Il cappuccio delle Azzorre (in portoghese, “capote e capelo”) è un capo di abbigliamento tradizionale delle Azzorre indossato fino agli anni ’30 del XX secolo. Un grande mantello copriva l’intera figura di una donna, permettendo alla luce di illuminare soltanto una piccola porzione del volto. Nonostante sia un capo tradizionale delle isole portoghesi la sua provenienza è probabilmente un adattamento dell’abbigliamento delle Fiandre, poiché da questa regione venivano i primi colonizzatori delle isole.
Sotto, il video racconto dell’articolo sul canale Youtube di Vanilla Magazine:
Nel 1490 erano presenti 2.000 fiamminghi che vivevano nelle isole di Terceira, Pico, Faial, Sao Jorge e Flores e poiché l’insediamento fiammingo era tanto numeroso le Azzorre divennero note come Isole fiamminghe o Isole Fiandre. Altri ricercatori di storia del costume affermano invece che i cappucci siano un adattamento di abiti che andavano di moda nel Portogallo del XVII e XVIII secolo.
Nel periodo di tempo compreso fra il XV e il XVI secolo furono molti i coloni che iniziarono a popolare le nove isole dell’arcipelago delle Azzorre: francesi, fiamminghi, britannici e genovesi emigrarono insieme ai portoghesi per stabilirsi infine in quei remoti insediamenti europei. Secondo la ricercatrice Joana Avila il cappuccio delle Azzorre univa idealmente le due principali attività economiche dell’arcipelag o:
La caccia alle balene e la coltivazione del Guado
Il cappuccio del vestito era modellato con ossa di balena (similmente, ad esempio, ai corsetti coevi) e tutta la stoffa veniva dipinta con la tintura blu della Isatis tinctoria, comunemente detta “Guado o Gualdo”, che i coloni delle Azzorre esportavano in tutta Europa.
Nelle diverse isole delle Azzorre si trovano forme e motivi diversi del “capote-e-capelo”, ma una caratteristica li accomunava tutti:
Il tessuto, un resistente panno blu elettrico che si tramandava di madre in figlia
Nel libro di Mark Twain “Gli innocenti all’estero”, del 1869, l’autore fa una disamina del Cappuccio delle Azzorre: “Qua e là sulla soglia abbiamo visto donne con cappucci portoghesi alla moda. Questo cappuccio è di spessa tela blu, attaccato a un mantello della stesso materiale, ed è una meraviglia di bruttezza. Si erge dritto in alto, si allarga all’esterno ed è insondabilmente profondo. Si adatta come una tenda da circo, e la testa di una donna è nascosta al suo interno come l’uomo che suggerisce ai cantanti dalla sua baracca di latta nel palcoscenico di un’opera…. Lo stile generale è lo stesso in tutte le isole, e rimarrà tale per i prossimi diecimila anni, ma ogni isola conforma le sue capote in modo sufficientemente differente da consentire all’osservatore di poter riconoscere a prima vista da quale particolare isola provenga la signora che lo indossa“.
Oggi è rarissimo vedere una donna che indossi un “capote-e-capelo”, un abbigliamento utilizzato soltanto durante le rievocazioni storiche dei tempi che furono. Il motivo della forma, particolarissima, non è conosciuto, anche se è facile immaginare uno scopo pratico al grande copricapo che ospitava sia il volto sia le braccia dell’utilizzatrice.
All’interno del grande “capelo” ci si poteva proteggere dagli elementi come pioggia e vento, ed essere coperte anche da sguardi indiscreti. A partire dagli anni ’30, con il cambiamento dei costumi e la modernizzazione dell’arcipelago la tradizione del capote e capelo è infine andata completamente perduta, anche se rimangono tanti esemplari di abiti tradizionali conservati dalle famiglie e nei musei.
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