappresentino “luoghi in cui possono crearsi legami positivi con la comunità locale e con l’amministrazione pubblica, in cui si possono fare esperienze di partecipazione sociale, luoghi in cui il confronto fra culture è posto in risalto”.

La famiglia: fattore educativo

Il disagio scolastico dei bambini è parte ed allo stesso tempo concausa di un più ampio disagio formativo, per la comprensione del quale non si può prescindere dalle diverse tipologie di famiglia che si muovono nello scenario sociale.

A proposito del disagio nei contesti familiari, il Rapporto 2000 sull’emarginazione e l’esclusione sociale parla di “una fenomenologia del disagio familiare” che tende a svilupparsi lungo due direttrici parallele:

  • Da un lato, la tendenza al progressivo coinvolgimento in situazioni di emarginazione e sofferenza di famiglie socialmente inserite, formalmente coese, ma che manifestano al loro interno situazioni di lacerazione e di disagio intergenerazionale.
  • D’altra parte situazioni di disagio in famiglie caratterizzate dalla permanenza di forme tradizionali di povertà e contemporaneamente segnate da lacerazioni, sempre più multiproblematiche.

Conclusioni

Siamo giunti al termine di questa riflessione relativa al disagio e allo svantaggio socio–culturale. L’intento non è certamente quello di essere stati esaustivi, piuttosto di avere fornito spunti interessanti ed utili per affrontare l’annoso problema del disequilibrio che regna nella nostra società e che colpisce tutti senza distinzioni: dai bambini, agli adolescenti, dagli adulti, agli anziani.

L’invito è quello di diventare consapevoli della situazione che stiamo vivendo per affrontare la nostra condizione esistenziale e fronteggiare coraggiosamente le piccole, grandi sfide quotidiane.


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