Carlo V d’Asburgo, già Carlo I re di Spagna, governa un vasto impero sul quale “non tramonta mai il sole”. Quando nel 1516, a soli 16 anni, sale al trono di Spagna, eredita anche le colonie del Nuovo Mondo, che sotto il suo regno si ampliano grazie a Hernan Cortes e Francisco Pizarro, e poi anche nelle Filippine dove giunge, nel 1519, Ferdinando Magellano.
Carlo V d’Asburgo
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Già dal 1512 qualche voce isolata si leva dalle colonie a difesa dei diritti dei nativi, grazie alle denunce del vescovo Bartolomé de Las Casas e di Francisco de Vitoria, frate domenicano, che arriva ad asserire l’inviolabilità della sovranità degli stati, tra i quali inserisce anche le nazioni dei nativi (ma poi sappiamo com’è andata a finire…).
Bartolomé de Las Casas
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Nella realtà, moltissimi nativi vengono ridotti in schiavitù e comunque la maggioranza di loro muore per le malattie portate dagli Europei e per le violenze che subiscono. Probabilmente è per questo – per la necessità di lavoratori a costo zero – che Carlo I, nel 1518, firma un documento grazie al quale è consentito trasportare gli schiavi catturati in Africa direttamente nelle Americhe, senza passare da un porto europeo. Una novità che cambia drasticamente il sistema della tratta di esseri umani di quel periodo.
Fino ad allora, ovvero nel primo ventennio del 1500, il trasporto di africani verso il Centro America e i Caraibi (dove erano le colonie spagnole) era estremamente ridotto: a bordo delle navi spagnole potevano esserci uno o due schiavi e fino a un massimo di trenta o quaranta. Si trattava di persone già ridotte in schiavitù, che dalla penisola iberica venivano inviate inizialmente nella colonia di Santo Domingo, sull’isola di Hispaniola (quella che oggi Haiti).
Carta concessa dall’imperatore Carlo V a Lorenzo de Gorrevod con il permesso di trasportare schiavi. Spagna, 18 agosto 1518. Prima del 1518, la tratta degli schiavi era altamente regolamentata e consisteva principalmente in schiavi inviati dalla Spagna alle Americhe direttamente dal governo spagnolo. Tuttavia, l’imperatore Carlo V aprì il commercio transatlantico degli schiavi su vasta scala il 18 agosto 1518 quando concesse una carta a Lorenzo de Gorrevod, dandogli il permesso di trasportare 4.000 schiavi direttamente dall’Africa alle colonie ispanoamericane. L’imperatore eluse lo statuto legale stabilito da Fernando e Isabella, i suoi nonni, secondo cui gli schiavi devono essere nati in Spagna consentendo agli africani di entrare nelle Americhe a condizione che si “convertissero al cristianesimo” durante il viaggio:
Secondo due storici statunitensi, David Wheat e Marc Eagle, intorno al 1525 la situazione è molto diversa: “Verso la metà degli anni ’20, vediamo 200, a volte fino a quasi 300, prigionieri portati sulla stessa nave negriera [dall’Africa]”.
Commercianti di schiavi francesi a Gorée – XVIII secolo
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Di queste persone non si sa praticamente nulla, nemmeno di quale zona dell’Africa fossero originari, perché gli spagnoli compravano gli schiavi dai portoghesi, che li radunavano nell’isola di São Tomé, al largo della costa atlantica centro-africana.
Conquistadores spagnoli in Messico, guidati da Hernán Cortés. Gli spagnoli sono accompagnati da facchini indigeni, dall’interprete Malinche, e da un nero che tiene il cavallo.
Scoperta nel 1471 dai portoghesi, l’isola, fino ad allora disabitata, diventa prima un’importante colonia agricola dove coltivare la canna da zucchero, grazie – neanche a dirlo – al lavoro di schiavi portati dalla vicina Africa, e poi punto di raccolta e transito delle vittime del commercio di uomini, donne e bambini verso le Americhe.
São Tomé – La piazza, fine del 1800 circa
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Detto per inciso, a São Tomé è rimasto in vigore il “lavoro forzato retribuito” per i braccianti delle piantagioni di cacao e caffè, almeno fino alla fine degli anni ’50 del secolo scorso.
Quei primi viaggi diretti non differiscono molto da quelli che avverranno nei secoli successivi: secondo Wheat “Questo è anche uno dei primi esempi di persone schiavizzate che si gettano in mare, persone che muoiono di malnutrizione. Alcuni degli stessi aspetti davvero orribili, violenti e brutali della tratta degli schiavi, visti molto più tardi, li vediamo già in questi viaggi da São Tomé negli anni ’20 del Cinquecento”.
Purtroppo, non è possibile appurare quanti schiavi erano già stati portati nelle colonie spagnole fino al 1520, ma il professor Wheat azzarda una stima di qualche migliaio.
Di loro non si sa praticamente nulla, tranne che di un uomo chiamato Rodrigo Lopez, un ex schiavo di Capo Verde che, dopo essere stato liberato dal suo padrone, viene nuovamente catturato e poi spedito nel Nuovo Mondo. Lui però è, cosa straordinaria, una persona istruita, che sa leggere e scrivere in latino, e quindi è in grado di intentare una causa per essere liberato. Dimostra che, al momento della sua cattura da parte di un collaboratore del suo ex-padrone, lui era un uomo libero e che quindi la sua vendita è una cosa illegale. Lopez scrive di suo pugno il documento per denunciare la sua situazione, ed è grazie a quello che oggi è possibile conoscere la sua storia.
Principali regioni del commercio di schiavi dell’Africa, XV-XIX secolo
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Gli altri, tutte le persone ridotte in schiavitù, rimangono dei semplici numeri riportati nella documentazione commerciale, nei registri delle navi negriere, e anche negli archivi delle cause legali legate alla tratta degli schiavi. Documenti che rendono ben chiaro come tutti quegli uomini, donne e bambini venissero considerati semplicemente delle merci. Ad esempio, il comandante di una nave tenta di giustificarsi con i suoi finanziatori per la perdita dei “beni mobili”, ovvero gli schiavi, parlandone come se si trattasse di un carico di banane. Oppure, la possibilità di dichiarare come “perdita economica” uno schiavo morto, nei registri contabili di un’azienda. Lo storico Eagle commenta:
“E’ davvero orribile leggere cose come queste e rendersi conto che stavano parlando di esseri umani”.
Non è possibile fare una stima precisa del numero di persone che, tra il 16° e il 19° secolo, furono forzatamente portate dall’Africa al Nuovo Mondo attraverso il “Passaggio di Mezzo”, la rotta triangolare tra Europa, Africa e America.
Il Passaggio di Mezzo
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Arrivarono a destinazione all’incirca 12/12,5 milioni di schiavi, mentre durante i viaggi ne morirono qualcosa come un milione e mezzo e forse più. Non si può invece fare un calcolo di quanti ne morirono ancora prima di essere caricati sulle navi, lungo le marce dai paesi interni alla costa. Numeri certo, un’arida statistica che pure fa inorridire se si pensa che ogni unità di queste cifre così impressionanti corrisponde a un individuo.
Negozio di schiavi ad Atlanta, Georgia, 1864
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Tuttavia, i numeri hanno la capacità di raccontare con più precisione gli avvenimenti: solitamente lo schiavismo è associato agli Stati Uniti d’America, forse per l’innumerevole quantità di libri sull’argomento, le narrazioni storiche sulla guerra civile legata all’abolizionismo, e andando avanti nel tempo, film e sceneggiati televisivi.
Eppure, di quei 12 milioni di schiavi partiti dall’Africa, quelli che arrivarono nei territori poi divenuti Stati Uniti, furono una minima parte, circa 645.000.
Schiavi domestici in Brasile – 1820 circa, di Jean-Baptiste Debret
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Il paese più schiavista di tutti fu il Brasile, con quasi cinque milioni di sventurati destinati a lavorare nell’allora colonia portoghese, e poi ci furono i Caraibi (Cuba, Giamaica, l’attuale Haiti) governati da britannici, spagnoli e francesi.
Il dato che emerge da tutti i numeri sulla tratta atlantica, chiama in causa il Portogallo, che aveva praticamente il monopolio sulla vendita di schiavi in Africa, mentre sempre i portoghesi erano gli unici europei che si avventurassero all’interno dei paesi subsahariani per fare razzia di persone.
L’origine e la destinazione durante la tratta transatlantica degli schiavi
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Insomma, a ben guardare i numeri e le destinazioni geografiche che riguardano la storia dello schiavismo, si comprende che la tratta di esseri umani ha una storia lunga e po’ diversa da quella solitamente narrata: la schiavitù era praticata in Africa da molto tempo prima che iniziasse il commercio di uomini con il Nuovo Mondo, preceduto comunque da quello con il mondo musulmano e, in misura minore, con l’Asia.
Certo, l’impulso più grande arrivò con la necessità di manodopera a costo zero da parte dei paesi europei per le colonie d’oltre Atlantico, ma appare evidente che il “dissanguamento” dell’Africa parte da lontano e, con altre modalità, non si è ancora fermato.