Tra la fine del 1944 e i primi mesi del 1945, quando ormai la guerra era evidentemente perduta per la Germania, i nazisti non si rassegnarono all’idea che tutti i prigionieri internati nei campi di concentramento fossero liberati dalle forze nemiche, anche per non lasciare in vita testimoni diretti dell’orrore compiuto. I detenuti dei campi posti nei territori occupati furono trasferiti in massa nei lager situati in Germania, con le famigerate “marce della morte”, durante le quali molti prigionieri morirono di fame, di freddo e di fatica, giustiziati a sangue freddo se rallentavano il passo.
L’8 aprile del 1945 partì dal campo di concentramento di Buchenwald il “treno della morte”, nel quale era stipato un numero imprecisato di prigionieri destinati al lager di Dachau dove – quelli che sopravvissero – arrivarono il 27 aprile.
Dachau, il primo campo di concentramento istituito dai nazisti già nel 1933, si trovava a poca distanza da Monaco di Baviera, la città verso cui era diretta la 45° divisione di fanteria della Settima Armata dell’esercito degli Stati Uniti. Avvicinandosi al campo, il 29 aprile 1945, gli alleati videro, in tutto il suo disumano orrore, a quali conseguenze aveva portato l’ideologia nazionalsocialista:
39 vagoni nei quali erano ammassati all’incirca duemila cadaveri, corpi che erano già degli scheletri ancor prima di morire
Anche se la sola vista di tutti quei miseri resti era più che sufficiente a suscitare il senso di rabbia, sgomento e incredulità provato dai soldati americani, l’odore nauseabondo dei corpi in putrefazione mescolato a quello dei loro escrementi, provocò, in veterani avvezzi a vedere uomini smembrati da mine, bruciati vivi o morti in altri modi atroci, una reazione da reclute alle prime armi:
Vomito, pianto e scene isteriche
Le baracche dei prigionieri a Dachau, fotografate il giorno della liberazione
All’interno del campo c’erano stanze piene di cadaveri ammassati uno sull’altro, e il fetore della morte appestava l’aria di tutto il lager. I soldati statunitensi chiesero alle SS di arrendersi, ma fu necessario combattere per qualche ora prima che due ufficiali tedeschi si facessero avanti con una bandiera bianca. Ciò che successe dopo la resa dei nazisti non è ancora storicamente accertato in tutta la sua reale portata. E’ comunque indubbio che i liberatori reagirono all’orrore uccidendo molti soldati e ufficiali presenti nel campo, dando atto a quello che fu definito come “Il Massacro di Dachau“.
I corpi dei soldati delle SS che avevano mitragliato dalla torretta le forze statunitensi
I risultati dell’indagine che doveva chiarire il comportamento dei militari statunitensi, contrario alla Convenzione di Ginevra (sul trattamento dei prigionieri di guerra), furono secretati, mentre i protagonisti della vicenda furono sempre molto restii a parlarne. Uno dei generali statunitensi presenti, Felix Sparks, scrisse che “il numero totale di guardie tedesche uccise a Dachau durante quel giorno non supera certamente i cinquanta, e trenta probabilmente è una cifra più reale”.
A quarant’anni dagli avvenimenti, l’ufficiale medico Howard A. Buechner scrisse un libro, “Dachau: The hour of the Avenger”, in cui racconta la sua versione dei fatti su quel 29 aprile del 1945. In particolare “dell’uccisione deliberata di 520 prigionieri di guerra da parte di soldati americani”.
Praticamente un’esecuzione di massa, a cui lui però non assistette
Secondo Buechner, al massacro dei tedeschi erano presenti solo 19 soldati americani, tutti morti tranne tre, al momento della pubblicazione del libro, nel 1986. Tuttavia, quando i risultati dell’inchiesta ufficiale furono resi pubblici, nel 1991, le dichiarazioni giurate rese all’epoca da Buechner non corrispondevano con quanto scritto successivamente nel libro.
Un altro testimone, Abram Sachar, scrisse un resoconto degli avvenimenti nel libro “The day of the Americans”: Alcuni dei nazisti furono radunati e sommariamente giustiziati insieme ai cani da guardia. Due delle più famigerate guardie erano state denudate prima dell’arrivo degli americani, per impedire che si allontanassero inosservate. Anche loro furono uccise.
Esecuzione di soldati nazisti a Dachau
Ma quel 29 aprile fu anche il giorno della vendetta dei detenuti: dopo la liberazione molte SS furono giustiziate dai prigionieri: “In tutti quegli anni eravamo animali per loro, e quello era il nostro giorno di (ri)nascita (Walenty Lenarczyk).
Sotto, la fotografia ricolorata di un prigioniero di Buchenwald che indica una SS:
Jack Goldman fu liberato a Dachau, e in seguito si arruolò nell’esercito degli Stati Uniti. Riflettendo sui drammatici avvenimenti di quel giorno, e sul concetto di vendetta, Goldman afferma di aver compreso i sentimenti di quei prigionieri: “Conoscevo gli uomini del campo che avevano giurato su tutto ciò che era sacro per loro, che se mai fossero usciti vivi, avrebbero ucciso tutti i tedeschi in vista. Avevano dovuto vedere le loro mogli subire mutilazioni. Hanno dovuto guardare mentre i loro bambini erano lanciati in aria e uccisi da uno sparo.” In mezzo a tutto quell’orrore, Goldman ricordava ancora con commozione che, dopo la liberazione, i soldati americani registravano i detenuti con i loro nomi: “Per la prima volta non eravamo più numeri.”
Prigionieri di Dachau liberati dalle truppe statunitensi
L’inchiesta condotta dalle Forze Armate degli Stati Uniti poteva portare davanti alla corte marziale gli ufficiali coinvolti, ma il generale Patton, che era stato nominato governatore militare della Baviera, scelse di respingere le accuse. Anche se c’era probabilmente stata una violazione della Convenzione di Ginevra, alla fine del 1945 “alla luce delle condizioni che saltarono agli occhi delle prime truppe” il sostituto procuratore militare affermò che era ormai “un compito difficile e forse impossibile fissare la responsabilità individuale”.
Quello che successe quel 29 aprile del 1945, giorno di liberazione e di vendetta, probabilmente non verrà mai completamente alla luce. Il Diritto dei tribunali e delle convenzioni internazionali fu indubbiamente calpestato, anche se, in un certo senso, era stata applicata una forma di giustizia non prevista dalle leggi.
Probabilmente in cuor suo, (quasi) ognuno di noi è convinto che, almeno in quel caso, le esecuzioni arbitrarie furono giustificate e giustificabili
Eppure non può essere così: nessuno ha il diritto di sostituirsi ad una equa giustizia.
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